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 2005  novembre 13 Domenica calendario

Nel villaggio dei pittori delle false Gioconde. La Repubblica 13/11/2005. Dafen. A un´ora di auto dalla metropoli industriale di Shenzhen nella Cina meridionale, appena entrati a Dafen si nota qualcosa di diverso

Nel villaggio dei pittori delle false Gioconde. La Repubblica 13/11/2005. Dafen. A un´ora di auto dalla metropoli industriale di Shenzhen nella Cina meridionale, appena entrati a Dafen si nota qualcosa di diverso. Il viavai dei Tir è sempre intenso ma ad un tratto le strade hanno nomi insoliti, scritti anche in inglese, come la "Via del ritratto da Vinci". Invece dei logo con le marche di jeans o di scarpe, di computer o di telefonini, le insegne delle officine qui pubblicizzano la Gioconda, la Creazione di Adamo della Cappella Sistina. Per gli abitanti è normale, Dafen è nota in tutta la Cina come "la città dei pittori". Non nel senso del ruolo che ebbe la Parigi degli impressionisti o la Vienna di Klimt. Non è qui che bisogna cercare l´avanguardia creativa cinese, i giovani artisti sperimentali. No, Dafen è la città dei pittori nel senso in cui Detroit è la capitale dell´automobile. In nessun altro luogo al mondo sono concentrati così tanti artigiani della tavolozza e del pennello: duemilasettecento secondo l´ultimo censimento. Dipingono giorno e notte, a ritmo continuo, in 145 "fabbriche dell´arte", concentrate sui chilometri quadrati con la più alta densità di ritrattisti al mondo. Dal 2002 - l´inizio del boom di Dafen - sono partiti da qui milioni di quadri, spediti in Asia America Europa, per lo più riproduzioni di capolavori celebri. Quintali di impressionisti. Tutti prima o poi abbiamo visto delle copie, di Gauguin o Toulouse Lautrec o Picasso: magari nelle case della piccola borghesia italiana di provincia tanti anni fa, o ancora oggi nella sala d´attesa di un dentista americano dello Iowa. Possiamo anche osservare all´opera qualche volenteroso facitore di riproduzioni che tenta di smerciare tele ai turisti sui marciapedi di Piazza Navona o di Montmartre. Ma quello è piccolo artigianato individuale, nessuno aveva mai immaginato un business delle dimensioni di Dafen: qui siamo su un´altra scala. I cinesi hanno intuito che anche in questo campo si poteva fare il grande salto verso la specializzazione industriale e la produzione di massa. Esiste un mercato insospettato, capace di assorbire quantità illimitate di Matisse da 15 euro, Rembrandt da 30 euro. La piccola borghesia di tanti paesi emergenti vuole dare un tono all´arredamento di casa. Le multinazionali asiatiche pensano di aggiungere un tocco occidentale ai loro uffici di rappresentanza. I grandi alberghi del turismo organizzato di massa devono appendere qualcosa in milioni di nuove camere da letto. Idem le navi-crociera delle vacanze tutto compreso. Perfino gli ospedali. Il pianeta intero è affollato di gru che tirano su palazzi, e qualcuno dovrà pur "vestire" tutte quelle pareti. Dafen produce per loro. I camion dei mercanti fanno su e giù tra i laboratori dei pittori, i porti di Shenzhen e di Hong Kong dove le navi portacontainer attendono quintali di impressionisti, Renoir Manet e Monet venduti al peso. In Russia va forte il Tintoretto. In Estremo Oriente al top delle vendite rimangono i Girasoli di Van Gogh. Forse in ricordo dell´epoca in cui i colossi finanziari giapponesi sbancavano le aste a Londra per comprare quelli veri. Non solo i grossisti, anche il cliente individuale può venire a fare acquisti a Dafen. Più di 300 gallerie espongono al pubblico un campionario del lavoro dei pittori. I negozi offrono mescolanze singolari, perché a Dafen si dipinge proprio di tutto, a richiesta. Non mancano i maxiritratti dei padri della patria Mao Zedong, Zhou Enlai e Deng Xiaoping, evidentemente hanno ancora una clientela fra i nostalgici del comunismo; ma per