MACCHINA DEL TEMPO GENNAIO FEBBRAIO 2005, 15 novembre 2005
Cogliere al volo un’idea vincente, lavorare e studiare per renderla concreta, trovare aiuti per svilupparla e trasformarla in un business innovativo: non c’è inventore che non abbia desiderato simili opportunità
Cogliere al volo un’idea vincente, lavorare e studiare per renderla concreta, trovare aiuti per svilupparla e trasformarla in un business innovativo: non c’è inventore che non abbia desiderato simili opportunità. Oggi l’occasione di una vita esiste. Si chiama ”Start Cup” ed è un concorso che conta ben otto diverse edizioni locali, organizzate dal Politecnico di Torino, dal Consorzio Politecnico Innovazione del Politecnico di Milano, dalle Università degli Studi di Bologna, di Padova, di Udine, di Perugia, di Trieste e dalla ”Federico II” di Napoli. Lo scopo: permettere a idee innovative di affrontare il difficile momento della costituzione di un’azienda. Il colpo di genio isolato, infatti, non basta. Perché un’idea diventi un business, occorrono fondi e una solida organizzazione, provvida di strumenti materiali e manageriali. Per chi vince una Start Cup, quindi, il vero premio non è soltanto la somma di denaro messa in palio, ma soprattutto la possibilità di essere assistito da un vero e proprio ”acceleratore d’impresa”. Il nome parla da solo: un’incubatrice per sostenere e guidare i neoimprenditori tra nascita e primi vagiti. Macchina del Tempo è andata a curiosare all’ultima edizione (la seconda, del 20 ottobre scorso) della Start Cup istituita dal Politecnico milanese, per scegliere tra i 42 progetti in competizione quelli che ci sono parsi più interessanti, senza classifiche e premiazioni. Ne abbiamo individuati sette, che secondo noi ben rappresentano il connubio tra ricerca scientifica e impresa commerciale. E che fanno ben sperare per il futuro. CR&S – La moto-cicletta dei sogni La moto dei sogni, quella che ogni vero centauro vorrebbe domare, abita qui, anche se il caso di Alessandro Isacchi, Federico Lippolis e Giuseppe Valli, poco più che ventenni ormai prossimi alla laurea in Ingegneria Gestionale, è un po’ sui generis. Perché questo ardente desiderio non è venuto a loro personalmente, ma a tre professionisti di successo, che nel 2002 costituirono la Cr&s (Café Racers & Superbikes, www.crs-motorcy cles.com). A questi estrosi individui i tre studenti hanno prestato le loro competenze, per stilare un business plan a prova di Grand Prix. «C’erano una volta tre amici al bar» racconta Lippolis «accomunati dalla passione per il motociclismo. Una sera decisero di pensare con serietà a quali caratteristiche avrebbe dovuto avere la moto ideale per la guida divertente, come quella sulle strade di montagna, ricche di curve. Con un fazzoletto scarabocchiato si recarono da Roberto Pattoni, patron della Paton, il più blasonato costruttore di moto da Gran Premio d’Italia. Pattoni fu così entusiasta dell’idea che divenne responsabile tecnico della Cr&s. In breve, la ”Vun” (’uno”, in milanese) nacque così». La ”Vun” è una moto monocilindrica, leggera, per la quale è stata coniata una nuova categoria: la ”mistostretto”. Sarà prodotta artigianalmente (non oltre 100 modelli l’anno) e sarà personalizzabile. Il costo presunto sarà sui 10 mila euro. AIDA – Tecnologie informatiche per i disabili Simone Soria ha 25 anni e dalla nascita è affetto da tetraparesi spastica grave, una malattia che gli impedisce di usare correttamente le mani e lo confina su una sedia a rotelle. Possiede però un cervello da podio olimpionico: a 24 anni si laurea con lode in ingegneria informatica e accarezza l’idea di sviluppare nuove tecnologie per chi, come lui, ha bisogno di strumenti per comunicare con gli altri. Nasce l’idea di una cooperativa sociale, ancora da costituirsi: l’Aida (Ausili e informatica per anziani e disabili, www.aidalabs.com). Il primo traguardo è FaceMOUSE. « un programma per computer che permette a persone disabili, con ridottissime capacità motorie o soggette