Corriere della Sera 15/11/2005, pag.11 Francesco Verderami, 15 novembre 2005
Proporzionale, il premier pronto a sfidare Ciampi. Corriere della Sera 15/11/2005. Roma. Era il 15 maggio del 1999 quando Ciampi fu eletto presidente della Repubblica, e l’inizio del semestre bianco non ha solo il significato di una ricorrenza, ma è un tornante politico importante: da ieri il capo dello Stato non può più sciogliere anticipatamente le Camere
Proporzionale, il premier pronto a sfidare Ciampi. Corriere della Sera 15/11/2005. Roma. Era il 15 maggio del 1999 quando Ciampi fu eletto presidente della Repubblica, e l’inizio del semestre bianco non ha solo il significato di una ricorrenza, ma è un tornante politico importante: da ieri il capo dello Stato non può più sciogliere anticipatamente le Camere. Si tratta di un potere che la massima carica istituzionale non ha mai inteso esercitare, ma che nel Polo era considerato una potenziale arma puntata contro la legge elettorale: perciò la maggioranza aveva deciso di posticiparne l’esame al Senato dopo la devolution, per porla al riparo da ogni possibile minaccia. Certo, Ciampi potrebbe sempre rinviare la legge alle Camere. Autorevoli membri del governo sostengono che dal Colle «giungono segnali rassicuranti», eppure venerdì scorso Berlusconi – durante un colloquio riservato – si era espresso in ben altro modo: «Sono pressoché certo che il Quirinale rimanderà in Parlamento la riforma». Non è dato sapere se fosse solo un presentimento o un’anticipazione, è certo che in quel caso il Cavaliere sarebbe pronto allo scontro istituzionale, perché non è intenzionato a modificare la legge elettorale, semmai la ripresenterebbe al Colle così com’è, senza le eventuali correzioni richieste. E allora Ciampi sarebbe costretto a firmarla. Come se non bastasse, Berlusconi sfrutterebbe l’evento per far saltare l’intesa sulla data delle elezioni, previste il 9 di aprile: siccome il Parlamento avrebbe bisogno di tempo per riesaminare comunque la riforma, le Camere non potrebbero essere sciolte in tempo utile per tener fede all’intesa. E le Politiche slitterebbero «a fine maggio». Perciò in questi giorni il ministro dell’Interno si è fatto prudente: «Per il momento non posso confermare la scadenza di aprile». Peraltro il Viminale ha fatto sapere che avrà bisogno di tre mesi per organizzarsi con il nuovo sistema di voto. «Fosse per Berlusconi – sussurrano nel Polo – il patto sul 9 aprile sarebbe già sciolto, ma non può». A meno che non si apra lo scontro sulla legge elettorale. Ciampi lo sa, ed è irritato per questo braccio di ferro silenzioso. chiaro che la scelta della data non rappresenta solo una decisione tecnica, ma cela differenti logiche politiche. In fondo, basta osservare il calendario della prossima primavera: voto per il rinnovo delle Camere; due turni di Amministrative; referendum confermativo sulla riforma costituzionale. Il tutto mentre il nuovo Parlamento sarà chiamato a eleggere il nuovo capo dello Stato. Ciampi ha chiesto le Politiche per il 9 aprile così da far coincidere la fine del suo settennato con l’elezione del prossimo inquilino del Colle. Nei mesi scorsi una delle ipotesi tenute in considerazione nel centro-sinistra era che l’attuale presidente potesse succedere a se stesso. Tuttavia, in caso di vittoria, una simile mossa potrebbe creare dei problemi nella divisione degli incarichi tra i leader dell’Unione. Quanto al Polo, non si esclude che l’argomento sia stato affrontato nell’ultimo colloquio tra il capo dello Stato e il premier. Se invece il voto slittasse a maggio, cambierebbe tutto. Il Cavaliere gradirebbe in cuor suo la scelta perché convinto di poter meglio recuperare lo svantaggio su Prodi. In quel caso Ciampi rimarrebbe al Quirinale in regime di proroga, come prevede la Costituzione, fino al cambio della guardia. Ma a quel punto Berlusconi sarebbe stretto tra due fuochi: da un lato dovrebbe aggirare lo scoglio dell’election day, a lui sgradito, che imporrebbe il voto congiunto delle Politiche con le Amministrative; e in più dovrebbe trovare una data per il referendum sulla devolution. I tecnici del Polo, sostengono che la consultazione potrebbe tenersi tra il 20 aprile e il 10 agosto, e non escludono che il governo decida di spostare il difficile appuntamento in autunno. Più che un ingorgo istituzionale è un giro di Risiko senza precedenti. Stavolta chi vince, vince tutto. Infatti il premier – come spiega un ministro – «oggi ha in testa solo la riforma elettorale», con cui è convinto di vincere. E non si cura di certi interrogativi. Per esempio, se si tenessero le elezioni in maggio, sarebbe Ciampi o il nuovo capo dello Stato a dare l’incarico di governo? Costituzione alla mano, toccherebbe al prossimo inquilino del Colle: così andava ai tempi della prima Repubblica e del proporzionale puro. Ma oggi dalle urne emerge già una chiara indicazione sul nome del premier, e dunque per consentire al Paese di avere subito un esecutivo, Ciampi potrebbe assegnare l’incarico prima di lasciare la mano. La controversa questione non è solo oggetto di dibattito tra i costituzionalisti, ne fece cenno anche Fassino, a un vertice dell’Ulivo di fine giugno. Dietro ogni data si cela una mossa politica. Francesco Verderami