MACCHINA DEL TEMPO GENNAIO FEBBRAIO 2005, 15 novembre 2005
Prima di lui non c’erano i bisessuali. O meglio non si sapeva come chiamarli, né che fossero così tanti
Prima di lui non c’erano i bisessuali. O meglio non si sapeva come chiamarli, né che fossero così tanti. Prima di lui anche in un’università, anche nelle aule di biologia o medicina, nessuno di sarebbe sognato di studiare l’’animale umano” e men che mai di usare le parole ”pene”, ”vagina”, ”masturbazione”. Prima di lui nessuno avrebbe mai nemmeno pensato di mettersi a fare domande sul sesso a centomila persone (ma quando morì ne aveva schedate solo 18.000) per descrivere il comportamento sessuale dell’uomo e della donna, meglio del maschio e della femmina umani. Lui è Alfred Charles Kinsey, uno di quei personaggi che nella storia segnano un prima e un dopo. Senza di lui, senza il suo Report, la società in cui viviamo – magari lassista ma libera – sarebbe forse di là da venire. Perché la chiave di tutto è la donna e lo studioso del sesso Kinsey è stato il primo scienziato al mondo a toglierla dal piedistallo assegnatole dal ruolo di moglie/madre e a guardarla come un oggetto di studio zoologico: un animale capace di istinti, bisogni e persino perversioni. Kinsey ha liberato il corpo della donna. Se lo sapesse Osama bin Laden, Prok (dall’abbreviazione di professor K.) sarebbe il suo nemico numero uno. Eppure Alfred Kinsey, zoologo insigne dell’Università dell’Indiana, non può diventare un’immagine da santino. La sua vita non fu solo luci: come tutti i grandi, era un miscuglio di male e bene, entusiasmi e lancinanti dolori, disciplina nel lavoro come nella nevrosi, un miscuglio che semplicemente non si deve, non si può sciogliere. certo per questo che oggi, mentre la sua figura torna alla ribalta, ripartono le polemiche. Per questo e perché alla fine si sta parlando di sesso. A Prok, ultimamente, sono stati dedicati un romanzo (Doctor Sex di T. Coraghessan Boyle) e un film: Kinsey di Bill Condon, in cui è Liam Neeson a interpretare il ruolo del professore. proprio la pellicola ad aver fatto scatenare la destra religiosa Usa, che ne chiede il ritiro dalle sale accusando Prok delle peggiori nefandezze, compresa la pedofilia (accusa lanciata per la prima volta nel 1997 dal biografo James Jones). Per l’associazione Concerned Women for America, a Kinsey va imputato l’aumento di divorzi, aborti e omosessualità e persino quello delle violenze domestiche. Negli anni 50, invece, alcuni parlamentari lo accusarono di distruggere la fibra morale della nazione e di fare il gioco del complotto comunista, mentre sui giornali conservatori lo chiamavano ”fautore dell’amore libero”, ”divulgatore di sconcezze e letteratura oscena”, ”Nabucodonosor squilibrato”. Ma conviene andare con ordine. Alfred Charles Kinsey era nato a Hoboken, New Jersey, il 23 giugno 1894. Suo padre, un insegnante di ingegneria, era un moralista religioso e insieme alla moglie educò il futuro ”dottor sesso” in modo rigido e repressivo. Prok divenne un bambino goffo e timido, interessato solo al pianoforte, che non amava né lo sport né la compagnia. I precoci attacchi di rachitismo, febbre tifoide e reumatica, però, lo costrinsero a darsi alla natura: furono le scarpinate in montagna a farlo diventare un uomo alto, sano e vigoroso. Ma per tutta l’adolescenza il sesso rimase per lui un mistero. Si masturbava di continuo. L’università lo portò lontano da casa: si laureò nel 1916, tre anni dopo terminò il dottorato a Harvard e nel 1920 giunse nel posto in cui avrebbe passato tutta la vita, l’università di Bloomington, Indiana. Fu proprio qui che conobbe la donna che sarebbe diventata sua moglie, Clara