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 2005  novembre 21 Lunedì calendario

SORBI

SORBI Paolo Firenze 12 settembre 1942 • «Eine exemplare Aktion. La piccola azione esemplare di Paolo Sorbi non fu un successo. Tre mesi prima, Natale 1967, lo studente Rudi Dutschke aveva interrotto la messa nella cattedrale di Berlino urlando contro la guerra in Vietnam. Martedì 26 marzo 1968, settimana di Pasqua, università di Trento al 55° giorno di occupazione, ci provò un venticinquenne studente di sociologia, nome di battaglia Paolino per la statura ridotta e l’aria paciosa. Padre Igino Sbalchiero sta dicendo messa in Duomo, durante l’omelia condanna l’Urss ”e i suoi lager, orrore per l’umanità”. Sorbi, baschetto nero in testa, giacca di pelle, esce dai banchi e in mezzo alla navata si mette a strillare: ”Non è vero, non è vero, sono bugie”. I suoi compagni lo strappano dalle mani dei fedeli inferociti. Nei giorni seguenti, terrà una serie di controquaresimali leggendo brani di padre Balducci, prete fiorentino molto critico con la gerarchia vaticana. uno degli episodi fondanti della contestazione italiana, l’inizio del Sessantotto cattolico, e anche del conflitto, come dimostreranno i fatti dei giorni seguenti. Trentasette anni dopo, Sorbi chiede ufficialmente scusa, alla Chiesa trentina e alla città. Ma non la considera una questione privata. ”Anche perché non fu il gesto di un individuo isolato. il modo per riconciliare un pezzo della mia generazione, quella di origine cattolica, con l’unica istituzione che, al contrario della politica, si dimostrò in grado di comprendere il cambiamento”. [...] Applicata a Trento, la pratica dell’azione esemplare teorizzata da Theodor Adorno ebbe effetti collaterali imprevisti. ”Come tirare un sasso in una piccionaia” scrive Concetto Vecchio in Vietato obbedire, bel libro che ricostruisce la storia della facoltà di Sociologia di Trento – con studenti come Mauro Rostagno, Marco Boato, Renato Curcio e Mara Cagol’la prima università del dissenso che tanta influenza ebbe sul movimento studentesco italiano. Padre Igino, mite padre francescano, non si riprese più dallo choc e smise per sempre di predicare. ”Ormai non c’è più, ma lui più di ogni altro avrebbe diritto alle mie scuse – dice Sorbi ”. In quei giorni, gli individui erano ritenuti simboli. Non avevamo sensibilità per la persona. Nei nostri metodi c’era in nuce la democrazia, ma anche il terrorismo”. L’Adige poi titolò in prima pagina ”Sorbi ha superato se stesso”, e non per complimentarsi. Ma quello fu il meno. ”Putane, capeloni, n’de via!”. Tre giorni dopo, durante un controquaresimale sul sagrato del Duomo, i trentini si ribellano agli studenti, Sorbi e i suoi, inseguiti da insulti, uova e frutta marcia, sono costretti a rifugiarsi nell’università occupata, ma i cittadini rompono i cordoni ed ”espugnano” la cittadella. ”Di quei giorni, ricordo lo sguardo gelido del mio amico Marco Boato durante la ritirata in facoltà. ”Lo vedi che hai combinato?’. E poi i metalmeccanici della Michelin, gli unici a difenderci dall’assalto dei cittadini imbestialiti”. Le scuse dell’ex leader del Sessantotto cattolico sono la logica conclusione di un percorso personale. Dopo Trento, Paolo Sorbi entrò in Lotta continua, come i suoi compagni di corso Rostagno e Boato. Ne uscì nel 1975, dopo aver denunciato ”la cultura dell’estremismo al rilancio”. Sosteneva la necessità di confluire nel Pci. ”La mia linea venne ultrasconfitta e ne presi atto”. Nel Partito comunista ci entrò da solo, per uscirne nel 1988. ”Allora come oggi, la sinistra europea non ha accettato di radicalizzare la propria componente umanistica scegliendo una via irrazionale. Io sogno un nuovo modo di organizzare la politica, dove il primato sia della cultura e non dell’economia”. [...] ha fatto campagna per l’astensione ai referendum sulla fecondazione assistita, ha una rubrica su Radio Maria, è presidente del Movimento per la vita ambrosiano [...] però non rinnega nulla di quell’anno da cui è così lontano, non solo per mera questione cronologica. ”Non sono pentito. Il controquaresimale era sbagliato ma rese visibile il disagio dei cattolici della mia generazione.Mi piace pensare che la Chiesa ne abbia tenuto conto nel suo processo di rinnovamento”. Ovviamente è un uomo molto diverso da allora. Più volte ha criticato l’ideologia e l’estremismo che ne derivò. Ma non è un caso se rivendica la sua indipendenza. ”Appartengo alla vecchia linea ”cani sciolti’”. Sotto sotto, l’orgoglio per aver partecipato a quella stagione c’è anche nel cattolicissimo Sorbi. ”Lo vede il basco che ho in testa? lo stesso di quella sera nel Duomo di Trento”» (Marco Imarisio, ”Corriere della Sera” 21/11/2005).