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 2005  novembre 18 Venerdì calendario

Stupire il mondo, entrare nella leggenda, andare oltre il limite umano e, perché no, riuscire a guadagnarci anche un bel po’ di soldini

Stupire il mondo, entrare nella leggenda, andare oltre il limite umano e, perché no, riuscire a guadagnarci anche un bel po’ di soldini. Battere un record, in atletica, nel nuoto, nel ciclismo, insomma in un qualsiasi tipo di sport, significa proprio questo. E così alla sfida per la vittoria si affianca anche quella per i primati, che anzi in alcuni casi ha finito per diventare dominante. Eppure da qualche anno a questa parte sono sempre meno frequenti gli sportivi che riescono a stabilire nuovi record mondiali. Anche nel corso delle ultime Olimpiadi è stato quasi inutile stare incollati ai teleschermi nella speranza che il dato in sovrimpressione cominciasse a lampeggiare indicando così il superamento di un record. Dunque, la specie umana sta pian piano raggiungendo i propri limiti? La risposta è molto complessa e perciò abbiamo chiesto il parere di medici e scienziati. Secondo alcuni ricercatori statunitensi e svedesi il limite delle capacità umane è ormai stato raggiunto e, a meno che non ci siano importanti novità di carattere tecnico, sarà difficile per gli atleti stabilire nuovi primati. Noi tutti possediamo delle doti atletiche naturali innate. La natura delle nostre capacità sportive dipende in gran parte dai geni ereditati dai nostri genitori, geni che determinano la nostra altezza, la nostra struttura corporea generale, i tipi di fibre muscolari, la capacità di produzione d’energia, la forza psicologica e una gran varietà di altre caratteristiche che tutte insieme contribuiscono al successo atletico. Le nostre doti naturali aiutano a determinare i risultati atletici che possiamo ottenere. Ogni atleta in buona forma fisica può correre i 100 metri, ma solo pochi possono farlo in un tempo inferiore a 9,90 secondi, e solo lo statunitense Tim Montgomery è riuscito finora a fermare il cronometro su 9,78. Ma potrà migliorare ancora? Ogni corpo umano ha una determinata capacità di trasporto dell’ossigeno da parte del sangue, una capacità di trasformare l’ossigeno in energia, una diversa composizione genetica e muscolare sia in termini di massa che di lunghezza delle fasce. Ebbene, andare oltre queste capacità per alcuni studiosi è impossibile. Questo vuol dire, quindi, che per quanto le prestazioni possano migliorare, nei 100 metri, ad esempio non si potrà mai superare il record di 9,60 secondi. Perché? Perché uno sprinter non potrà mai avere una velocità superiore agli 11,94 metri al secondo e comunque riuscirà a mantenerla per non più di 50 o 60 metri. In tal caso, infatti, il sistema biomeccanico e i muscoli probabilmente non potrebbero a lavorare a una frequenza superiore. Il discorso è analogo per chi si dedica al salto in lungo: l’attuale record, stabilito da Mike Powell 13 anni fa, è di 8,95 metri, misura vicina, sempre secondo alcuni studiosi, al limite umano (che sarebbe di 9 metri). In questo caso l’impatto sulla sabbia, considerata velocità e altezza raggiunta nel salto, spezzerebbe di netto il femore. E si potrebbe andare avanti. Salto in alto: secondo alcuni traumatologi, tendini e ossa delle caviglie non potrebbero sostenere una spinta del salto superiore a 2,50 metri, ovvero appena 5 centimetri in più dell’attuale primato mondiale (detenuto dal cubano Sotomayor). Anche nel nuoto i record sono sempre più rari, ma in questa disciplina sembra ci siano margini maggiori di miglioramento. Il nuoto è, infatti, un’attività innaturale per l’uomo, fortemente condizionata dalla tecnica. La scoperta di nuove tecniche di respirazione e di nuovi stili potrebbe contribuire a raggiungere tempi sempre più competitivi. Tutte queste valutazioni, però, per altri studiosi si riducono a una mera dissertazione filosofica. Fra gli scettici, o meglio tra coloro che credono nelle infinite risorse umane, c’è anche il professor Antonio Dal Monte, direttore dell’Istituto di Scienze dello Sport e decano dei medici sportivi italiani: « una vita che vivo vedendo smentite queste affermazioni apocalittiche. Nego con la massima fermezza che i record si vadano cristallizzando. Ci vorrà forse più tempo per batterli, ma seguiteranno a essere superati». «Invito a pensare», prosegue Dal Monte, «all’enorme potenziale che hanno alcuni popoli che non si sono ancora svegliati a livello sportivo. Attualmente il fenomeno sport non dev’essere analizzato solo dal punto di vista genetico, ma anche da quello socioeconomico e politico. Faccio un esempio: negli Stati Uniti, come in Africa fino a qualche anno fa, gli atleti di pelle che non appartenevano alla borghesia non potevano permettersi il lusso di accompagnare il proprio figlio a lezione di scherma, di nuoto o di qualsiasi altro sport. Oggi i poveri di una volta si sono trasformati in borghesia, e quindi la base di chi pratica sport si è allargata, aumentando di conseguenza le possibilità di trovare quel soggetto dotato più degli altri e quindi capace di stabilire un record. Probabilmente, in qualche parte del mondo esiste un uomo che non ha mai visto il mare e che messo in acqua potrebbe stracciare i record di Thorpe e Phelps». A questo bisogna aggiungere l’evoluzione dell’ingegno umano, visto che la tecnologia viene incontro sempre più alle richieste dello sport. Un esempio su tutti, l’evoluzione dei costumi usati dai nuotatori: l’ultima generazione utilizza tessuti e cuciture che aumentano enormemente lo scivolamento delle particelle d’acqua sulla superficie corporea e la sensazione di galleggiamento. E di certo i principi di riduzione della frizione sono ancora migliorabili, tanto che si stanno studiando costumi con alcune parti ad attrito elevatissimo che aiutino ad agganciare più acqua durante le fasi propulsive della nuotata. A migliorare sono però anche le strutture: Jesse Owens, ad esempio, correva su piste di carbonella e, al posto dei blocchi di partenza, c’erano buchette scavate dagli stessi atleti. Oggi l’ultima evoluzione delle piste prevede addirittura un aiuto in termini di risposta elastica al velocista. Nell’ultimo secolo è cambiato tutto, dalla tecnologia - pensiamo a biciclette al carbonio, scarpette leggere come piume, costumi per il nuoto idrorepellenti - all’alimentazione. E poi l’essere umano per migliorare se stesso è sempre alla ricerca di tecniche nuove e infatti gli ultimi record, per esempio nel salto in alto, sono stati abbattuti in coincidenza con l’introduzione di nuove tecniche di salto rese possibili da nuovi materiali (una volta si atterrava sulla sabbia) in grado di attutire l’impatto della ricaduta. L’atleta, come lo conosciamo oggi, è una macchina che sfiora la perfezione. Però non possiamo sapere come sarà l’uomo del futuro. Sembra, comunque, davvero troppo presto per dire che il genere umano, almeno nello sport, ha raggiunto il suo zenit.