una involontaria ironia li si vede in vetrina accostati alla rinfusa al Bacio di Klimt, a una erotica Sofia Loren copiata dal celebre manifesto del film La Ciociara, al trio di calciatori brasiliani Ronaldo Rivaldo e Roberto Carlos. Gli artigiani cinesi si sono adeguati a Internet. Volete il ritratto dei vostri figli? Spedite per email una foto digitale, per un centinaio di euro (spedizione inclusa) mani esperte ne faranno un olio su tela, una tempera o un acrilico, della metratura esatta che serve per la vostra sala da pranzo. L´accozzaglia nelle vetrine non deve ingannare. Dietro, nei retrobottega che riforniscono i commercianti, vige la divisione industriale del lavoro. Gli atelier degli artisti sono in realtà catene di montaggio: decine di pittori per stanza, seduti o in piedi davanti ai cavalletti, immersi nella puzza delle vernici, lavorano a ritmi infernali col pennello e la spatola per rispettare i tempi delle consegne. I capireparto sono spesso ex professori di disegno, la manovalanza giovani diplomati dei licei artistici. Lavorano anche undici ore al giorno, dormono in fabbrica. Guadagnano "a cottimo", a seconda delle tele dipinte. In media un ragazzo di bottega può prendere una decina di euro al giorno, che è più del doppio di un salario operaio. Dopo un po´ di apprendistato ci si specializza. Ci sono le officine degli impressionisti e quelle del Rinascimento italiano, la ritrattistica e i produttori di paesaggi, il quartiere delle nature morte e la zona del surrealismo. Chen Xiangjun, 39 anni, è un gradino al di sopra della massa. Lui lavora su commissione ma in proprio. A Dafen si è conquistato una reputazione. uno degli autori di Gioconde. Mi invita a visitare casa sua, casa e ufficio s´intende. un loculo al primo piano di una palazzina dove mi accolgono file di mutande stese ad asciugare, l´odore del cavolo bollito, e una piccola moglie solerte che corre subito a comprare una lattina di Coca Cola da offrire al visitatore (e potenziale cliente). «Ho studiato arte classica all´università - dice con l´orgoglio controllato dei cinesi - e ho preso il diploma di laurea sulla pittura a olio. Per un anno ho fatto il professore in una scuola, ma il salario era troppo basso. Poi sono andato a dipingere in una fabbrica di arredamento. Ora eccomi qui nella città dei pittori. Io posso dipingervi qualunque cosa, basta che mi diate delle foto. Non mi chiedete di lavorare a memoria perché è molto più difficile. Monna Lisa è il mio forte. Posso dipingerla in tre o quattro giorni, olio su tela, lavorando più di otto ore al giorno senza interruzione. Il mio prezzo dipende sempre dalle ore lavorate, poi dalla familiarità del soggetto che mi chiedete, e infine dalle dimensioni della tela. Una buona Monna Lisa ve la vendo a 800 yuan (80 euro)». Lancia uno sguardo alla moglie, timoroso di aver sparato troppo alto perfino per un cliente occidentale, e aggiunge veloce: «Trattabili». Mostra una Gioconda che ha appena finito. Ha le guance leggermente più paffute rispetto all´originale, i riccioli dei capelli sono meno curati, i colori forse un po´ troppo luminosi, la prospettiva del paesaggio dietro di lei è semplificata. E naturalmente il sorriso misterioso di Leonardo non si lascia riprodurre con facilità. Per 80 euro, trattabili, ci si può accontentare? Chen forse intuisce che il visitatore italiano non è del tutto convinto, e si spiega meglio. «Questa l´ho fatta un po´ in fretta, è per un cliente che voleva spendere il minimo. La qualità è proporzionale al tempo che lei mi concede. Per esempio, se devo finire in pochi giorni, Monna Lisa mi viene con la pelle un po´ scura. Se lei mi paga di più le faccio una bella pelle bianchissima, come una vera regina». Tele ingiallite ad arte. A pochi metri dalla casa di Chen, la signora Hengchao gestisce invece un´officina di tre piani dove decine di ragazzi sono indaffarati a riprodurre delle