20 novembre 2005
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Somaini Francesco
• Nato a Lomazzo (Como) nel 1926, morto a Como il 19 novembre 2005. Scultore. «[...] Dopo l’Accademia di Brera [...] si laurea in Legge. La prima mostra risale al 1956. Più volte presente alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma, viene premiato alla Biennale di San Paolo del Brasile assieme a Burri e Vespignani. [...] è uno di quegli scultori che dialoga con la metropoli, inserendo i suoi lavori nel tessuto urbano come elemento di sconvolgimento, di provocazione, di rovesciamento di canoni ed estetiche tradizionali. Pensando, però, che la scultura abbia in sé una grande forza evocativa, cerca nel rapporto spazio-opera un’occasione di confronto. L’urbe diventa un corpo e l’artista si trasforma in una sorta di biologo. Il ritorno alla vita non può che coincidere col ritorno alla terra. Nascono, così, i tracciati. La scultura diventa una ”presenza organica” da trasformare con una tecnica personalissima: il getto di sabbia ad aria compressa. Una scoperta avvenuta durante un viaggio in Egitto dove le modifiche alle sculture secolari sono in gran parte dovute alle tempeste di vento. Da qui la decisione di riprodurre il fenomeno in laboratorio e ricreare il tempo della memoria» (S. Gr., ”Corriere della Sera” 21/11/2005). «[...] è stato uno dei più importanti scultori informali italiani, fintanto che una nuova pulsione ideativa l’aveva spinto a sondare ipotesi ulteriori, tese da un canto al recupero di quell’organicità che non aveva mai del tutto smesso di suggestionarlo, dall’altro a vagliare per la sua scultura la possibilità d’un dialogo con l’architettura e l’urbanistica. Tensione, quest’ultima, sfociata in un volume firmato con Enrico Crispolti nel ’72, Urgenza nella città, ma a ben vedere già presente e attiva al cuore del suo tempo informale: quando, ad esempio, alla Biennale veneziana del ’58 presentava un’opera dal titolo Proposta per un monumento, un grande ferro svettante. Alla successiva edizione, nel ’60, Somaini presentava una vasta sala personale di 14 grandi sculture, fra le quali talune, come il ”Grande martirio”, declinavano ancora il verticalismo come ipotesi privilegiata della sua idea di spazio. A quel tempo lo scultore fece seguire una lunga stagione di fertilità creativa, che lo ha portato a sperimentare nuove tecniche e materiali. Importanti riconoscimenti sono venuti in Germania, Giappone e negli Stati Uniti» (’la Repubblica” 20/11/2005). «[...] un inarrivabile maestro mago delle materie tridimensionali e una grande figura alternativa della scultura internazionale della seconda metà del XX secolo. L’alternativa era già attiva nelle origini formative, altrettanto nel rifugio in Svizzera nel 1944, con la conoscenza di Meret Oppenheim e della cultura surrealista e la scoperta su un numero di Minotaure del 1933 dell’atelier di scultura di Picasso, quanto nel successivo alunnato del dopoguerra a Brera con Manzù, erede di Medardo Rosso nella duttilità della materia, parallelo con gli studi di legge. Di fatto, i Teschi di cavallo del 1948, a cui l’artista teneva moltissimo, sono omaggio al neopicassismo, ma caldo e vibrante: potenti scansioni di piani e incastri cubisteggianti caratterizzano i bozzetti per quella bellissima fucina della nuova scultura italiana che fu il concorso internazionale per il monumento al prigioniero politico ignoto del 1952. Come quelli per Donna che legge in cemento per il padiglione di soggiorno nel parco Sempione a Milano per la X Triennale del 1954. Ma in parallelo dal complesso laboratorio ”privato” emozionale, mentale, fisico emergono sia gli intricati viluppi plastici delle piccole Lotte del 1951 che giustamente il volume di Fred Licht e Luisa Somaini, Somaini sculture dipinti e disegni 1950/2001, Electa 2001, pone a diretto e stupefacente confronto con il bozzetto in alpacca del 1997 di Fortunia vincitrice, sia il dinamismo astratto di Canto aperto del 1955, Viani e Arp investiti da un vento drammatico, che presto decolla nelle magmatiche, aspre, slabbrate esplosioni informali presentate alla Biennale di San Paolo del Brasile del 1959, fruttando all’artista il Gran Premio internazionale,e nella sala personale allaXXXBiennale veneziana del 1960, dai titoli significativi Grande ferito, Martirio sanguinante. Queste forme drammatiche sono pensate in grande, anelano al confronto pubblico nello spazio. Il ferro del 1958 della Grande scultura verticale approderà nel 1970 a Baltimora, la Fenice del 1964 ad Atlanta nello stesso 1970, mentre l’affineMonumento aimarinai d’Italia a Milano ha iter più breve, dal 1965 al 1967. Dai bozzetti del 1962-63 per il travagliato monumento alla resistenza di Cuneo emerge una nuova e ulteriore poetica plastica, certo anche legata alle richieste del concorso, ma fondamentale per il futuro: l’incontro, qui in antitesi, fra la plastica drammatica informale e la nudità primaria della geometria architettonica su cui essa poggia. Fra gli anni Sessanta e Settanta avviene la grande svolta che conferirà un’impronta unica all’ulteriore opera dell’artista. L’informalità drammatica della fusione lascia il campo ad un trattamento modellante della pietra, attraverso getti di sabbia a forte pressione, che la rende duttile, carnale, per cui un’opera capitale come Carnificazione di un’architettura martirio del 1975 serra fra blocchi architettonici parallelepipedi un torso possente altrettanto michelangiolesco, memore dei Prigioni, quanto rodiniano. L’ulteriore gradino è costituito dalla creazione con questo procedimento di matrici, in genere in marmo rosa, il cui primo esempio è l’Antropoammonnite del 1975, di forma rotatoria, che imprimono la propria impronta rotante in un percorso ad libitum su una superficie in materiale duttile, soprattutto poliestere bianco o nero. Il percorso plastico corre dalla Prima plastica e scultura matrice del 1977-78 all’Anamorfosi Bargellini del 1982-84, per volgersi verso la stupefacente direzione neosimbolista della Grande traccia nascita di Venere del 1985. Tanto più stupefacente in quanto parallela sia agli esitimonumentali della Porta d’Europa di Como inaugurata nel 1995 sia alle ”azioni” di imprimitura su terra e su creta realizzate fra 1980 e 2000 a Lucca, a San Quirico d’Orcia, a Brema, a Santa Sofia di Romagna, a Pergine Valsugana» (Marco Rosci, ”La Stampa” 21/11/2005).