McMillen, detta Mac, di quattro anni più giovane: si sposarono nel 1921, entrambi ancora vergini. Ma accadde una cosa strana: durante la luna di miele, un’escursione in tenda sulle White Mountains, il matrimonio non fu consumato. Il ritardo, oltre che all’inesperienza, fu causato da un lieve impedimento psicologico dovuto all’imene di Clara, che era molto spesso (anche il pene di Prok era notevolmente più grosso del normale). Dopo tre mesi di matrimonio il sesso era ancora un tabù: il tutto fu portato a termine solo dopo un piccolo intervento chirurgico che ridusse l’imene di Mac. Da allora, però, i due subirono una sorta di disgelo primaverile, inaugurando un iperattivismo sessuale, sia insieme che separatamente, che li avrebbe accompagnati per tutta la vita. Prok aveva quasi 28 anni e all’epoca era il massimo studioso di una varietà di cinipidi, le vespe delle galle, quelle escrescenze legnose che si trovano sulle querce e sui cespugli di rose, la cui crescita è provocata appunto dalle larve delle vespe che vivono al loro interno: Kinsey, infaticabile naturalista, ne trovò e catalogò più di 4 milioni di esemplari. Nel 1929 era ormai professore ordinario al dipartimento di Biologia, aveva tre figli e la sessualità umana era già divenuta il suo pallino. Forse la molla era scattata dopo le imbarazzanti esperienze iniziali con sua moglie o forse no, fatto sta che Alfred Kinsey, sconvolto dall’ignoranza sul sesso della sua America, iniziò a tenere un corso semestrale castamente battezzato Sul matrimonio in cui faceva vedere a professori e studenti (ma solo se sposati o in procinto di farlo) diapositive assai scabrose di organi genitali sia maschili che femminili, sia a riposo che pronti all’uso, sia separati che insieme. Nel campus lo chiamavano ”il semestre pornografico” e fuori era anche peggio: in quasi tutti gli Stati americani la sodomia e l’adulterio erano un reato e in molti era vietato persino fare sesso orale con la propria moglie. Intanto Prok aveva già cominciato anche con le interviste: ogni persona con cui entrava in contatto era un possibile ”soggetto” e tutti finivano prima o poi – con una scheda cifrata – nel suo archivio. Il colloquio standard funzionava così. Mentre offriva sigarette o bevande, Kinsey cominciava a chiacchierare: aveva un vero talento per mettere le persone a proprio agio e farle uscire allo scoperto e, nonostante la perenne cravatta a farfallino da professore di provincia, aveva anche la capacità di avvertire menzogne o reticenze da una sola sfumatura della voce o del volto. Le domande procedevano come un rullo, con dolcezza, senza infingimenti: Prok chiedeva: «Quando si è masturbato la prima volta?», e non: «Lei si masturba?». Al termine del colloquio, al soggetto – sia maschio che femmina – veniva fornita una cartolina su cui avrebbe dovuto riportare, dopo averle misurate a casa, le dimensioni dei suoi organi genitali. Kinsey era un tassonomista, niente di più, e il compito del tassonomista è registrare tutte le possibili variazioni all’interno di una data specie, dalle più piccole alle più grandi. Fu dal 1940 che il progetto cominciò a prendere consistenza: Prok assunse il suo primo assistente, Clyde Martin, e il campo d’azione si allargò. Percorrevano il Paese alla ricerca di storie sessuali, e gliene servivano di tutti i generi per ottenere un’immagine reale dell’attività amatoria ”dell’animale uomo” e ”dell’animale donna”. Kinsey si metteva al volante della sua vecchia Nash – o della Buick che la sostituì nel 1942 – e partiva, unici generi di conforto una caraffa d’acqua e qualche manciata del misto di frutta secca (uvetta, nocciole, semi di girasole e qualche