Corriere della Sera 17/11/2005, pag.47 Aldo Grasso, 17 novembre 2005
Lascia o raddoppia? Corriere della Sera 17/11/2005. «Lascia o raddoppia?» è stata la prima trasmissione cult della nostra tv
Lascia o raddoppia? Corriere della Sera 17/11/2005. «Lascia o raddoppia?» è stata la prima trasmissione cult della nostra tv. Il giovedì sera, l’Italia sembrava fermarsi per rispondere alle domande di Mike Bongiorno: i bar, le latterie, i circoli straripavano di gente, i cinema erano vampirizzati dalla tv (le proiezioni venivano interrotte), le strade apparivano deserte e tutti i televisori (non molti, in verità: nel 1954 non sono più di 88mila, solo nel 1963 salgono a 643mila) accesi per godere di quella inaspettata festa collettiva. «Lascia o raddoppia?» è stata la trasmissione che ha aperto in Italia il grande dibattito sulla cultura di massa, ben prima dell’avvento dei tascabili, ben prima di «Apocalittici e integrati», che è del 1964. Un grande intellettuale come Nicola Chiaromonte notava come la trasmissione mettesse in scena l’idea superstiziosa che della cultura hanno gli ignoranti e forse anche certe élite: «Non è poi tanto male che se ne faccia pubblico ludibrio». Gli rispondeva Carlo Levi, l’autore di «Cristo si è fermato a Eboli»: «Mille e mille nuovi Edipi, ogni settimana, in quell’ora di notte, affrontano la Sfinge, liberano il mondo e la propria anima dai mostri della confusione: si sentono testimoni del valore pratico e del valore assoluto del sapere. Nessuna altra esperienza potrebbe essere più viva, né più trionfale». «Lascia o raddoppia?» è stata la prima trasmissione che ha messo in scena il fantasma della modernizzazione, prima del boom economico: i concorrenti potevano sognare di portarsi a casa i famosi 5.125.000 (una cifra incredibile per un Paese ancora contadino, con una guerra persa alle spalle); potevano portarsi a casa una fiammante Fiat 600, il destriero della motorizzazione di massa, se solo avessero «lasciato» a quota 640.000 (quel clima è magistralmente ricostruito dal film C’eravamo tanto amati, 1974, scritto da Age & Scarpelli e diretto da Ettore Scola). «Lascia o raddoppia?» compie 50 anni: in onda per la prima volta il 19 novembre 1955 con una puntata sperimentale dal Teatro della Fiera di Milano (quella «vera» andrà in onda il 26 novembre; il quiz sarà poi spostato al giovedì per la protesta degli esercenti cinematografici), con il suo successo legittima la presenza della tv nella vita di tutti i giorni. Nel 1955 l’Italia si esprimeva di preferenza nei dialetti regionali e il principale mezzo di trasporto era ancora il treno. D’improvviso appare un giovanotto che presto diventerà il bersaglio delle più raffinate esegesi e che, per intanto, comincia a porre domande ai concorrenti in forma di quiz, sotto lo sguardo severo del mitico notaio Carlo Marchetti, il prototipo di tutti i notai televisivi. Le famiglie in possesso di un televisore tengono corte bandita (storicamente, l’unica parentesi umana nella vita di condominio) e il Paese comincia a vivere in diretta l’avventura della conoscenza, a condividere un sapere, a parlare un’unica lingua. La formula ripropone il meccanismo del quiz-show americano «The $ 64,000 Question», il primo big-money quiz della tv, uno strepitoso successo della Cbs chiuso dopo due anni, come altri famosi giochi a premi, per uno scandalo di vincite «guidate» (il quiz italiano è rimasto finora indenne da partite palesemente truccate); il programma è in realtà un adattamento del francese «Quitte ou double?» (da cui il titolo), del quale il produttore Guido Sacerdote aveva comprato il format per «risparmiare» sui diritti. Tuttavia la prima domanda fatta a «Lascia o raddoppia?» fa già intravedere la via italiana, melodrammatica, al telequiz («Qual è l’ultima opera composta da Verdi?». Risposta esatta di Lando Degoli: «Falstaff»); se confrontato con il modello americano, il quiz italiano si caratterizza infatti per una dilatazione «teatrale» dell’ automatismo ludico di fondo e al ritmo incalzante della domanda e risposta preferisce contrapporre personaggi, tipi, storie, emozioni, insomma quello che Mike chiamava «il contorno spettacolare». E così dal prorompente e censurato seno di Maria Luisa Garoppo, al dotto e ricercato frasario di Gianluigi Marianini, alla commovente storia di Marisa Zocchi, che giocava per poter comprare le medicine alla mamma malata, la galleria di eroi della trasmissione si anima: Lando Degoli, Adele Gallotti, le gemelle Appiotti, Filiberto Menna, Bruno Dossena, Mario Valdemarin, Aldo Barbadoro e tanti altri di cui si è persa memoria. I concorrenti, allora, diventavano famosi perché riuscivano a superare prove difficili, dovevano rivelare la loro bravura dimostrando una competenza specifica, insomma venivano consacrati personaggi televisivi solo a prezzo di sforzi non comuni. Per quattro anni e 191 puntate il telequiz ha monopolizzato i giovedì sera degli italiani. «Lascia o raddoppia?» e Mike Bongiorno vantano la più prestigiosa collezione di riflessioni e critiche, tanto da diventare immediatamente le due icone più riconoscibili della tv italiana. Da una parte i nemici del «dumbing down» (abbruttimento, instupidimento culturale) come Luciano Bianciardi («Mike è il più mediocre, quindi il più bravo»), Camilla Cederna, Umberto Eco; dall’altra i titolari di fan club come Totò, Mario Apollonio, Achille Campanile, Orio Vergani, Beniamino Placido. Su Mike se ne sono dette tante; lui ha risposto sempre con imperturbabilità orientale. Tanto da apparire circonfuso di luce propria, come accade alle star. «Lascia o raddoppia?» ha invece concluso la sua missione pedagogica con l’elevazione dell’obbligo scolastico alla terza media. Aldo Grasso