Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  novembre 17 Giovedì calendario

A Terni un milione di cartoline raccontano il tempo che fu Per esplorare un mondo di 10 centimetri per 15 ci vogliono nervi saldi

A Terni un milione di cartoline raccontano il tempo che fu Per esplorare un mondo di 10 centimetri per 15 ci vogliono nervi saldi. Capita spesso di perdersi». Non lo dice un puffo, ma la dottoressa Francesca Boscherini, che da anni, insieme all’esperta Benedetta Toso, sta riorganizzando con pazienza infinita una delle più ricche raccolte di cartoline italiane: quella dell’archivio della tipografia Alterocca di Terni. Un’azienda che a inizio Novecento trasformò in industria quella che fino ad allora era produzione artigianale. Fino a noi sono arrivati, in grande disordine, campionari, immagini inedite, prove di lavorazione, scarti, appunti, ecc. Si tratta di tutto quello che occorre per ricostruire la storia e l’evoluzione della cartolina in sé, e di come il mondo si rispecchiasse in quei pochi centimetri quadrati di cartone. Con l’occhio attento ci si vedono i germi del Socialismo del fondatore Virgilio Alterocca, che licenziava con intento didattico serie sui ”Promessi sposi” o sulle opere liriche, o la battaglia per la purezza della razza condotta a colpi di pennino da un anonimo ritoccatore, che riempiva di peli superflui la bella ragazza berbera fotografata in Libia. Un milione di immagini che ci raccontano l’Italia, i suoi desideri, le sue paure. I perentori «Via erbacce e galline dalla strada!» sulle foto mandate al ritocco svelano la vergogna per l’arretratezza di alcune zone, mentre la fine di un’epoca sta tutta nell’imperativo «Cancellare il busto del Duce» sulle ristampe del dopoguerra. L’archivio, grazie anche al Comune di Terni, diventerà presto un museo dell’immagine.