confetto di cioccolato) che consumava ogni giorno a pranzo, dovunque si trovasse. All’inizio il professore era molto interessato alle testimonianze delle prostitute, perché avevano un’esperienza assai più ampia della media: alla fine però risultarono meno utili del previsto per comprendere la fisiologia dei vari atti sessuali, a causa della loro propensione a simulare le reazioni. Prok durante queste battute di caccia era incredibile: lui, che parlava un inglese perfetto, era capace di assumere le più diverse inflessioni dialettali e persino di esprimersi nello slang dei neri dei bassifondi. Lui e il suo staff entrarono in posti equivoci a orari assurdi, finendo qualche volta anche in manette. Nel frattempo la Seconda guerra mondiale era iniziata e finita, gli Usa avevano atomizzato il Giappone, si era conclusa l’era Roosevelt. Kinsey però pensava solo al suo progetto: nel corso degli anni Quaranta, la sua popolarità comincia ad aumentare, così come la quantità di lettere che riceveva (migliaia ogni anno). Perfetti sconosciuti che offrivano i loro servigi, inviando foto esplicite, diari sessuali, pezzi d’arte erotica, peni artificiali, fruste, catene e ogni altro genere di chincaglieria erotica. Scrisse anche qualche pedofilo – e Prok lo intervistò: il suo compito non era giudicare – e anche molti avvocati: uno di loro, che difendeva un tizio accusato di «aver conosciuto carnalmente un suino per via anale», chiese a Prok un parere sulla frequenza di tali rapporti (lui rifiutò di collaborare, ma la risposta era: circa il 6 per cento della popolazione americana, il 17 per cento degli abitanti delle campagne). E alla fine arrivarono anche le sovvenzioni: la Fondazione Rockefeller stanziò circa 120.000 dollari per tre anni. Prok continuava a condurre una vita apparentemente normale: si svegliava col suo solito bagno freddo, curava il suo magnifico giardino (la sua passione erano gli iris), si cuciva i tappeti da solo usando scarti di stoffa e strisce di mussola, beveva latte (alcool solo nei bar, quando cercava di ingraziarsi un ”soggetto”) e una volta alla settimana teneva le sue serate musicali. Ma il suo lavoro e la sua ansia sperimentatrice lo portavano sempre più lontano dalla ”normalità” che metteva in scena. Col passare degli anni le sue preferenze si spostavano sempre più verso le relazioni omosessuali: fece sesso coi suoi assistenti e li spinse anche a scambiarsi le mogli. Alla fine degli anni 40 niente era più abbastanza per Alfred Kinsey: passò notti negli armadi a spiare i rapporti tra prostitute e clienti, organizzò vere e proprie orge (a cui non disdegnava di partecipare assieme a Clara) e infine scoprì la telecamera. Iniziò a filmare atti sessuali a uno, a due e in gruppo: una volta a New York riprese circa duemila uomini nell’atto di masturbarsi per determinare le modalità dell’eiaculazione maschile (al momento dell’orgasmo il 70 per cento sgocciolava, il 30 sprizzava). Anche le tendenze masochiste, sempre presenti nella sua sessualità, presero il sopravvento: era sempre stato un amante delle inserzioni uretrali e alla fine era in grado di usare oggetti delle dimensioni di uno spazzolino da denti; quand’era ormai vecchio si circoncise da solo con un coltellino. In ogni caso nel 1947 era stato fondato ufficialmente l’Istituto per la ricerca sul sesso e nel gennaio dell’anno successivo, dopo mesi di lavoro quasi ininterrotto, ultimato schivando i cronisti in cerca di scoop, uscì negli Stati Uniti Sexual Behavior in the Human Male (in Italia col titolo Il comportamento sessuale dell’uomo): 804 pagine dal costo di 6 dollari e 50 (più del doppio del prezzo medio di un libro all’epoca). I tipi