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 2005  novembre 13 Domenica calendario

Le notti di Marlene. La Repubblica 13/11/2005. Un giorno, un giorno qualsiasi, decise di uscire finalmente da se stessa, come dopo ogni spettacolo di cabaret usciva dal suo costume di scena: una specie di punitiva corazza di gomma, velo e lustrini che modellava un corpo finto di statua, perfetto, inventato, non più suo

Le notti di Marlene. La Repubblica 13/11/2005. Un giorno, un giorno qualsiasi, decise di uscire finalmente da se stessa, come dopo ogni spettacolo di cabaret usciva dal suo costume di scena: una specie di punitiva corazza di gomma, velo e lustrini che modellava un corpo finto di statua, perfetto, inventato, non più suo. Era il 1978, aveva 77 anni, un peso insopportabile per continuare a fingere, come voleva il mondo che ne pretendeva l´immortalità, un fascino, una bellezza, una sensualità eterni. Quell´anno, nella sua casa parigina, smise di essere Marlene Dietrich: si regalò il piacere di non combattere più, di non sottoporre più la sua stanchezza e la sua decadenza fisica a una disciplina quotidiana inumana e sempre più inutile. Si lasciò andare, finalmente, agli anni. Ma poiché il suo mito non doveva essere intaccato, quel mito a cui aveva dedicato tutta la vita, divenne totalmente invisibile. Molti anni prima lo aveva tentato un´altra leggendaria signora, la di lei più giovane Greta Garbo: ma pur ritirandosi da Hollywood e dalla celebrità e pur nascondendosi, la diva svedese continuava ad essere braccata, sadicamente, da chi voleva rubare una sua immagine degradata e avvilita. A lei, Marlene, non sarebbe successo: divenne una totale reclusa, difendendo sfrenatamente il suo diritto al dolore della vecchiaia con lo stesso accanimento con cui aveva prolungato sino all´impossibile il culto del suo incanto sul mondo intero. A poco a poco rifiutò di vedere persino i suoi amati nipoti, e per sua sola volontà, incattivita, non si alzò più dal letto, si adagiò tra lenzuola sporche, rifiutando di lavarsi, in preda all´alcol e alle droghe. Per 14 interminabili anni, sino alla morte, avvenuta nel maggio del 1992, visse così, in totale solitudine, finalmente libera dal terribile confronto con quello che lei era stata, libera dagli sguardi di pietà o delusione o disgusto degli altri, libera di ripensare a quella sua vita unica, meravigliosa, inimitabile, a tutti quegli uomini, tanti quanto poche altre donne hanno mai osato o potuto avere, uomini entrati col loro fascino universale nei sogni d´amore di quegli anni, e che avevano amato soprattutto lei: l´Angelo azzurro con cilindro e giarrettiere, la ragazza tedesca che per ogni amore cucinava una ricetta diversa, che per sentimentalismo e imperio accumulava contemporaneamente amanti ambosessi cui si dava senza piacere, per generosità intermittente e sfrontato narcisismo. E per esempio, racconta nel suo libro spietato (edito da Frassinelli nel ’93) la figlia Maria Riva, a Parigi, verso la fine degli anni Quaranta, quando la divina Marlene si avviava ai cinquant´anni, la sua ingorda situazione sentimentale era questa: in auge l´attore Michael Wilding, poi marito di Elizabeth Taylor, ostentava la sua devozione a un "cavaliere" di cui non si fa il nome, aveva una relazione con un´attrice americana, continuava a struggersi per Jean Gabin, riceveva un suo giocatore di baseball, si innamorava dello scrittore Eric Maria Remarque, ostentava capricci per un generale e per Edith Piaf, si infatuava di una splendida bionda tedesca che le rimase poi amica. Nella vita la diva finiva con l´essere funesta come nella maggior parte dei suoi film, dove quale spia, zingara, assassina, avventuriera, imperatrice, cortigiana, contessa zarista, adultera, cantante di taverna, cabaret, rivista, musical, straziava cuori innocenti e non: degli uomini, per il suo battere di ciglia finte sopra i grandi occhi chiari e per le sue famose gambe che appena sbucavano da lunghi abiti con lo strascico; delle donne, per gli stessi abiti di velo, sontuosi di strascico e piume anche nel deserto del Marocco, e per i suoi completi pantaloni bianchi o smoking neri, allora un assoluto azzardo peccaminoso. Secondo la figlia che mai la perdonò del suo amore possessivo e distratto, di non averla mai mandata a scuola per tenerla sempre vicino come cameriera bambina, di aver fatto finta di non sapere che a 15 anni la ragazzina era già alcolizzata e aveva subito violenza sessuale da un orribile governante, la venerazione degli uomini e del mondo per Marlene Dietrich, donna e diva, era, è, assolutamente immeritata. Oggi i suoi film comunicano ancora l´incanto lucente e il commovente mistero del bianco e nero: ma quel viso scavato e immobile, quelle sopracciglia rasate, quella voce roca, quei gesti fatali e incongrui, quei ruoli assurdi in film ormai del tutto pazzi, quel divismo irreale protratto all´estremo di quegli anni di grande cinema adesso impallidito dal tempo non toccano più il cuore delle emozioni. Per essere eterna Dietrich si è sepolta viva, ma il tempo non perdona e l´eternità alla fine le sta sfuggendo, e non si sa per quanto avrà ancora diritto a temporanee resurrezioni. Natalia Aspesi