MACCHINA DEL TEMPO NOVEMBRE 2004, 18 novembre 2005
Santacroce: «Non è vero, puoi sentirti figlio e cinque minuti dopo sei tu che fai il padre o la madre
Santacroce: «Non è vero, puoi sentirti figlio e cinque minuti dopo sei tu che fai il padre o la madre. La lontananza forzata mi ha lasciato una visione della famiglia senza gerarchie legate all’età». Ravera: «E chi lo dice? Io non mi sento affatto piccola di fronte a loro. Ho trovato loro una sistemazione, mi curo delle loro necessità economiche, della loro salute, li proteggo. Li accudisco. Sono la loro mamma». Scarpa: «In effetti, davanti a loro a volte mi sento un po’ bambino. Per esempio, mi viene fuori una voce meno profonda. Però se guardo me stesso e loro, mi accorgo che tante cose sono cambiate. Magari piccole cose, come la disposizione dei posti a tavola. Quando mi invitano a pranzo, adesso io sto al centro, papà a destra e mio fratello a sinistra. Mentre quando ero piccolo il posto centrale lo occupava sempre papà. La mamma? La mamma è in disparte che guarda la televisione». Mazzucco: «A un certo punto sono i genitori a diventare bambini, i bambini che noi siamo stati. I ruoli si scambiano, adesso dobbiamo restituire quello che abbiamo ricevuto tanti anni fa ed essere noi quello che furono loro. Portatori di tenerezza, consolatori, protettori». Lo psicologo «Beh, si capisce: per un momento possiamo regredire fino al momento in cui non avevamo responsabilità» spiega Aldo Carotenuto, che insegna Psicologia della Personalità presso l’università di Roma La Sapienza. «La cosa può diventare patologica quando i genitori, sfruttando un’inclinazione latente dei figli, mantengono viva la loro influenza. Non sono rari i casi in cui i genitori delegano invece tutto ai figli e non sanno assumere su di sé un ruolo genitoriale maturo. Spia dell’insicurezza di fondo dei soggetti stessi, che può dipendere anche da una non risolta liberazione dalla famiglia d’origine».