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 2005  novembre 20 Domenica calendario

Il mondo ai piedi della dea Palla. La Repubblica 20/11/2005. Palla, pallone, pelota, bola o balon. A prenderla con la capoccia faceva venire i bernoccoli

Il mondo ai piedi della dea Palla. La Repubblica 20/11/2005. Palla, pallone, pelota, bola o balon. A prenderla con la capoccia faceva venire i bernoccoli. Per come la portava sotto il braccio Obdulio Varela era solo una infante che aveva fatto la cosa sbagliata. Strettaal corpodel capitano dell´Uruguay che l´aveva raccolta in fondo alla propria rete per riportarla a centro, il 16 luglio del 1950, la faccia marrone era costernata e aveva pensieri confusi sotto le cuciture, mentre tutti intorno festeggiavano la giusta direzione che le aveva dato Friaca, attaccante brasiliano. Rio de Janeiro, finale della Coppa del Mondo, Brasile-Uruguay. Adolescenza del calcio e del pallone, ma anche fine del mondo, l´Hiroshima del calcio. Schiaffino e Ghiggia, 2-1 a undici minuti dal fischio finale. Il balon accoltellò il destino. In maniera debole, storta, micidiale. Certe palle non hanno la faccia giusta per fare la cosa sbagliata. Silenzio da cimitero. «A sole tre persone è bastato un gesto per far tacere tutto il Maracanà: Frank Sinatra, papa Paolo Giovanni II e io», Ghiggia anni dopo. Fu vertigine in Svezia nel ’58 fra le finte storte di Garrincha, come stare in una porta girevole, ti chiedi in continuazione quando esco? Lei che a Wembley sapevadi non essere entrata in rete, ma non volle darglielo il dispiacere alla Regina, era il sessantasei, Beatles e dintorni, yesterday, ma meglio, molto meglio vincere today, con il calcione che gli dette Hurst, tutta un´altra musica, si mise a cantare anche Queen Elisabeth. Le girò la testa per tutte le volte che andava avanti e indietro con l´Olanda di Cruyff, il figlio della lavandaia, più che entrare in porta le piaceva il loro modo di passarsela, precisi come impiegati del catasto in campo, scanzonati come rock star fuori, gente che sapeva godersela: la vita, il calcio, il sesso, come se poi non fossero la stessa cosa. Infatti il loro allenatore insisteva perché tutti la trattassero con confidenza, certi passaggi sono manuali di democrazia. che quei capelloni avevano imparato a giocare sui marciapiedi di Amsterdam, a calcolare bene il rimbalzino della strada, mai che la lasciassero libera di sbagliare. Balon, da tango e dittatura. Corse su un prato che era il cielo del terrore per chi guardava dal basso, nel ’78 in Argentina, persa fra le lunghe gambe di Kempes, che veniva il fiatone a stargli dietro. Rimase sempre colpita dalla rapidità di Paolo Rossi nell´82 a Madrid come di chi sa baciare per strada anticipando anche la gioia di farlo. Al resto ci pensò Tardelli ringranziandolacon quell´urloliberatorio,pieno di tenera incredulità. Poi arrivò Diego Armando a trattarla da bambina, madre, amante, compagna di carnalità. Ma lei non era più di cuoio. Con Maradona lo stupore divenne normalità, lei seppe prima degli altri che era stata la mano e non la testa,che la vecchia Inghilterra sarebbe stata umiliata. Per questo se ne stette buona buona attaccata ai piedi di Diego come un bimbo col padre sull´ottovolante, insieme attraversarono il campo, il tempo, una guerra e l´oceano, e lei rimase male quando la corsa si chiuse, alle spalle della stanca difesa inglese, banalmente in una porta. Ancora, ancora, aveva voglia di dire a Diego: rotoliamo insieme, nel mondo, perdiamoci. Si perse lui, però, non lei. Dopo tanta felicità cominciò ad annoiarsi: Italia, Stati Uniti, due viaggi tediosi, più aspettative che risultati, più immaginazione che realtà, come una coppia consumata, lei e il gioco erano stanchi, logorati dalla perdita di fantasia.Eppure lei non era vecchia, anzi ci teneva al look,veloce scivolava fra teste e piedi,felina, ma senza allegria, come andare in vespa sotto la pioggia. Un po´ Zidane le diede l´ebbrezza del ricordo, un amante stravagante che accorda su vecchie melodie, fugace storia, breve ebbrezza in quel di Parigi ’98 che non delude mai. Poi la Corea e il Giappone nel 2002, una minestra riscaldata, qualche palpito brasiliano, un lieve balzo, e forse la rassegnazione, aspettando che il 2006 la rimetta in mezzo al campo. E che il suo padre ufficiale (l´Adidas dal ’70) la battezzi il 9 dicembre a Lipsia in occasione del sorteggio mondiale. Già, i nomi: in Messico si chiamava Telstar, era fatta in cuoio, 32 sezioni cucite a mano, 12 pentagoni neri e 20 esagoni bianchi. Il nome viene da star of television, visto che la Coppa del Mondo per la prima volta è trasmessa in diretta via satellite. La famiglia si allarga con Cile, Tango, resistente alle intemperie, Espana, con cuciture waterproof, Azteca nell´86, primo sintetico, seguito nel ’90 da Etrusco, con substrato di