MACCHINA DEL TEMPO NOVEMBRE 2004, 18 novembre 2005
Abraham Lincoln (1809-1865) Liberò i neri, si batté per farli votare e finì assassinato in un teatro
Abraham Lincoln (1809-1865) Liberò i neri, si batté per farli votare e finì assassinato in un teatro. Ma era un originale e portò una capretta nella residenza presidenziale. Sedicesimo presidente, Lincoln fu l’artefice della vittoria dei nordisti nella guerra di Secessione. Nel 1862 emanò il proclama che liberava gli schiavi, tre anni dopo (all’inizio del secondo mandato) annunciò il suo sostegno al suffragio per i neri in Louisiana. Nato nel 1809 a Hodgenville (Kentucky) da una famiglia di pionieri, Lincoln si dedicò con successo agli studi giuridici. Passato alla storia come uomo calmo e riflessivo, in realtà era spesso preda di scatti d’ira incontrollabili (forse causati da pillole che mandava giù contro la depressione). Fu nel 1860 che i repubblicani lo candidarono alla presidenza: all’epoca non c’erano le primarie e il candidato veniva scelto dopo estenuanti dibattiti alla Convention di partito, dove ogni trucco era lecito. Lincoln, ad esempio, fece stampare gli inviti a un suo amico tipografo, Ward Lamon: di giorno Lamon preparava gli ingressi ufficiali, la notte li duplicava. I fan di Lincoln riuscirono così a lasciare senza posti i sostenitori del rivale Seward. Da presidente, portò con sé una capretta che girava per la Casa Bianca masticando tendaggi e divani. Un fanatico sudista, John Wilkes Booth, gli sparò in testa in un teatro di Washington il 14 aprile del 1865.