Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  novembre 15 Martedì calendario

Oxnam Robert

• Nato nel 1942. Sinologo. «[...] è un famoso sinologo americano. Forse il più famoso, almeno fino all’inizio degli Anni Novanta. Dopo una brillante carriera accademica, era stato nominato presidente dell’Asia Society, la più autorevole think tank di New York per gli studi orientali. Era così accreditato che dopo gli scontri di Piazza Tiananmen stava sempre in televisione per spiegare cosa accadeva a Pechino, e il presidente Bush padre lo aveva scelto come consigliere per un viaggio nella Repubblica Popolare. Ma qualcosa covava sotto la superficie: di giorno Oxnam stringeva la mano al Dalai Lama, di notte si agitava in un’esistenza di cui gli sfuggiva il filo logico. Anzi, si agitava anche di giorno, perchè spesso i suoi fantasmi venivano a portarlo via proprio nel mezzo di qualche evento formale. Una sera, ad esempio, stava ospitando il capo della Casa Bianca ad una cena ufficiale, ma dentro alla sua testa un ragazzino adolescente di nome Bobby continuava a dirgli che si stava scocciando e voleva uscire dalla stanza con i suoi rollerblade. Oxnam era andato da uno psichiatra, il dottor Jeffery Smith, ma le cose non erano migliorate. Tutto questo parlare di se stesso lo aveva fatto sentire ancora peggio e nel marzo del 1990 aveva deciso di interrompere la terapia. Quando si era seduto nello studio, aveva detto a Smith che doveva parlargli. ”Certo - aveva risposto lo psichiatra - ma il tempo della tua seduta è scaduto”. Robert pensava di essere appena arrivato e aveva protestato: ”Sono qui da cinque minuti!”. Il dottore, allora, aveva capito: ”Possibile che non ti ricordi di essere qui da un’ora? Non conosci un certo Tommy, il ragazzino aggressivo con cui ho parlato per gli ultimi cinquanta minuti?”. Niente, Oxnam non ricordava assolutamente nulla. Eppure in quella seduta una delle sue undici personalità si era presentata in superfice, chiarendo finalmente a Smith la diagnosi: Multiple personality disorder, o Dissociative identity, cioè identità dissociata. Nella testa di Robert vivevano undici persone diverse, fino a quel momento sconosciute una all’altra. Competevano per il controllo delle sue azioni e si alternavano alla guida della sua mente. In America questa malattia, ancora molto controversa, era diventata di dominio pubblico nel 1976, con il film televisivo intitolato Sybil. La realtà era che Oxnam, figlio di un preside di università esigentissimo, era stato da bambino vittima di abusi: aveva costruito nel suo cervello queste personalità multiple senza saperlo. Con l’aiuto di Smith aveva cominciato a curarsi, riducendole da undici a quattro. I quattro che convivevano nella sua mente erano se stesso, gli adolescenti ribelli Tommy e Bobby, e una strega di nome Wanda. A loro ha dato la parola nel libro A fractured mind, una mente frantumata, dove i suoi fantasmi si alternano nel raccontare le proprie storie. L’American Psychiatric Association considera la Dissociative identity una vera malattia, ma è scettica sulle memorie d’infanzia che la terapia porta in superficie, perché potrebbero essere impiantate dagli stessi terapisti nei pazienti facilmente ipnotizzabili. Altri esperti temono che sia solo un trucco adoperato da chi non vuole assumersi la responsabilità dei propri errori o dei propri lati oscuri, tipo adulteri, desideri inconfessabili e degenerazioni varie. Oxnam ha provato a fornire una cronaca di prima mano, lasciando parlare le quattro personalità che ancora si contendono il suo cervello. migliorato, ma non è guarito, e racconta così la sua lotta quotidiana: ” come avere in testa un consiglio di amministrazione: io sono il presidente, ma devo sempre mediare fra tutti gli altri membri. Quando non li ascolto, mi fanno pagare un conto d’inferno”» (Paolo Mastrolilli, ”La Stampa” 15/11/2005).