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 2005  novembre 18 Venerdì calendario

Irving David

• Essex (Gran Bretagna) 24 marzo 1938. Storico. Negazionista. Arrestato in Austria l’11 novembre 2005 per le sue tesi • «[...] l’etichetta di storico, se per ciò s’intende ricercatore di verità, non s’addice più a chi è piuttosto un propagandista, perché, secondo la sentenza del 2000, rivela ”la volontà di manipolare scientemente le prove per adattarle ai propri pregiudizi”. Eppure Irving, fra i negazionisti, è l’unico a essersi fatto, prima, una fama come storico della Seconda guerra mondiale. Inglese, privo di preparazione accademica, ma dotato d’un buon tedesco appreso quando faceva l’operaio nella Ruhr, pubblicò a soli 25 anni, nel 1963, La distruzione di Dresda, un best-seller, in cui le conseguenze del terribile bombardamento sulla città furono esagerate, quasi a stabilire una parità tra nazisti e alleati. Ma fu La guerra di Hitler, un tomo di mille pagine del 1977, in cui narrò la storia ”attraverso gli occhi del Führer”, a dargli, oltre ai diritti d’autore, la fama di negazionista: Hitler era descritto come un grande comandante militare, ma ”un leader politico molle e titubante”, che lasciava fare agli altri. Conseguenza: il dittatore seppe poco dell’Olocausto (o addirittura nulla fino al 1943), la cui responsabilità ricade invece su ”gangster nazisti” come Heinrich Himmler. Da lì a negare lo sterminio (centomila morti, diceva, non sei milioni) il passo fu breve: dal 1982, accolto come profeta dai fanatici della Deutsche Volksunion e poi corteggiato dai razzisti di tutto il mondo, Irving cominciò a girare il mondo. E di pari passo molti Paesi, preoccupati, gli chiudevano le porte. [...] Per tutti gli anni ”90, screditato in patria (accusò Churchill per la morte del generale Sikorski, il premier polacco in esilio, e gl’inglesi non l’avevano perdonato), Irving aveva tuttavia raccolto successi nel mondo, clandestino e soffocante, degli antisemiti. Finché fece un grave errore: querelò per diffamazione la storica Deborah Lipstadt, che l’aveva definito un negazionista che ”dice menzogne, cita a sproposito, falsifica” e la casa editrice Penguin che l’aveva pubblicata. Dicono che l’abbia fatto per soldi, sperando in un risarcimento, ma invece il clamoroso processo, dopo settimane di meticolose analisi dei testi di Irving, si rivelò un boomerang: il giudice Charles Gray, a cui in un lapsus Irving s’era rivolto col saluto ”Mein Führer”, sentenziò che gli errori dello storico non potevano essere ”innocenti”, bensì frutto di disonestà intellettuale. Sbugiardato, condannato a pagare le spese di giudizio, Irving ha tuttavia continuato a raccogliere allori e compensi nel circuito degli estremisti. [...]» (Alessio Altichieri, ”Corriere della Sera” 18/11/2005). «[...] considerato il più influente ”revisionista” e la più pericolosa mente dell’ultradestra mondiale [...] Da decenni va in giro per il mondo offendendo gli ebrei e la memoria del ventesimo secolo: dice che l’Olocausto è una menzogna. In Germania è al bando, anche altrove è inseguito da mandati di cattura. [...] dall’8 novembre 1989, vige in Austria un mandato di cattura contro Irving, il più controverso tra i tanti biografi di Hitler. E già una volta, nel 1984, lo storico neonazista inglese, sorpreso nella repubblica alpina dalla polizia, fu arrestato ed estradato in Germania. Nella Repubblica federale, fu processato per direttissima e dichiarato persona non grata, ed immediatamente espulso. [...] Irving è stato sorpreso dai gendarmi mentre si stava recando a Vienna per partecipare a un incontro di una Burschenschaft, i circoli studenteschi e giovanili che in Austria spesso cullano nostalgie del Terzo Reich o ideologie reazionarie, antisemite, xenofobe e antioccidentali. L’arresto è avvenuto nel pomeriggio, nel comune di St. Joahnn in der Heide. Lo storico inglese aveva già preparato il suo intervento, presumibilmente in lode e difesa del nazismo, che avrebbe pronunciato alla riunione della Burschenschaft. Gli inquirenti dell’Edok, il Sisde austriaco, parlano di sospetti concreti: l’organizzazione giovanile che aveva invitato Irving è nota e sotto controllo per le sue tendenze di estrema destra. [...] Nato nel 1938 a Essex, Irving ha cominciato negli anni Sessanta a farsi un nome nella galassia mondiale dell’estremismo di destra. In particolare le sue due biografie del Fuehrer, La via di Hitler verso la guerra e La Guerra di Hitler, lo hanno reso noto e hanno causato aspre controversie. Irving è diventato il decano dei cosiddetti storici ”revisionisti”, decisi cioè a ”revisionare” la lettura della Storia contemporanea per assolvere il Terzo Reich. Nelle sue