MACCHINA DEL TEMPO NOVEMBRE 2004, 18 novembre 2005
Patrizia Carrano: «La parola colpa non mi piace. In ogni caso, non posso dire che i miei siano stati dei bravi genitori
Patrizia Carrano: «La parola colpa non mi piace. In ogni caso, non posso dire che i miei siano stati dei bravi genitori. Fino a dieci anni non sono stata mandata a scuola, fino a 15 sono stata sempre vestita da maschio perché mia madre avrebbe preferito un bambino. Con i miei genitori ho avuto un rapporto difficile, doloroso, soprattutto perché loro stessi avevano un rapporto difficile tra di loro. Si sono separati quando avevo 12 anni e quando ne avevo 14 mio padre è morto. Liberarmi di questi patemi mi è costato molto». Lidia Ravera: «Sono colpevoli solo quei genitori che considerano i figli un prolungamento del loro ego. I miei erano in effetti così e mi caricavano addosso tutti i loro rimpianti, i loro rancori. Ed erano colpevoli anche di questo: monologavano, non mi riconoscevano lo statuto di interlocutore e non prendevano mai in considerazione il mio punto di vista. Eravamo una famiglia della buona borghesia torinese: mio padre era un ingegnere, mamma una donna intelligente. La cultura, l’intelligenza, se si deve parlare di colpa, sono un’aggravante». Isabella Santacroce: «Le colpe non possono essere solo dei genitori o solo dei figli. Le dinamiche tra i due soggetti sono troppo complesse». Lo psicologo «Il genitore perfetto non esiste» dice Francesco Montecchi, primario di neuropsichiatria al Bambin Gesù di Roma. «Anzi un figlio è stimolato a crescere proprio dalle imperfezioni dei genitori: certe cosiddette colpe dei padri finiscono per essere meritorie. Detto questo, bisogna ricordare che ogni genitore è stato prima di tutto figlio e quindi le sue colpe possono risiedere anche in un cattivo atteggiamento dei suoi genitori. Spesso chi non ha ”buoni” genitori cresce prendendo esempio da altri adulti, un insegnante, uno zio, il padre di un amico».