furono quelli di Saunders, un austero e scialbo editore di testi di medicina. A Prok premeva che la sua ricerca apparisse, anche nella veste grafica, ”normale”: la copertina fu semplice e disadorna, la dedica, sobria, «alle 12 mila persone che hanno contribuito alla raccolta dei dati e alle altre ottantamila che un giorno ci aiuteranno a terminare la ricerca». Il libro andò a ruba: 40.000 copie nelle prime due settimane, in marzo era arrivato a centomila, a giugno a centocinquantamila. La stampa si scatenò con titoli a nove colonne: «Il 50 per cento degli uomini sposati è infedele»; «Dilagano i rapporti prematrimoniali». Time definì il volume sul maschio «il più grande successo dopo Via col vento» e Kinsey divenne famosissimo, l’uomo più conosciuto dopo il presidente. Su Prok si scrissero persino canzoni: The Kinsey Boogie, oppure Ooh, Dr. Kinsey cantata da Martha Raye e The Kinsey Report da Julie Wilson. I femminili presero di punta Mac: lei invitava le giornaliste a casa, offriva loro biscotti e torte di cachi e lavorava a maglia dando di sé l’immagine di una normale casalinga americana, innamorata di suo marito e devota alla sua causa. Solo una volta cedette dichiarando una sua insoddisfazione: «Da quando si è dato al sesso, di notte non lo vedo quasi più». Era la verità, ma tutti la presero per una battuta. Passarono cinque anni, in cui il professore viaggiò quanto un capo di Stato, tenendo migliaia di conferenze (leggendaria quella del 1951 a Berkeley, davanti a novemila persone) e accrescendo il numero delle schede. Anche le sue pratiche sessuali andavano facendosi sempre più estreme e compulsive. Nel frattempo portò a termine il volume sulla donna. Sexual Behavior in the Human Female fu il libro più febbrilmente atteso del secolo, nonostante che Prok avesse trovato nuovamente il modo di mettere la museruola alla stampa. Uscì, sempre per la Saunders, il 9 settembre 1953: le vendite furono spettacolari e doppiarono quelle del libro sul maschio già nelle prime settimane, ma la reazione del pubblico non fu la stessa. La società non era pronta per scoprire che la donna era un ”animale umano” (48 volte nel testo) diverso ma simile al maschio. Il pubblico detestò le sue statistiche: il 62% del campione si era masturbato, il 90% aveva praticato il petting, il 50% aveva avuto rapporti prima del matrimonio e il 3,6 si era concesso contatti sessuali con animali (ma solo uno dei soggetti aveva sperimentato il coito completo con un animale: il suo pastore tedesco). Pubblicato il libro, Prok e tutto lo staff si presero una vacanza di tre settimane per stare lontani dalle polemiche. Ma la battaglia fu solo rimandata: alla fine, la Fondazione Rockefeller ritirò le sovvenzioni. Il cuore di Kinsey subì piccoli collassi, i medici gli prescrissero riposo, ma non era uomo da stare fermo. Persino durante un viaggio in Europa, organizzato da Mac per permettergli di rilassarsi, non fece altro che intervistare prostitute e prostituti per le strade di Londra, Copenaghen e Roma. Alla fine, inevitabilmente, crollò. A meno di tre anni dall’uscita del volume sulla femmina, Prok era morto: aveva 62 anni e un embolo lo stroncò il 25 agosto 1956. Voleva registrare centomila storie, ma all’ultimo conteggio non aveva raggiunto il 20% del suo sogno. Resta però il suo Istituto (oggi Kinsey Institute for Research in Sex, Gender and Reproduction) e il suo approccio tollerante e non normativo alla sessualità, che ha aperto le porte dell’accettabilità sociale alle pulsioni delle donne prima, degli omosessuali poi. La sua filosofia sta tutta in questa frase (che non è una battuta): «Una ninfomane? una donna che vuole fare più sesso di voi».