MACCHINA DEL TEMPO GENNAIO FEBBRAIO 2005, 15 novembre 2005
«Trovato l’anello mancante tra scimmia e uomo!». Non è la prima volta che questo scoop viene lanciato, salvo poi sgonfiarsi col passare del tempo e l’approfondirsi degli studi e delle ricerche sul campo
«Trovato l’anello mancante tra scimmia e uomo!». Non è la prima volta che questo scoop viene lanciato, salvo poi sgonfiarsi col passare del tempo e l’approfondirsi degli studi e delle ricerche sul campo. Con la dovuta prudenza, quindi, va registrata la recente scoperta degli scienziati dell’Istituto di Paleontologia ”Miguel Crisafont” di Barcellona (vedi ”Science” del 19 novembre 2004). Nei pressi della capitale catalana, nel sito di Barranc de Can Vila, sono stati trovati i resti di una scimmia preistorica sconosciuta che è stata subito battezzata Pierolapithecus catalaunicus. Prima sono stati rinvenuti i denti canini, poi lo scheletro (83 ossa in perfetto stato di conservazione). Alle prime analisi la scimmia risulta vissuta 13 milioni di anni fa, in pieno Miocene, l’era geologica che copre l’arco di tempo che va dai 22 milioni ai 5,5 milioni di anni fa. un periodo di cui scarseggiano testimonianze fossili, perché gli animali scorrazzavano per le foreste e una volta morti il terreno acido ha polverizzato i loro scheletri. Questa nuova specie era originaria dell’Africa e da qui si sarebbe diffusa in Spagna attraverso lo Stretto di Gibilterra (secondo la teoria della deriva dei continenti, a quell’epoca il Mediterraneo era un mare chiuso). L’esemplare in questione, verosimilmente un maschio, era alto 1 metro e 23 centimetri e pesava 35 chilogrammi. A giudicare dalla dentatura e dalla conformazione degli arti (piedi e mani corti, il polso particolarmente snodato), si arrampicava sugli alberi ed era vegetariano. Torace e regione lombare lo accomunano ai primati. Di profilo il muso è più simile a quello di una scimmia, ma visto di fronte, a causa della posizione di naso e occhi, assomiglia a quello di un uomo. Ma, soprattutto, poteva camminare in posizione eretta. In questo senso Pau - così l’hanno soprannominato i suoi scopritori - sarebbe lo snodo tra le specie di scimmie più remote e i grandi primati viventi come orangutan, bonobo, scimpanzé e gorilla, nonché gli ominidi precursori dell’Homo sapiens. Questo farebbe cadere la teoria secondo cui i caratteri dei primati attuali fossero già tutti presenti nell’antenato preistorico, in favore del principio di omeoplasia, che nella teoria evolutiva darwinista indica il rapporto di equivalenza morfologica tra organi o strutture che non presentano affinità filogenetica. Per esempio, Pau era abile a salire e scendere dagli alberi, ma non sapeva volteggiare da un ramo all’altro. Salvador Moyá-Solá, il capo del team di paleontologi catalani, sottolinea l’importanza del nuovo fossile, in cui «per la prima volta sono presenti tutti gli elementi che definiscono una moderna scimmia». In questo senso, «il Pierolapithecus catalaunicus è probabilmente l’ultimo antenato in comune tra primati e ominidi». Ma Meike Kohler, coautore della scoperta, non vuol sentire parlare di anello mancante: « un concetto sorpassato». E precisa: «Se non è stata proprio questa specie a dare origine a tutte le altre che sono venute dopo nell’albero evolutivo delle scimmie antropomorfe, accontentiamoci di dire che ci va molto vicino».