a spasmi involontari, di gestire il mouse ed eseguire comandi senza utilizzare le mani» svela Soria. «Grazie a un normale computer e a una semplice webcam, FaceMOUSE permette di comunicare, scrivere, navigare in Internet, telefonare, comandare la propria casa automatizzata e molto altro ancora». Basta sedersi di fronte al computer e muovere la testa (o, meglio, un elemento del volto come il naso, l’occhio, il mento): il cursore segue i movimenti e si sposta in tempo reale sullo schermo. Inoltre, il software può esser controllato da qualsiasi parte del corpo che la persona può usare correttamente: in questo modo, si adatta al maggior numero di tipologie di handicap. A tutt’oggi, è l’unico sistema adatto anche a disabili motori gravissimi. DOLLOS Sicurezza a prova di bomba Evitare furti, truffe e contraffazioni è la prima direttiva di Dollos, l’azienda di Andrea Cogliati (33 anni, laureato in matematica), Cristina Canavesi (23 anni, prossima a traguardi ingegneristici) e Chiara Bergamini (27 anni, laurea in scienze dell’educazione). Un team apparentemente atipico per un’idea facile a dirsi, meno a farsi: escogitare un’identificazione a prova di bomba, in grado di metterci al sicuro da ogni possibile raggiro. «La nostra attenzione si è volta subito verso l’autentificazione biometrica» spiega Cogliati «cioè il processo con cui un individuo prova in modo certo la propria identità a un’altra entità (umana o elettronica), sfruttando una caratteristica fisiologica, come l’impronta digitale, la mappa dell’iride, la forma del volto e così via». Insomma, qualcosa che spazzi via in un sol colpo password, Pin, carte magnetiche e quant’altro. «Il nostro prodotto si chiama BioAuthentiFrame» prosegue Cogliati. « un sistema d’autenticazione integrabile con i sistemi operativi Microsoft Windows e, grosso modo, funziona così: l’impronta digitale di una persona viene letta da un dispositivo e trasportata su una smart card crittografica, che rimane sempre in possesso dell’utente. In questo formato, può essere utilizzata per autenticarci in ogni occasione, come in una transazione o in una comunicazione». Il prodotto è, almeno per ora, rivolto a studi professionali di notai, avvocati, commercialisti, piccole imprese, in cui i requisiti di riservatezza siano stringenti. ECOCHIRURGICA Demolire con il diamante Si chiama ”Ecochirurgica” la società agognata da Luigi Boselli, Pietro Muzzio, Franco Ragazzini e Valeria Vallari, tutti 24enni e vicinissimi alla laurea in Ingegneria Gestionale. In poche parole, è un’impresa di demolizioni dove, al posto di martelli pneumatici, cariche di dinamite e altre amenità del genere, ci sono strumenti diamantati, in grado di operare con estrema precisione. «Non per niente la definiamo ”demolizione chirurgica”» afferma Muzzio. «In realtà, alla Start Cup non abbiamo presentato un prodotto innovativo, ma un servizio nuovo con mezzi già esistenti, come sono appunto gli attrezzi diamantati. In Italia, sono ancora poche le società di questo tipo rispetto all’estero». Uno strumento diamantato, in pratica, non è altro che un utensile la cui parte tagliente è costituita da granuli di diamante, naturale o sintetico. Oltre alla precisione, altri vantaggi sono dati dall’assenza di vibrazioni nocive e di polvere, dalla bassa rumorosità e dalla possibilità di operare in situazioni molto difficili. «Per esempio: aprire il vano di una finestra con un martello pneumatico, oltre a essere un lavoro impreciso, indebolisce l’intera struttura. Un disco diamantato può invece crearlo con precisione assoluta, senza provocare cedimenti indesiderati», conclude Muzzio. ESOSCHELETRO Un aiuto per i disabili Daniele Bossi ha 32 anni ed è perito elettronico. Da anni lavora a un apparecchio che permetta ai disabili motori di camminare, anche per poche ore. «Credo che non essere un ingegnere vero e proprio mi abbia facilitato nella ricerca e nella progettazione» afferma Bossi (danyboss@libero.it). «Nel senso che non mi sono mai sentito vincolato