Corriere della Sera 16/11/2005, pag.39 Sergio Romano, 16 novembre 2005
Due o tre cose di cui in Val di Susa non si parla. Corriere della Sera 22/11/2005. Ho seguito con interesse i suoi interventi a proposito delle grandi opere pubbliche in Italia
Due o tre cose di cui in Val di Susa non si parla. Corriere della Sera 22/11/2005. Ho seguito con interesse i suoi interventi a proposito delle grandi opere pubbliche in Italia. Ho visto in tv le proteste degli abitanti della Val di Susa contro i lavori per l’Alta velocità e mi sono cascate le braccia. Come è possibile che un Paese intero debba rimanere indietro per colpa delle idee bislacche di un pugno di persone? Rino Rossi Caro Rossi, in un articolo pubblicato dal Corriere del 13 novembre, Maurizio Ferrera ha ricordato che queste proteste non sono soltanto italiane e si spiegano generalmente con la sindrome nimby: uno scherzoso acronimo inglese che significa «not in my backyard», non dietro a casa mia. La maggioranza dei dimostranti non è contraria all’Alta velocità, ma vorrebbe che la linea passasse da un’altra parte. accaduto all’epoca delle centrali nucleari e, più recentemente, delle centrali elettriche. accaduto, come scrive Ferrera, anche in Svizzera dove «il progetto ferroviario Alptransit (ora in via di completamento) è stato contestato da proteste nimby in quasi tutti i cantoni attraversati». Sono reazioni umanamente comprensibili, ma dovute a un localismo esasperato e miope. evidente che gli abitanti della valle di Susa saranno soggetti a molti fastidi e inconvenienti. Ma commetterebbero un grave errore se non si rendessero conto che la loro prosperità dipende in ultima analisi dal dinamismo della comunità nazionale a cui appartengono. Il traforo che permetterà la costruzione della linea Tav fra Torino e Lione è il tassello di una grande rete europea. Fra le vie di comunicazione progettate dall’Ue, ve n’è una che interessa particolarmente l’Italia. il corridoio n. 5, destinato a collegare Venezia, Trieste, Capodistria, Lubiana, Budapest, Uzgorod, Leopoli, con ramificazioni per Zagabria, Sarajevo, Bratislava. Se i treni Tav ci collegheranno alla rete francese, la Valle Padana sarà al centro di un grande sistema viario e ferroviario per i mercati «maturi» dell’Europa occidentale e quelli molto promettenti dell’Europa danubiano balcanica. Se le linee piemontesi verso la Francia rimarranno quelle d’oggi, le merci e i servizi passeranno invece a nord delle Alpi. Mi stupisce che fra i dimostranti della Val di Susa non vi fosse negli scorsi giorni qualche sindaco delle province di Venezia, Udine, Trieste per spiegare quali conseguenze la mancata costruzione del traforo avrebbe per il Nordest. Aggiungo, caro Rossi, un’ultima considerazione. Qualche mese fa ( Corriere del 21 marzo 2005), Massimo Nava ha descritto alcuni effetti dell’Alta velocità sulla società francese. Avvicinando il Sud al Nord, i nuovi treni hanno creato un nuovo e più interessante pendolarismo. Molti parigini hanno deciso di abitare in piccole città, molto più accoglienti e confortevoli di una grande metropoli, e l’arrivo di nuovi abitanti ha straordinariamente giovato alle condizioni economiche di località che erano, sino a pochi decenni fa, ignorate e depresse. Il quadro evocato da Nava ricorda per molti aspetti ciò che accadde nell’Europa continentale e in Gran Bretagna dopo l’avvio di alcune grandi linee ferroviarie nella prima metà dell’Ottocento. Il treno ruppe l’isolamento delle campagne, introdusse il mondo rurale ai vantaggi della società moderna, favorì lo sviluppo delle industrie. Vi è tuttavia una importante differenza. La prima rivoluzione ferroviaria contribuì alla nascita delle metropoli europee. La seconda contribuirà invece, insieme alle possibilità offerte dall’informatica e dal telelavoro, al loro decongestionamento. Ma di tutto questo in Val di Susa non si parla. Sergio Romano