opere egli ha sostenuto più volte che Hitler non sapeva nulla del genocidio degli ebrei. E contro ogni evidenza storica, egli si è spesso spinto ad affermare e a scrivere che nei campi di sterminio di Auschwitz e di Majdanek non c’era alcuna camera a gas. In Germania, in Austria e in molti paesi le sue opere sono proibite. Ma con l’aiuto dei gruppi neonazisti di tutto il mondo, di cui è il massimo eroe, Irving ha diffuso la sua velenosa propaganda sia con la stampa clandestina dell´ultradestra, sia soprattutto via Internet. I siti online dell’estremismo neonazi sono stati [...] il suo veicolo e rifugio» (Andrea Tarquini, ”la Repubblica” 18/11/2005). « Il problema non è mettere o meno in galera lo storico ”negazionista” David Irving, ma contrastare in modo efficace e persuasivo le sue tesi e quindi la sua influenza in un sistema informativo che cerca lo scandalo come una droga. Lo storico inglese Irving da anni è un personaggio controverso che balza frequentemente alla cronaca in situazioni controverse provocando reazioni controverse. I motivi sono seri perché riportano tutti, alla fine, sempre al suo atteggiamento di militante antisemita che minimizza il peso storico e il significato emblematico della Shoah. Irving infatti è il più noto e combattivo dei ”negazionisti”, di coloro cioè che considerano lo sterminio degli ebrei un fatto di proporzioni modeste, montato oltre misura dai sionisti e dai filoebrei per ragioni politiche e ideologiche che non hanno nulla che vedere con la verità storica. La posizione ”negazionista” va distinta da quella ”revisionista” (di Ernst Nolte, per intenderci, quanto meno del Nolte di alcuni anni fa) che inquadrano lo sterminio ebraico nel contesto politico e storico più generale del secolo XX come secolo dei genocidi. Relativizzano la Shoah semplicemente mettendola a fianco di altri genocidi non meno gravi in termini quantitativi e di rilevanza storica. Irving invece non si limita a ridicolizzare le dimensioni materiali della Shoah, ma in forma diretta e indiretta prende le difese del regime nazionalsocialista. La morte nei campi fu - secondo lui - uno dei tanti episodi di morte di migliaia di uomini e di donne durante gli eventi di un conflitto mondiale (in aree di guerra o sotto i bombardamenti delle città), di una guerra che come tale fu uno sterminio, da imputare a ragioni politiche e storiche che riportano allo scontro imperialistico delle grandi potenze. Da questo punto di vista Irving (che è inglese) non ha risparmiato feroci critiche al governo britannico, in particolare a Churchill, accusato d’avere provocato e scatenato irresponsabilmente la guerra contro la Germania - sigillata con il criminale bombardamento di Dresda del 1945. Si tratta di tesi storiche estremizzate, sostenute spesso per puro gusto provocatorio e respinte dagli storici professionali che pure riconoscono a Irving una non comune conoscenza delle vicende belliche e di molti protagonisti del Terzo Reich. Alcuni suoi libri (Apocalisse a Dresda, Le guerre di Hitler,La pista della Volpe, Goering, il maresciallo del Reich) pur non nascondendo il loro intento giustificazionista, hanno contribuito ad affrontare in modo più critico e maturo pagine e figure scomode del regime nazista. E a sollevare interrogativi imbarazzanti, ”politicamente scorretti” - si direbbe. Ma la negazione della rilevanza, anzi dell’esistenza del genocidio contro gli ebrei, come tale va ben oltre il gusto della provocazione. un’operazione mistificatrice. Non a caso ha dato luogo persino a procedimenti giudiziari di accertamento di fatti e di dati [...] da cui Irving è uscito perdente professionalmente e squalificato moralmente. Ma il punto è ancora un altro: Irving non si atteggia semplicemente come studioso, più o meno plausibile, ma come attivista politico di estrema destra. Nel senso che trasforma le sue convinzioni in armi ideologiche e politiche. Irving marcia a fianco dei picchiatori neonazi, giustificando con le sue tesi le loro invettive e le loro azioni antisemite e antidemocratiche. Questa stretta connessione tra convinzioni personali, più o meno sostenibili, e militanza è all’origine delle misure restrittive che molti Stati hanno preso nei confronti di Irving. Non si tratta di una impropria restrizione di libertà di opinione (che al limite può includere anche la menzogna) ma di apologia di reato. Questo è il punto giuridico su cui si può e si deve discutere, con cognizione di causa e competenza su ciò di cui si sta parlando. Ma ciò che davvero importa è affrontare di petto, pubblicamente, le tesi irviniane, smontandole, smascherandole - dati e fatti alla mano - come una menzogna ideologica» (Gian Enrico Rusconi, ”La Stampa” 18/11/2005).