La Repubblica 13/11/2005, pag.17 Enrico Franceschini, 13 novembre 2005
Londra, le celle della tortura per i prigionieri nazisti. La Repubblica 13/11/2005. Londra. Quando uno sceicco arabo, un petroliere russo o l´ambasciatore di un importante paese straniero si trasferiscono in Gran Bretagna, il primo indirizzo in cui vorrebbero andare ad abitare è sempre lo stesso: Kensington Palace Gardens, soprannominata Billionaire Row, la via dei miliardari, nel cuore di Londra
Londra, le celle della tortura per i prigionieri nazisti. La Repubblica 13/11/2005. Londra. Quando uno sceicco arabo, un petroliere russo o l´ambasciatore di un importante paese straniero si trasferiscono in Gran Bretagna, il primo indirizzo in cui vorrebbero andare ad abitare è sempre lo stesso: Kensington Palace Gardens, soprannominata Billionaire Row, la via dei miliardari, nel cuore di Londra. Al numero 6 di quella schiera di palazzine vittoriane oggi vive un famoso avvocato della City; il 7 è la residenza londinese del sultano del Brunei; l´8 è momentaneamente sfitto, ma fino a non molto tempo fa lo occupava un duca. Una sessantina d´anni or sono, tuttavia, queste tre belle case avevano inquilini assai diversi: dietro l´aspetto, anche allora, elegante e riservato, celavano un orribile carcere, un lager gestito dallo spionaggio militare britannico, in cui venivano rinchiusi e torturati i prigionieri di guerra tedeschi. L´esistenza di una simile galera è rimasta un segreto, gelosamente custodito dal ministero della Difesa, fino a quando il Guardian lo ha scoperto in un mucchio di carte polverose sepolte negli Archivi Nazionali. Ieri il quotidiano ha sbattuto la notizia in prima pagina, con un titolo senza mezzi termini: «Rivelato un campo di tortura del Regno Unito in tempo di guerra». Perché di tortura, effettivamente, si trattava, come suggerisce il nome in codice della misteriosa prigione: London cage, la gabbia di Londra. Tremila militari del Terzo Reich, ma anche un certo numero di civili tedeschi, vi passarono tra il 1940 e il 1948, in particolare dopo lo sbarco in Normandia del giugno ´44. Le tre palazzine di Kensington Palace Gardens erano suddivise in celle per sessanta detenuti. Un tenente colonnello, Alexander Scotland, dirigeva i lavori con pugno di ferro, assistito da dieci ufficiali e dodici soldati. Dietro l´esterno dorato, la "gabbia" era un luogo di atroci sofferenze: i prigionieri venivano sistematicamente picchiati, privati del sonno per giorni, costretti a restare immobili per 24 ore o a compiere sforzi sovrumani, sottoposti a caldo estremo e docce gelide, minacciati di morte o di subire operazioni chirurgiche non necessarie. «Lasciate ogni speranza voi che entrate», diceva il colonnello Alexander, e di speranza, i suoi prigionieri, ne conservavano poca. «Sono stato due anni in un carcere della Gestapo», si legge nella testimonianza di un medico tedesco rinchiuso a Kensington Palace, «ma era niente al confronto di quello che mi avete fatto qui a Londra». La vicenda può contribuire al dibattito su Guantanamo e sulle leggi speciali anti-terrorismo del presente. Le somiglianze non mancano: alcuni detenuti erano considerati pericolosi criminali di guerra; le informazioni a essi strappate con la forza potevano salvare le vite dei soldati britannici al fronte; la Croce Rossa fu tenuta all´oscuro; le norme della Convenzione di Ginevra furono platealmente violate. E il peggio potrebbe non essere ancora venuto alla luce: un pacchetto di documenti, negli Archivi Nazionali, resta coperto dal segreto di stato. Forse, per saperne di più, bisognerebbe interrogare gli spettri che certamente si annidano nelle belle stanze della casa del sultano del Brunei. Enrico Franceschini