gouaches napoletane dell´Ottocento. Fa ancora caldo qui nel Guangdong, il ventilatore non riesce a scacciare le mosche, i giovani artisti lavorano in maniche corte o in canottiera, curvi sulle tavolozze, concentrati e silenziosi. La padrona mi guida in un ripostiglio polveroso dove sono ammassate pile di riproduzioni: 20 euro la gouache napoletana. «Un mercante di Shenzhen - dice - me le compra a centinaia, poi lui le rivende in Italia». La signora non vuole rivelare la tecnica di "invecchiamento". Il prodotto finale è pieno di rughe, la tela è ingiallita anche sul retro, i colori hanno una patina d´antico. Qualcuno evidentemente ci casca, a giudicare dagli ordini abbondanti dell´esportatore di Shenzhen. Chissà che una di queste gouaches non sia finita addirittura, a prezzi centuplicati, da qualche antiquario in via del Babuino o a Brera. La padrona rifiuta di darmi il nome del grossista che rifornisce l´Italia. Nella sua officina siamo in una zona "grigia", un tipo di mestiere dove la città dei pittori confina con altre industrie cinesi specializzate nella contraffazione, nella pirateria, nel furto del copyright. Ma l´atelier delle gouaches napoletane è un´eccezione. Il grande business di Dafen è un altro. La città dei pittori non cerca di ingannare. I milioni di quadri che esporta nel mondo intero sono copie evidenti, dichiarate, fatte con assoluto candore. Leonardo da Vinci non viene derubato dei diritti d´autore. E presumibilmente tutti i clienti sanno che la Gioconda autentica o i Girasoli di Van Gogh non sono in vendita, tantomeno per 80 euro. Vista dalla città dei pittori perfino la pirateria, quella vera, appare sotto una luce un po´ diversa. Molto prima che in Occidente Walter Benjamin scrivesse L´opera d´arte nell´epoca della riproducibilità tecnica, molto prima che Andy Warhol scatenasse l´ironia della pop-art nella moltiplicazione delle immagini celebri, da oltre duemila anni in Cina la tradizione confuciana esalta il gesto di copiare come un omaggio amorevole e devoto verso l´artista originale. La storia dell´arte in Cina reca quell´impronta. Non è un caso se la civiltà più antica del mondo ha lasciato così poco di "antico" nel senso in cui lo intendiamo noi. Nell´estetica cinese ciò che è bello non è l´oggetto d´arte, ma il gesto dell´artista nel crearlo, e l´infinita ripetizione di quel gesto lo rende eterno. In chi copia c´è umiltà, c´è tensione verso l´apprendimento. Nel dopoguerra e fino agli anni Settanta i "pirati" per eccellenza erano i giapponesi. Nelle fiere industriali in Occidente degli avvisi proibivano categoricamente alle delegazioni giapponesi di portare con sé macchine fotografiche, perché loro fotografavano per rifare i prodotti americani, inglesi, tedeschi. Da quell´epoca è rimasta un´eredità: la leadership mondiale del Giappone nell´ottica di precisione, ricordo di un tempo in cui la macchina fotografica fu per loro un´arma strategica. In molti altri settori tecnologici il made in Japan oggi è talmente avanzato che noi abbiamo rinunciato a competere. I cinesi di oggi per questo aspetto sono i giapponesi di ieri. Hanno la stessa caparbietà nello studiare chi sta più avanti di loro, la stessa ansia di emulazione. La pirateria è contro le regole, ma tradisce anche una grande voglia di imparare. Sembra una metafora della Cina intera questa strana città di Dafen, con i suoi duemilasettecento pittori che faticano alla catena di montaggio, affittando i loro pennelli al servizio dei nostri desideri. Chen, chiuso nel suo stanzino da anni a fare Gioconde per poche centinaia di euro al mese, confessa con fierezza: «All´università ho studiato proprio il Cinquecento italiano». Quando gli chiedo se gli piacerebbe un giorno andare a vedere la vera Monna Lisa al Louvre, si illumina di un sorriso: «Naturalmente, è il desiderio di ogni pittore». Per un attimo un sogno gli passa negli occhi. Federico Rampini