MACCHINA DEL TEMPO GENNAIO FEBBRAIO 2005, 15 novembre 2005
Rinunciare all’allattamento al seno per curarsi, o allattare e non assumere farmaci ? Un dilemma per molte mamme che scelgono l’allattamento naturale, quando devono curarsi anche un’influenza
Rinunciare all’allattamento al seno per curarsi, o allattare e non assumere farmaci ? Un dilemma per molte mamme che scelgono l’allattamento naturale, quando devono curarsi anche un’influenza. Una ricerca pubblicata nel 2004 sull’European Journal of Clinical Nutrition, rivela che su un 30% di puerpere che si pone il quesito "allattare o non allattare?", il 2,4% interrompe l’allattamento, l’11% non lo inizia affatto per timore di intossicare il bambino. Le mamme si documentano e quando leggono i Pil, i foglietti informativi che accompagnano ogni farmaco, sono più confuse di prima. Spesso vengono riportate frasi sibilline come ”controindicato in gravidanza e durante l’allattamento”. In questo modo, le case farmaceutiche invitano la paziente a una cautela che, in molti casi, non è supportata da evidenze sperimentali. Le cifre raccolte nel corso di una recente indagine dell’ l’Agenzia Italiana del Farmaco, sono indicative: dei circa 11.200 medicamenti presenti sul mercato italiano, l’80% è controindicato in gravidanza e allattamento, il 2% non è controindicato e il 18% non riporta indicazioni specifiche. «Le aziende», spiega Antonio Addis, responsabile dell’Ufficio Informazioni dell’Aifa «stanno sulla difensiva perché temono cause per scarsa o inesatta informazione». C’è poi una certa disomogeneità tra le agenzie internazionali incaricate di definire direttive in materia di farmaci. «La Fda degli Stati Uniti», dice Addis, «dà il via libera all’uso di un farmaco in allattamento se esistono studi che ne documentano l’innocuità. In Australia, l’ok arriva se non ci sono studi che ne dimostrano la tossicità». Alcune reazioni collaterali sono però documentate: certi antibiotici possono dare diarrea, analgesici e sedativi assunti dalla madre talvolta inducono sonnolenza nel bambino mentre gli antistaminici lo rendono irritabile. Nel dubbio, prevale il mito che, se è bene evitare cibi che danno un gusto particolare al latte, quali cavoli, carciofi, asparagi e cipolle, a maggior ragione sono da evitare le medicine. Giusto o sbagliato? «Studi recenti hanno dimostrato che, in generale, al neonato arriva una parte davvero trascurabile della dose di farmaco assunta dalla madre», spiega Thomas Hale, della Texas University School of Medicine. «Un’indagine su donne affette da diabete di tipo II non-insulino-dipendente che assumevano metformina (farmaco che riduce la glicemia) ha rivelato che il neonato è esposto a una quantità di farmaco pari allo 0,28% di quella materna. Valore ben al di sotto della soglia del 10% raccomandata a titolo cautelare». Nel latte materno non passa proprio tutto, e ciò che passa non sempre è assorbito dal bambino. «Le molecole molto grosse sono trattenute all’esterno», conferma Riccardo Davanzo, pediatra neonatologo dell’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste: «Ne è un esempio l’eparina, un anticoagulante somministrato dopo il parto. Viceversa, ci sono farmaci come gli antibiotici che, pur entrando nel latte materno, non vengono assorbiti dal bambino. Molti antibiotici vengono infatti somministrati alla madre mediante iniezioni intramuscolo perché oralmente non vengono assorbiti. Lo stesso accade al bambino, che li assume col latte ma non li assorbe. Ma in alcune situazioni è d’obbligo consultare il medico. Per esempio, nel caso di una forte depressione post-partum è probabile che il medico consigli farmaci antidepressivi come quelli che bloccano la captazione della serotonina (la molecola collegata alla depressione), compatibili con l’allattamento. Un grosso errore? Affidarsi a rimedi a base di erbe, nella convinzione che siano meno pericolosi. «Nel fai-da-te medico si assumono preparati non certificati» avverte Davanzo «E si corrono due rischi: insufficienti effetti sulla mamma e danni al bambino».