schiuma in poliuretano nero, nel ’94 Usa c´è Questra, ammorbidito dal polietilene che più soffice non si può e infatti Baggio lo spara sulla luna. Nel ’98 arriva Tricolore in omaggio alla Francia che non se lo fa scappare, ha una schiuma sintattica, micro-palloncini riempiti di gas. Nel2002 si chiama Fevernova, da una costellazione dorata, ma l´Italia di Trapattoni non lo sa far brillare. Agli Europei del 2004 esordisce Roteiro, nome del diario di bordo di Vasco de Gama, famoso esploratore portoghese. il primo pallone "light", termosaldato, color grigio, fasce nere, nessuna cucitura, 440 grammi di peso, 690 millimetri di circonferenza, 110 euro di costo e mille polemiche. «Va dove gli pare», dicono Buffon, Peruzzi e Totti.  una vita che il mondo si diverte a prenderlo a calci. Era di cuoio, ripieno di stoppa, quello dei cinesi. Gli egiziani del tempo dei faraoni invece lo fecero di paglia o di bucce di grano, e lo avvolsero di tela colorata. I greci e i romani usavano una vescica di bue gonfiata e cucita. Gli europei del medioevo e del rinascimento si disputavano una palla ovale, imbottita di crine. In America, fatto di caucciù, il pallone si mise molto a saltare. Il modello di cuoio, "a stringa", Hansa Scrum, nasce il 6 maggio ’33, in Germania, in un laboratorio che produce anche materiale bellico. Debutta a Roma, sui piedi di Meazza, Orsi e Combi il 13 maggio nell´amichevole Italia-Inghilterra. Il pallone è un protagonista eccellente del libro Splendori e miserie del gioco del calcio di Eduardo Galeano. «La camera d´aria di gomma, gonfiata soffiando e ricoperta di cuoio, nacque a metà del secolo scorso grazie all´ingegno di Charles Goodyear, un americano del Connecticut. E grazie all´invenzione di Tossolini, Valbonesi e Polo, tre argentini di Cordoba, nacque molto dopo il pallone senza cuciture. Inventarono la camera con valvola che si gonfiava per iniezione, e dal mondiale del 1938 fu possibile colpire di testa, senza farsi male con lo spago che prima teneva insieme il pallone. Ha molti nomi: la sfera di cuoio, l´attrezzo del mestiere, il proiettile. In Brasile, al contrario, nessuno dubita del fatto che sia femmina. I brasiliani la chiamano grassottella, rotondetta, bambina, piccolina, e le danno nomi propri, come Maricota, Leonor o Margarita. Pelé la baciò al Maracanà quando segno il suo gol numero mille e Di Stefano le innalzò un monumento all´ingresso della sua casa, una palla di bronzo con una targhetta che diceva: grazie, vecchia mia. La palla ha le sue velleità, a volte non entra in porta perché in aria ci ripensa e cambia direzione. Il fatto è che si offende facilmente. Non sopporta che la prendano a calci, né che la picchino per vendetta. Esige che la accarezzino, che la bacino, che l´addormentino sul petto o sul piede». Sì lei esige. Da noi bambini che l´abbiamo aspettata perché stava nelle braccia del suo padrone e toccava a lui fare la squadra, ma anche da noi grandi che sogniamo di viaggiarci a cavalcioni come il barone di Munchausen sulla mongolfiera. L´abbiamo nascosta, recuperata, salvata, perdonata, sognata, trafugata. Immortalata nella frase: la palla è tonda. Tanto che oggi viaggia in altro tipo di rete: chi rivuole Santos, Tele o Tango? L´asta su Internet parte da 29 euro, per un spicchio d´infanzia bucato dai rovi. Il pallone una volta s´ingrassava di fango, dimagriva sotto le marmitte delle 127, scompariva nel giardino misterioso della villa accanto. Ora quelli dei mondiali sono prodotti in Thailandia, le repliche vengono invece dal Pakistan, lavorazione manuale, e dalla Cina, cucitura a macchina. Per testare la sua resistenza all´umidità viene immerso tremila volte nell´acqua, la Fifa richiede che venga anche sparato duemila volte alla velocità di 35 miglia orarie contro un piatto di acciaio. Quello nuovo si chiama smart ball, palla intelligente, ha un microchip all´interno e dialoga con i sensori lungo il rettangolo di gioco. stato provato in Perù, ai mondiali Under 17. Così si potrà sapere se entra veramente in rete o se fa solo finta. Con un segnale la porta farà la spia al satellite che lo comunicherà all´orologio dell´arbitro. La Fifa deciderà il 4 marzo se usare il sistema in Germania negli stadi mondiali. Tutto sintetico, elettronico: palla, calcio e sensibilità. Intanto in Italia i portieri vanno in confusione. Troppi palloni a scacchi, a strisce, griffati. Distraggono, sgusciano, scivolano. Traiettorie irregolari, anarchia difficile da fermare. Da Buffon a Abbiati grande rivolta: «I nuovi palloni complicano la vita, hanno colori, pesi, elasticità diversa. Ogni squadra ha il suo, ce ne vorrebbe uno uguale per tutti». Una volta la palla era metafisica impura. Gigi Radice ti chiedeva: lo senti il fischio che fa la palla quando fa gol? Scura di sudore e di fango, se giocavi in porta, lo sentivi, eccome. Emanuela Audisio