Varie, 18 novembre 2005
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Pillon Giuseppe
• Preganziol (Treviso) 8 febbraio 1956. Allenatore di calcio. Nel 2010/2011 al Livorno (B, esonerato a febbraio). In serie A è stato sulle panchine di Chievo e Reggina. Dal novembre 2009 all’Ascoli (B), nella storia per un episodio del 5 dicembre 2009, quando ordinò ai suoi di far segnare la Reggina dopo che erano andati in vantaggio con un avversario infortunato (alla fine perse 3 a 1 e fu contestato da tifosi e presidente) • «A volte uno le radici se le porta addosso, per non perdersi mai. “Eh sì, i baffi ce li ho da quando avevo vent’anni... Mai tagliati. Anzi no, una volta me li hanno rasati i miei giocatori, dopo aver vinto la C1, ad Ascoli. [...]” [...] “Bepi” Pillon è partito [...] dalla campagna fra Treviso e Mestre, per andare alla Juve. “Ci rimasi tre anni, con Brio, Marangon, Zanone, quelli della classe ’56. Andai via di casa a sedici anni. [...] Dopo la Juve andai ad Alessandria. Serie C, il mio campionato: Seregno, Padova, Pordenone, Prato, Asti, Spezia, Giorgione, Treviso. Ho chiuso con la Pro Mogliano [...]. Ero un centromediano metodista. Un tipo tosto. Ma quattro anni prima di smettere, quando ero nel Giorgione allenato da Guidolin, mi ero già trovato un lavoro: in banca a Treviso”. [...] E poi? Poi succede che Egidio Fior, il ristoratore che con la sua squadra di dilettanti ha lanciato nel grande ciclismo Basso e Cunego, chiede a Pillon di provare ad allenare in Promozione. “Accetto con entusiasmo. E comincio col Salvarosa. Poi arriva il Bassano in serie D e l’incontro con il presidente del Treviso, Caberlotto. Un colpo di fulmine”. Già, perché il signor “Lotto” vuole riportare il grande calcio nella marca trevigiana: dal Bassano preleva Pillon, sette giocatori, il d.s. e l’addetto agli arbitri. Risultato? “Vinciamo subito la serie D. Poi senza fermarci, e rimanendo sempre in testa, C2 e C1. In tre anni il Treviso è in B”. Ma fra lo stadio trevigiano e casa Pillon c’è di mezzo l’autostrada. La svolta è d’obbligo: “Perché bisogna saper cambiare. Caberlotto era morto e io avevo raggiunto il massimo”. [...] Per rimettersi in gioco ci vogliono coraggio ed entusiasmo. Quello di Pillon è contagioso: “Dalla D alla A io dico ai miei ragazzi la stessa cosa: dobbiamo provarci sempre e dare il massimo. Perché se stiamo lì ad aspettare, prima o poi ci puniscono. È una cosa che mi sento dentro, fa parte del mio carattere. Certo ci vuole anche molta organizzazione, ma non sono un integralista. Fra la lavagna e il pallone scelgo sempre il secondo, per spiegare sul campo quello che ho in mente”. E quello che ha in mente Pillon è un’idea di equilibrio, nel modo di giocare, ma anche di affrontare la tappa più entusiasmante di una carriera con molti alti e bassi. “Dopo Treviso, ecco Padova e Genoa. Nel primo caso non riesco ad adattarmi a una situazione ambientale negativa. Nel secondo caso rimango un mese e mezzo, quattro partite: non si può nemmeno parlare di lavoro lasciato a metà. È il ’98. Sto fermo un anno e mezzo. Giustamente. Rifletto molto e capisco che oggi come allora non sono un fenomeno, ma nemmeno un brocco. Sono stanco di non far niente e accetto il Lumezzane: ultimo in C1 a sette turni dal termine. Ci salviamo ai playout”. [...] Si riparte, quindi? Non proprio: “Vado a Pistoia, in B. Ma ci rimango poco perché il presidente vuole impormi la formazione. Non accetterò mai una situazione del genere [...]”. Il Pillon che è arrivato a debuttare in A rinasce ad Ascoli, dove arriva nell’estate 2001: “Ambiente straordinario. Vinciamo la C1 e ci salviamo in B. Decido che è il momento di cambiare ancora, ma non ricevo offerte e rimango a spasso: una delusione incredibile. A dicembre 2003, mi chiama il Bari, perdiamo lo spareggio salvezza con il Venezia, ma poi la squadra viene ripescata”. Anche lui in un certo senso, viene ripescato. Alla casa di Campocroce bussa infatti il fratello Albino, vice-allenatore del Treviso. “E io torno subito. Il vantaggio di avere un fratello come vice è che ti puoi sfogare e dirgli tutto. Arriviamo ai playoff, poi accetto l’offerta del Chievo e a Ferragosto mi ritrovo il Treviso ripescato in serie A. Tutti felici e contenti” [...]» (Paolo Tomaselli, “Corriere della Sera” 18/11/2005).