Il Sole 24 Ore 13/11/2005, pag.30 Gianfranco Ravasi, 13 novembre 2005
La Bibbia presa alla lettera. Il Sole 24 Ore 13/11/2005. Fermoposta – novembre 2005. Monsignor Ravasi, ho letto con molto interesse il Suo articolo di apertura al supplemento di domenica 6 novembre A lezione di Bibbia e ne condivido l’appello sotteso
La Bibbia presa alla lettera. Il Sole 24 Ore 13/11/2005. Fermoposta – novembre 2005. Monsignor Ravasi, ho letto con molto interesse il Suo articolo di apertura al supplemento di domenica 6 novembre A lezione di Bibbia e ne condivido l’appello sotteso. Ho solo una riserva e una domanda da rivolgerLe. Sarò telegrafica, lasciandoLe una parte del mio spazio, perché possa rispondermi più compiutamente. La riserva: la critica che Lei fa ai film biblici è eccessiva perché c’è, ad esempio, anche il Vangelo secondo Matteo di Pasolini... La domanda: mi può spiegare una volta per tutte in modo approfondito cosa sia il fondamentalismo biblico e quale sia la sua aporia? Valentina Riggio - Pomezia La ”copertina” del supplemento della scorsa domenica ha sollecitato una reazione molto vasta da parte dei lettori non solo con l’adesione all’appello di Biblia ma anche con una serie di lettere di vario genere e qualità. Ne elenco i mittenti, con l’intenzione in futuro di riprendere alcune delle loro lettere: Angelo Basso, Lucio Bertoli Barsotti, Raffaele Ibba, Laura Mensa, Agostino Pendola, Riccardo Redi, Piero Riccardi, Filippo Sanzeni. Ho optato per la lettera della sig.ra Riggio (sul cinema ha ragione: penso anche al Decalogo di Kies_owski o alla ”Genesi” cc. 1-11 di Olmi per la Lux-Vide, la quale ha fatto accostare in un primo approccio vari libri biblici a platee immense di telespettatori) perché tocca una questione molto viva ai nostri giorni. A Fort Niagara (stato di New York) nel 1895 si riunì il Congresso Biblico Americano, costituito dagli esegeti protestanti a prevalenza conservatrice. Alla fine dei suoi lavori emise un documento in cui si formalizzavano cinque verità bibliche ”fondamentali” del tutto imprescindibili e indiscutibili: l’inerranza verbale o verità letterale delle Scritture, la divinità di Cristo, la sua nascita verginale, la dottrina dell’espiazione vicaria del peccato umano da parte di Gesù, la sua e nostra risurrezione corporale (per l’umanità alla seconda venuta di Cristo). Proprio questo ricorso ai ”fondamentali” della fede dette origine al termine ”fondamentalismo”, applicato poi ad altre correnti religiose e, per analogia, soprattutto al mondo musulmano. La proposta di Fort Niagara fu sostenuta tra il 1905 e il 1915 con una diffusione capillare di 12 volumetti intitolati I fondamenti: una testimonianza alla Verità, soprattutto tra i pastori delle varie denominazioni protestanti americane. Nacque, così, nel 1919 l’Associazione Fondamentalista Cristiana Mondiale. L’interesse sulla questione si estese anche al grosso pubblico nel 1925 in occasione del cosiddetto ”processo della scimmia”, allorché i fondamentalisti denunciarono in sede giudiziaria un professore di una scuola superiore di Dayton (Tennessee), tale John Scope, perché insegnava la teoria evoluzionista che, a loro avviso, militava contro la dottrina creazionista insegnata dalle Scritture. Il movimento creò una divisione nelle stesse Chiese protestanti americane, e progressivamente entrò in crisi, soprattutto a causa dello scontro radicale ingaggiato con la scienza. Attorno agli anni ’70 del secolo scorso si registrò, però, una forte rinascita del fondamentalismo sia con l’uso dei mezzi televisivi (i cosiddetti ”telepredicatori”), sia attraverso intrecci con la politica (la ”Maggioranza morale” e, più recentemente, i ”teo-conservatori”), sia col contributo di forti gruppi religiosi come i Testimoni di Geova e persino di sètte marginali ma economicamente prospere, sia in forme più blande, come nei movimenti di taglio spiritual-carismatico o tra i cosiddetti ”evangelicali”. Frattanto il fondamentalismo si era diffuso anche in Europa, Africa, Asia e in modo vigoroso in America Latina. Pur partendo da un’esigenza autentica di fedeltà dottrinale e spesso da buona fede personale, questo approccio al testo sacro è metodologicamente erroneo perché imbocca la via della negazione dell’Incarnazione e quindi della storicità della Rivelazione cristiana. Infatti se ”il Verbo si è fatto carne”, questo significa che la Parola di Dio è stata espressa in un linguaggio umano ed è stata redatta, sotto l’ispirazione divina, da autori umani che si esprimevano secondo le coordinate storico-culturali in cui erano inseriti, usando modelli linguistici, visioni del mondo datate, generi letterari, fraseologie e simbologie condizionate da una determinata epoca storica. Ignorando questa dimensione ”incarnata”, assumendo alla ”lettera” i passi biblici, respingendo ogni corretta interpretazione e analisi storico-critica, si può non solo stravolgere la genuina comunicazione che la Bibbia vuole fare col suo linguaggio ma anche paradossalmente raggiungere esiti antitetici. Per stare ai Vangeli, i fondamentalisti ignorano che essi non sono solo la presentazione diretta del Gesù storico, ma che la loro formazione coinvolge anche l’intervento della fede pasquale della Chiesa e le prospettive teologiche dei vari evangelisti: con questo atteggiamento come possono spiegare - poniamo - la diversità tra le ”Beatitudini” riferite da Matteo e quelle di Luca? O scegli le prime e rigetti le seconde (che, tra l’altro, comprendono anche le ”maledizioni”) o viceversa. In realtà esse rispecchiano un fenomeno storico e teologico che manifesta proprio l’incarnazione e l’attualizzazione della parola di Gesù nel contesto storico-ecclesiale. In questa luce si può dire che le lontane radici del fondamentalismo sono da ricercare alle stesse sorgenti della Riforma protestante col principio della Sola Scriptura. Adottato meccanicamente, questo principio cancellava l’interpretazione della Bibbia nella Tradizione. Per questo non di rado il fondamentalismo è anti-ecclesiale e si sviluppa appunto in ambiti spesso isolazionistici che considerano come diabolico tutto ciò che è fuori dal loro perimetro asettico. Certo, se l’interpretazione non segue canoni specifici e rigorosi sia di indole storico-critica sia di taglio teologico, si possono col rivestimento storico-letterario elidere e dissolvere anche i ”fondamenti”. Questo, però, non giustifica la negazione della realtà vera delle Scritture, parola di Dio in parole umane che esigono decifrazione e comprensione e che non sono frutto di un ”dettato” divino parola per parola. Come osservava la Pontificia Commissione Biblica nel suo documento sull’ Interpretazione della Bibbia nella Chiesa (1993), ”il fondamentalismo invita, senza dirlo, a una forma di suicidio del pensiero. Mette nella vita una falsa certezza, perché confonde incosciamente i limiti umani del messaggio biblico con la sostanza divina dello stesso messaggio”. Anche se Paolo usa questa frase in un’altra prospettiva, potremmo riconoscere che per il fondamentalismo non di rado accade che ”la lettera uccide”, mentre è ”lo Spirito che dà la vita” (2 Corinzi 3, 6). Gianfranco Ravasi