MACCHINA DEL TEMPO OTTOBRE 2004, 21 novembre 2005
L’uomo moderno ha un cuore di pietra. O, meglio ancora, di silicio. Nell’istante stesso in cui leggete queste righe, 15 miliardi di microchip in tutto il mondo veicolano il nostro contatto con la realtà: reti di comunicazione e trasporti, illuminazione, sicurezza e armamenti, medicina e fitness
L’uomo moderno ha un cuore di pietra. O, meglio ancora, di silicio. Nell’istante stesso in cui leggete queste righe, 15 miliardi di microchip in tutto il mondo veicolano il nostro contatto con la realtà: reti di comunicazione e trasporti, illuminazione, sicurezza e armamenti, medicina e fitness... Tutto comandato da un flusso d’elettroni che attraversa canali stampati sopra un’impalpabile scheggia di roccia. Il chip, appunto. Come dire che, dal primo ciottolo nelle mani d’un ominide al microprocessore di un moderno computer, lo strumento per conquistare l’universo non è mai cambiato. Al limite, è diventato più sofisticato. Il chip (in inglese ”frammento”; il microchip è un ”microframmento”) è il cuore che fa funzionare orologi digitali, cellulari, i programmi di controllo degli elettrodomestici comuni e ”l’intelligenza” di quelli d’avanguardia. In una casa se ne trovano almeno una quarantina, ovunque: dal telefono alla tv, dallo stereo al frigorifero, all’impianto elettrico e di riscaldamento. Senza parlare del computer. Il numero cresce a livello esponenziale salendo su un’auto moderna, tra antifurti, airbag, navigatori satellitari e freni. Oppure entrando in una palestra piena di macchinari, in un ospedale, in una qualsiasi azienda. Insomma, i chip della nostra vita sono tanti e tutti indispensabili. Alcuni si limitano a eseguire funzioni specifiche (i cosiddetti ”Asic”, Application specific integrated circuit), come regolare il riscaldamento o convertire i dati digitali di un cd in musica. Altri, più complessi, si possono programmare per una maggiore versatilità, come i microprocessori dei computer. «Nel novembre del ’71, la nascita di Intel 4004, primo microprocessore al silicio, fu casuale» ricorda Ted Hoff, uno dei fondatori di Intel, società Usa leader mondiale nella produzione dei chip. «Una ditta giapponese, la Busicom, voleva dei chip per un calcolatore programmabile. Ovvero, un chip per ogni funzione. Perché non riunire tutto in un unico circuito, che richiamasse le istruzioni da una memoria al silicio?». Un’idea davvero vincente: ai tempi, Intel aveva 12 dipendenti, oggi è un gigante dell’economia mondiale. Il prototipo fu realizzato da un genio dell’elettronica, Federico Faggin, emigrato veneto. «L’Intel 4004» ricorda Faggin «era un insieme di 4 circuiti stampati con 2.300 transistor ed elaborava 60 mila istruzioni al secondo». Il 4004, montato poi a bordo della sonda Pioneer 10, lanciata nel ’72, fu il primo microchip a raggiungere, oltre Marte, la fascia degli asteroidi. Oggi, il microprocessore più avanzato d’Intel contiene 55 milioni di transistor e funziona a una frequenza di oltre 3 Ghz, cioè è circa 3.000 volte più veloce. Le quasi infinite applicazioni dei chip possono oscurare la base comune della loro progettazione, ma lo scopo fondamentale di un chip è però l’elaborazione dell’informazione, da solo o in collegamento con altri circuiti. Elaborare l’informazione: tutto il mondo tecnologico ruota attorno a questo. Che, in pratica, vuol dire: si può comunicare ad esempio soltanto spegnendo e accendendo le luci del soggiorno? Certo, basta mettersi d’accordo sul codice. Se una lampadina tenuta accesa per 2 secondi equivale a un punto e per 4 a una linea, possiamo usare l’alfabeto Morse. Ancor più semplice: se la luce accesa equivale a 1 e quella spenta a 0, possiamo parlarci in codice binario. Più siamo veloci e precisi ad accendere e spegnere la luce, più informazioni inviamo. Più il nostro amico è bravo a decifrare il codice, più sarà veloce a capire il messaggio. Se avessimo più mani e interruttori, potremmo far giungere a persone diverse più messaggi, o uno complesso a un solo individuo. Sembra solo un modo arzigogolato di dialogare, ma è quanto facciamo mentre scriviamo una lettera col pc e intanto suona un cd di musica. Oppure mentre rispondiamo al cellulare e un termostato regola il riscaldamento. Insomma, vivere tra i microchip è come vivere in una rete intricata di miliardi d’informazioni trasportate, instradate, decifrate. Impulsi elettrici che schizzano da una parte all’altra dei circuiti che compongono i chip, spenti e accesi da interruttori, i transistor. Quando la corrente passa, il segnale che la macchina riceve equivale a 1, quando non scorre a 0. Interpretando questi segnali, la macchina comprende le azioni da compiere. Un singolo chip ospita milioni d’interruttori. Secondo una stima di Intel, il numero totale dei transistor contenuti nei microchip prodotti in un anno è pari a quello delle gocce di pioggia cadute su una nazione più grande dell’Italia nello stesso tempo. è questa la ”rivoluzione del silicio”: la trasformazione dell’elettricità da semplice energia in un dialogo ininterrotto tra uomo, macchina e realtà.