MACCHINA DEL TEMPO DICEMBRE 2004, 16 novembre 2005
Secondo un gruppo di ricercatori dell’Università della Pennsylvania School of Medicine, quando diciamo una bugia alcune aree del cervello lavorano di più
Secondo un gruppo di ricercatori dell’Università della Pennsylvania School of Medicine, quando diciamo una bugia alcune aree del cervello lavorano di più. Gli scienziati, guidati da Daniel Langleben, hanno dato a diciotto volontari un oggetto da mettere in tasca, quindi gli hanno mostrato diverse immagini in sequenza, compresa l’immagine dell’oggetto in loro possesso. In base alle istruzioni ricevute all’inizio del test, i volontari, collegati a un’apparecchiatura che monitorava la risonanza magnetica del loro cervello, dovevano mentire, negando che l’oggetto mostrato era proprio quello che tenevano in tasca. Al momento della bugia, la risonanza magnetica ha mostrato una forte attivazione di alcune aree del cervello: l’area anteriore della corteccia e quella frontale superiore. «Sembra che, per poter elaborare l’inganno», ha spiegato Langleben, «il cervello debba prima inibire la verità, che sarebbe la risposta più istintiva». Da qui i ricercatori si sono convinti di aver trovato una nuova macchina della verità più affidabile del tradizionale poligrafo: «Ma questo modello è tutt’altro che infallibile e appare prematura qualsiasi applicazione».