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 2005  novembre 16 Mercoledì calendario

« nel convento di clausura che l’uomo comincia a udire». La Stampa 16/11/2005. Berlino. Quanta bellezza, nella «Grande Chartreuse» di Grenoble

« nel convento di clausura che l’uomo comincia a udire». La Stampa 16/11/2005. Berlino. Quanta bellezza, nella «Grande Chartreuse» di Grenoble. E quanto silenzio. Quindici monaci che vivono in clausura senza mai parlare: l’unico suono è la campana che ogni due ore li chiama alla preghiera, l’unica voce è l’unisono del canto gregoriano. Intorno i dirupi, i boschi, l’orto. In questo romitaggio da mille anni sempre uguale è entrato - con la sua telecamera - il regista tedesco Philip Groening. L’aveva chiesto nel 1984, gli hanno risposto nel 2002 con un biglietto: «Sì, ora siamo pronti». Per sei mesi ha vissuto come un monaco, si è alzato la notte ogni tre ore per la preghiera, ha spaccato la legna, sarchiato la terra, pulito verdure, pregato, filmato. Aveva 120 ore di materiale, dopo il montaggio ne sono rimaste quasi tre: un tempo lunghissimo, per un film. Soprattutto se non c’è azione né parola. Ora Il grande silenzio - presentato a Venezia lo scorso settembre - è arrivato nelle sale tedesche ed è un successo. «L’esperienza più profonda che un regista possa trasmettere a uno spettatore è la percezione del tempo - ha spiegato Groening -. Di solito questa esperienza viene coperta dalla storia e dalla parola, il mio film la porta in superficie». Naturalmente c’è una trama: la vita quotidiana di 15 uomini che vivono in comunità, ma ognuno per conto suo. Non è però la trama che conta. Il film è una grande meditazione sul senso della vita, la bellezza del mondo, la quotidianità. «Sì, siamo felici», dice alla fine l’anziano monaco cieco. Ogni gesto è vissuto con grande lentezza e chiara consapevolezza di che cosa esso sia. La povertà - quasi struggente, con i piedi nudi nei sandali e la piccola stufa nel gelo degli inverni alpini - non è miseria, è rispetto delle cose, «perché tutto è stato fatto dalle mani di un uomo». Dopo aver mangiato, i monaci sfregano le vecchie posate di latta come argenteria di famiglia. E il monaco-sarto cerca i bottoni per il mantello del novizio nella scatola dove ha messo quelli tolti ai mantelli dei confratelli defunti. Quando taglia la nuova tunica, si sente il rumore delle forbici che aprono la stoffa. «Solo nel silenzio l’uomo comincia a udire», dice il regista. E confessa che il fruscio della sua giacca gli era diventato insopportabile. Marina Verna