MACCHINA DEL TEMPO OTTOBRE 2004, 18 novembre 2005
Lo scorso 24 giugno Guernsey’s, famosa casa d’aste newyorkese (www.guernseys.com), stava per battere all’asta preziosi fossili di dinosauro, fra cui denti di T-Rex, corna di triceratopi e uova
Lo scorso 24 giugno Guernsey’s, famosa casa d’aste newyorkese (www.guernseys.com), stava per battere all’asta preziosi fossili di dinosauro, fra cui denti di T-Rex, corna di triceratopi e uova. Valore: decine di migliaia di dollari. Niente a che vedere con gli 8 milioni chiesti nel ’97 da Sotheby’s per uno scheletro di T-Rex o con i 5 milioni di euro del nostrano Scypionix, ma abbastanza per mandare in tilt casse di musei e istituti scientifici. Comunque poco per i ricchi collezionisti, specie se tra gli esemplari figurano pezzi rari: uno scheletro perfettamente conservato di Conchoraptor o un nido di uova completo di embrioni trafugato (pare) dall’Argentina. L’asta, tuttavia, è stata sospesa, evitando ad Arlan Ettinger, presidente della Guernsey’s, guai più seri. Perché, se è vero che negli Usa il commercio di resti fossili è legale (in più, chi ha la fortuna di trovare un fossile nel proprio giardino ne diventa proprietario e lo può vendere), lo stesso commercio diventa illecito se i fossili risultano trafugati da Paesi che ne vietano la compravendita, quali Mongolia, Cina, Argentina o Italia, dove ogni reperto appartiene allo Stato. «La convenzione Unesco del 1970» spiega Neil Clarck, curatore di paleontologia dell’Hunterian Museum presso l’Università di Glasgow, in Scozia «vieta l’import-export di fossili in molti Paesi, Regno Unito compreso. Questo crea seri problemi: in primo luogo ai cacciatori di fossili che, come quelli cinesi, arrotondano con poca fatica le loro misere paghe. In secondo luogo ai musei, che devono produrre documenti per dimostrare che i fossili acquistati sono legali. Così, senza la documentazione corretta, molti reperti preziosi finiscono chissà dove, rappresentando una perdita per la comunità scientifica».