Varie, 18 novembre 2005
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PICHOT Agustin Buenos Aires (Argentina) 22 agosto 1974. Giocatore di rugby • «[...] capitano della Nazionale biancazzurra: nonno tallonatore, papà mediano di mischia [
PICHOT Agustin Buenos Aires (Argentina) 22 agosto 1974. Giocatore di rugby • «[...] capitano della Nazionale biancazzurra: nonno tallonatore, papà mediano di mischia [...] ”Ogni sabato si celebrava il rito: alle 8 e mezzo di mattina mio padre ci portava al campo del Casi, lui allenava e noi giocavamo, poi tutti insieme andavamo dalla nonna, Maria Angelica, italiana, che ci preparava gnocchi, stufato e gelato alla banana, tutto rigorosamente fatto in casa. Dopodiché, tutti insieme a vedere la partita della prima squadra. E la domenica tutti insieme al club, a raccontarsi le partite giocate e a immaginare quelle da giocare”. Agustin è cresciuto così: da domenica a venerdì pane & rugby, il sabato gnocchi & rugby. ”Gioco da quando ho quattro anni. ’Rugby, rugby, rugby’, tuonava mio padre. E mia madre sospirava. Lei diceva che la mamma ideale di rugby deve avere due requisiti: una grande pazienza e una buona lavatrice. Con una differenza: la lavatrice, alla lunga, ha perso qualche colpo, lei invece mai. Mio padre sosteneva che fossero più importanti gli allenamenti durante la settimana e la partita il sabato che non la messa la domenica: e questa era l’unica cosa che faceva arrabbiare mia madre [...] Quando arrivai in prima squadra, mio fratello Enrique andò dall’allenatore e gli disse: ’Agustin è più bravo di me, è giusto far giocare lui al posto mio’. Non era vero: lui aveva tre anni di esperienza e di battaglie più di me, e questo ha il suo valore. Ma Enrique era così deciso, che l’allenatore obbedì. La prima amichevole la giocammo insieme: io mediano di mischia, lui all’apertura. Poi in campionato fui abbinato a Fusselli, l’apertura con cui avevo giocato nelle giovanili e con cui mi trovavo a occhi chiusi, invece Enrique tornò mediano di mischia, ma in seconda squadra”. Il giorno in cui Pichot fu contattato prima dal Puc di Parigi, poi addirittura dal Queensland, la provincia australiana, suo padre gli disse di no: ”Tu rimani qui, non hai bisogno di soldi, e poi devi studiare”. Era il 1995. Un anno più tardi piovve un’offerta dall’Inghilterra, e stavolta il padre disse di sì: ”Ma a una condizione: devi laurearti. Promesso?”. Promesso. Così Agustin andò a Richmond, dove il club di rugby confinava con l’Università di Economia. E quando, dopo due anni a Richmond, si trasferì per altri quattro a Bristol, continuò a fare il pendolare fra campo e college fino a conquistare la laurea. ”Gli avevo dato la mia parola e volevo mantenerla. Anche se ho finito con un anno di ritardo rispetto agli studenti più bravi, che però non giocavano a rugby”. E se giocavano a rugby, certo mai come lui. Debutto fra i Pumas nel 1995 contro l’Australia, poi coppe del Mondo, tour [...] è il regista dello Stade Français, la squadra parigina in cui giocano anche Parisse e i fratelli Bergamasco, [...] ”Il rugby in Argentina è passione e disorganizzazione; in Inghilterra è organizzazione e struttura; in Francia è passione, spettacolo e un po’ di organizzazione. [...] In Argentina una volta il rugby era lo sport dei ricchi e della borghesia, poi grazie alla tv è diventato popolare, aperto anche ai più poveri. Quello che appassiona la gente, a qualsiasi livello, è lo spirito guerriero, ma allo stesso tempo anche il senso di amicizia e di gruppo. Nei ragazzi si cura la tecnica in modo quasi maniacale, ma allo stesso tempo si lascia libera la fantasia di improvvisare e inventare. E l’allenamento viene vissuto non come un sacrificio, ma quasi come un culto. Ogni mercoledì i calciatori di tutte le formazioni del nostro club, dalla prima squadra al minirugby, si ritrovano al campo e si allenano insieme, correggendosi, consigliandosi, aiutandosi”. [...] sintetizzava amabilmente lo scrittore francese Jean Lacouture, ”un rugbista argentino è un italiano che parla spagnolo e sogna di essere inglese”» (Marco Pastonesi, ”La Gazzetta dello Sport” 18/11/2005).