da schemi mentali precostituiti. Sono un tecnico e affronto problemi tecnici: se esiste una tecnologia da utilizzare o da perfezionare, lo faccio senza grossi problemi teorici». L’obiettivo è chiaro da sempre: un sostegno alla deambulazione, con un grado di autonomia tale da consentire a una persona disabile di alzarsi da una sedia, di poter restare senza assistenza per alcune ore. «Insomma, non mi faccio e non creo illusioni», dice ancora Bossi. «Il mio esoscheletro è un apparecchio ingombrante, ma che può essere di valido aiuto per chi ha malattie debilitanti all’apparato muscolare, soprattutto per le persone colpite da sclerosi multipla. Con questa struttura, per alcune ore possono sentirsi indipendenti. Credo sia un risultato». Ma per costruire il prototipo occorrono soldi. «Per questo partecipo a quanti più concorsi posso e cerco qualcuno che possa finanziarmi. Persone che vadano oltre la mera speculazione» conclude. «Basterebbero altri 50 mila euro per costruire il modello. Spero di riuscire a trovarli presto, affinché il mio esoscheletro diventi una speranza per i tanti che ne hanno bisogno». QUANTUMATICA La fisica del futuro Sebbene tutti i concorrenti di Start Cup pensino al futuro, lo sguardo di Giovanni della Rossa è quello che si spinge più lontano. Ha 53 anni e da oltre venti si definisce imprenditore scientifico. «Spingersi sempre un po’ più avanti» è il suo motto. «Guardare sempre al di là dell’orizzonte quotidiano». La sua creatura aziendale, ”Quantumatica” (un neologismo per indicare l’informatica quantistica), è degno specchio di tale personalità. «Ho vissuto e lavorato a lungo negli States» e racconta. «Ora torno in patria con quattro brevetti ottenuti in collaborazione con il Jet Propulsion Laboratory della Nasa». la fisica quantistica a costituire l’oggetto delle ricerche di Giovanni della Rossa. «L’impresa che vorrei creare intende ricercare e sfruttare nella pratica le possibilità aperte dalla fisica quantistica. Per fare un esempio, i miei primi brevetti riguardano l’interferometria quantistica, applicabile alla litografia quantistica: in pratica, la capacità di disegnare i circuiti dei chip dalla risoluzione impensabile con le odierne tecniche di produzione. Otterremo microchip più piccoli e più potenti, senza dover investire in costose nuove apparecchiature». E conclude: «Ma c’è anche dell’altro. Legata al mondo quantistico è tutta una serie di fenomeni, utilizzabile per un nuovo paradigma dell’informatica, in grado di rivoluzionare l’attuale concezione del computer». WI-FI E Banda larga per i media I tre moschettieri della ”comunicazione senza fili” si chiamano Dario Brenna, Vincenzo Oliviero e Andrea Orioli. Il primo è laurando alla Bocconi di Milano, gli ultimi due si avvicinano al traguardo in Ingegneria Informatica. Età compresa, quindi, tra i 23 e i 24 anni. «Il Wi-fi (Wireless Fidelity) è un protocollo di trasmissione wireless (cioè senza fili) per reti ad ”alta velocità” (o ”a banda larga”), che garantisce l’interoperabilità tra soluzioni wireless diverse: altri computer, cellulari e così via» illustra Andrea Orioli. « una tecnologia già esistente, ormai sulla bocca di tutti. Con il protocollo Wi-fi si può – ad esempio – navigare in Internet con un computer portatile, senza essere vincolati a una linea fissa o a un cellulare». Di solito, una rete Wi-fi utilizza un network con stazioni base (Access Point), in grado di garantire la copertura radio di tutte le postazioni mobili presenti in una determinata area (in un raggio di circa 50-100 metri). L’idea vincente è coniugare la tecnologia Wi-fi alla trasmissione satellitare. «Così è possibile creare reti temporanee» e sottolinea Orioli. «Sarebbe un vantaggio enorme per gli operatori della comunicazione. Un giornalista che segue una regata in mezzo all’oceano potrà inviare in redazione filmati, foto ad alta risoluzione, articoli e commenti audio in tempo reale». Insomma, un modo nuovo per ”vivere” in diretta qualsiasi evento mediatico.