La Repubblica 18/11/2005, pag.42 Walter Galbiati,Ettore Livini, 18 novembre 2005
Il calcio cambia rotta passivo ridotto del 70%. La Repubblica 18/11/2005. Milano. La Serie A, a timidi passi, prova a imboccare la strada del risanamento finanziario
Il calcio cambia rotta passivo ridotto del 70%. La Repubblica 18/11/2005. Milano. La Serie A, a timidi passi, prova a imboccare la strada del risanamento finanziario. L´uscita dal tunnel, a dire il vero, è ancora lontana, ma le squadre della massima divisione hanno chiuso i loro conti 2004-2005 con un passivo di 145,5 milioni, il 69 per cento in meno del buco da 471 milioni dell´anno precedente. Senza calcolare i 118 milioni di rosso dell´Inter, vincitrice a mani basse dello scudetto per le perdite, il bilancio si sarebbe chiuso in negativo per appena 26,8 milioni. Non solo: i presidenti sono riusciti a dare un colpo di forbice anche ai debiti, scesi da 1,7 a 1,45 miliardi. Piccoli ma significativi progressi per portare fuori della palude società che ogni anno chiedono ai soci ingenti risorse per sopravvivere e che a volte, come nel caso della Roma, trascinano sull´orlo del fallimento interi imperi familiari. Quasi tutti i numeri del Campionato sono in deciso miglioramento anche se i vizi di fondo faticano a sparire. Tranne Reggina ed Empoli, ad esempio, l´intera Serie A spende di gran lunga più di quanto incassi. In totale le uscite della scorsa stagione (tra stipendi e costi generali) hanno superato di 286 milioni le entrate. Tanto, ma comunque molto meglio dei 657 milioni dell´anno precedente. Merito sia della crescita dei ricavi che del ridimensionamento delle buste paga dei calciatori. Il fatturato complessivo è stato pari a 1,2 miliardi di euro (+12,7 per cento) mentre il costo per il personale è sceso a 734 milioni (-6,7 per cento). Il calo non appare deciso, ma risulta pur sempre significativo se paragonato ai 900 milioni che i club spendevano nel 2002 per viziare i loro campioni. Gli stipendi si mangiano comunque ancora il 58 per cento degli introiti, troppo per quella che i revisori di bilancio chiamano "una saggia e prudente gestione" anche se a questo livello l´Italia si è avvicinata ai parametri di campionati più sani come quello inglese. Continua invece a ridimensionarsi il fenomeno delle plusvalenze finanziarie, la voce che fino a pochi anni fa tappava (fittiziamente) i buchi aperti dalla sconsiderata gestione del pallone: nel 2002 le compravendite di giocatori (molte delle quali a prezzi fuori mercato) avevano portato nelle casse dei club 660 milioni di guadagni extra, con l´abnormità contabile di calciatori della Primavera valutati decine di milioni. Nell´ultimo esercizio le plusvalenze si sono ridotte a 200 milioni, un livello più fisiologico, un terzo rispetto ai picchi del 2002 e in calo del 10% sulla stagione precedente. Il ridimensionamento del calcio mercato, peraltro, crea oggi qualche problema in più alle squadre medio-piccole, abituate a far quadrare i loro conti con la cessione di qualche astro nascente. Le provinciali pagano un pedaggio più salato anche al calo degli spettatori: questa voce infatti pesa più del 50 per cento sulle loro entrate mentre per i big la percentuale è molto inferiore. La Juve ad esempio – con il Delle Alpi spesso semi-deserto – genera meno del 10 per dei suoi ricavi dai biglietti (il 54 per cento arriva dai diritti tv, il 25 per cento dagli sponsor) mentre pure per Roma e Lazio la percentuale è sotto il 30 per cento. La strada per il rilancio della Serie A, malgrado i progressi, resta comunque ancora in salita. Il pareggio, tanto per cominciare, resta un miraggio. Tra due anni, poi, salteranno i benefici dello spalma-perdite. E molte squadre, (tutti i big tranne la Juve) dovranno far fronte in un solo esercizio a una perdita straordinaria da diverse decine di milioni. E se i conti per allora non saranno risanati, per tanti club – a meno di nuovi sacrifici dei presidenti – potrebbe rispuntare lo spettro del crac. Walter Galbiati,Ettore Livini