MACCHINA DEL TEMPO DICEMBRE 2004, 16 novembre 2005
I fotografi inglesi, per convincere al sorriso i musoni, li invitano a dire cheese, cioè formaggio
I fotografi inglesi, per convincere al sorriso i musoni, li invitano a dire cheese, cioè formaggio. Angus Trumble, nel libro ”A Brief History of Smile”, racconta che l’abitudine di stuzzicare il riso con la parola cheese nacque in Inghilterra intorno al 1920: «Il fotografo dandy Cecil Beaton preferiva però lesbian, mentre Nancy Mitford, nella novella ”Love in a Cold Climate”, suggerisce alle signore di dire brush prima di entrare in una stanza, perché così si fisserebbe sul loro volto, per un istante, un’espressione molto lieta». Come afferma sempre Trumble, sono molti gli equivalenti di cheese nelle altre lingue, e quasi tutti hanno a che fare col cibo. «Gli spagnoli dicono patata, i danesi applesin (arancia), gli svedesi omelett, i finlandesi muikku (un pesce), i coreani kim chi (cavolo), i polacchi dzem (marmellata), i cinesi ch’ieh tzu (melanzana), i giapponesi whisky, i cecoslovacchi syr (formaggio). Greci e tedeschi non dicono nulla. I malesi e altri musulmani, certe tribù di gitani, gli indiani dell’America del Nord e gli aborigeni australiani, evitando le foto per tradizione, tacciono anch’essi. Altri linguaggi hanno semplicemente adottato l’inglese cheese, come ad esempio il russo, il norvegese, l’ungherese, l’ebreo moderno». E, si sa, anche l’italiano.