La Repubblica 19/11/2005, pag.64 Emanuela Audisio, 19 novembre 2005
Quel laboratorio di Formia la Nasa dello sport italiano. La Repubblica 19/11/2005. Roma. La Nasa dello sport italiano compie 50 anni
Quel laboratorio di Formia la Nasa dello sport italiano. La Repubblica 19/11/2005. Roma. La Nasa dello sport italiano compie 50 anni. A Formia s´inventava, si sperimentava, si provava il futuro e si costruivano i record. Lì nacque il 19"72 di Mennea, il 2,01 di Sara Simeoni. Non solo atletica: da Berruti a Baggio, da Panatta a Trillini ai velisti di Azzurra. Formia era il collegio dove bisognava andare per diventare grandi. All´estero avevano i college, l´Italia aveva Formia, una scuola un po´ neorealista e essenziale. Dovevi meritartela, Formia. E poi una volta che ci andavi, farti passare il magone. E scordarti l´immagine dei campus americani. Stavi solo, lontano da casa, ma vicino al tuo talento. Formia ti dava gli strumenti: per farcela, per provarti, ti metteva insieme ad altri bravi e ti diceva: gioca seriamente, fammi vedere. I maestri erano eccezionali: da Vittori a Belardinelli, che ti spiegava pure il bridge. Poi c´erano Buldrini e Placanica, non gli fregava insegnarti a vincere o a perdere, erano educatori loro, da loro imparavi a vivere lo sport, a rispettare gli altri. A Cambridge o al Trinity College non avrebbero saputo fare meglio. Formia poteva anche essere una galera: doppio allenamento quotidiano, studio, niente estranei in stanza. Adriano Panatta si lamentava: «Ma è possibile che io a 17 anni non debba mai andare a ballare?». Pietro Mennea ci passava pure Natale e Pasqua. «A lavorare, mattina e pomeriggio. Bè, non era tanto allegro, però alla sera mangiavo come un matto, anche perché all´hotel Miramare, proprio davanti alla scuola, ospitavano ricevimenti nuziali. E io a tavola spesso beneficiavo dei resti». Sara Simeoni è arrivata a Formia nel ´75 a 22 anni, aveva appena finito l´Isef a Bologna. «La camera nella foresteria era essenziale: un letto e un armadio. Io me la sono dipinta da sola, e andavo anche a fare la spesa. Mangiare all´hotel Miramare era diventato un incubo con tutti quei ricevimenti nuziali e tutti che volevano fare la foto con me, ma io avevo le Olimpiadi da preparare. In Italia allora non avevi molta scelta, se volevi fare l´atleta professionista, dovevi pagare sulla tua pelle. A Verona non c´erano impianti, né compagni di allenamento con la mentalità giusta. L´inverno era nebbioso e freddo. A Formia invece il clima era tiepido, l´ambiente abbastanza sereno, sarà che io mi fidanzai con Erminio Azzaro che viveva lì. Ma era anche dura, stare lontano da casa, dover dimostrare ai genitori che si era fatta la scelta giusta, inoltre io ero una donna e a quei tempi le donne non dovevano rompere l´anima. Ci si poteva allenare anche al coperto, noi eravamo sempre al campo, due volte al giorno e anche durante il riposo attivo ti mettevi in tuta e lavoravi. Ci si arrangiava in tutti i modi, con molta artigianalità, il materiale da palestra te lo sognavi. Gli operai che stavano lì ci costruivano gli attrezzi: la cintura con dentro la sabbia, la scarpetta di ferro, senza nemmeno chiedere una lira di esclusiva. Ci chiedevano solo di fare buoni risultati. Io e Mennea dobbiamo al genio di Vittorio Ottaviani tanti piccoli e grandi accorgimenti che ci hanno permesso di arrivare al record mondiale». Salti, amore e fantasia. Formia ricostruiva anche. Roberto Baggio ci arrivò a vent´anni nell´87, tra fine marzo e inizio di aprile. Reduce da due operazioni al ginocchio destro: nell´85 i legamenti, nell´86 il menisco. Lo accompagnava Baretti, presidente della Fiorentina, che disse a Vittori: «Professore, questo è un campione, ma purtoppo oggi vale 50 milioni». Vittori visitò Baggio e chiamò un fotografo con un apparecchio che potesse stampare, sopra la foto, ora giorno e mese. Voleva un documento ufficiale. La gamba del ginocchio infortunato aveva sette centimetri in meno, all´altezza del terzo inferiore. Il deficit era nel fissatore della rotula. Vittori con Locatelli fecero un programma di rieducazione duro, durissimo. Baggio non fiatò, né sgarrò. Chiese solo di avere un giovane portiere a disposizione per tirare le punizioni. Così Baggio ricominciò e prendere le misure della porta, ricucendo la distanza fra campo e vita. E dopo tre settimane con il ginocchio più stabile ritrovò anche autonomia nella corsa. Mercoledì prossimo Formia festeggerà i suoi cinquant´anni di vita. Da quando Bruno Zauli nel ´55 inaugurò la scuola con il futuro Giovanni XXIII. Ora gli atleti preferiscono stare a casa loro, Formia è spesso solo un transito. Ci sta Gibilisco, ci andrà la Issimbayeva, primatista mondiale dell´asta. A Formia si sono picchiati Berruti e Mennea, hanno saltato Kostadinova e Sotomajor, hanno fatto record italiano Mennea, Fava, Mei, Dionisi, Azzaro, Damilano, Pigni, Dorio, Balassini. Formia ha visto il mondo e lo ha cambiato: Bubka nel ´91 è volato a 6,09, dodicesimo dei suoi 17 record all´aperto. Perché Formia è stata sempre questo: un posto dove inventarsi un destino. E rammendarlo, se ti si scuciva in un punto. Emanuela Audisio