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 2005  novembre 13 Domenica calendario

Si ripensi alla Romania del 1966. Improvvisamente, e senza alcun preavviso, il regime mise fuori legge l’aborto

Si ripensi alla Romania del 1966. Improvvisamente, e senza alcun preavviso, il regime mise fuori legge l’aborto. 1 bambini nati sulla scia di quella decisione avevano molte più probabilità di finire nelle maglie del crimine. Perché?` Si tratta di una tendenza riscontrata costantemente in numerosi studi condotti in altri Stati dell’Europa dell’Est e della Scandinavia tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta?’ In molti di questi casi, l’aborto non era stato messo completamente al bando, ma doveva essere autorizzato da un magistrato. Quelle ricerche giungevano alla conclusione che, in caso di rifiuto, le donne spesso concepivano un sentimento di rivalsa nei confronti del figlio, finendo per non garantirgli un clima famigliare adeguato. A prescindere dal reddito, dall’età, dal livello d’istruzione e dallo stato di salute della madre, i ricercatori giungevano alla conclusione che i nati in quelle condizioni avessero maggiori probabilità di divenire dei delinquenti. Ma negli Stati Uniti l’aborto ha seguito vicende diverse rispetto all’Europa. Nei primi decenni di vita del paese, l’interruzione di gravidanza era consentita fino ai primi movimenti percettibili del feto nel ventre della madre, solitamente tra la sedicesima e la diciottesima settimana. Nel 1828, lo stato di New York fu il primo a sottoporre a restrizioni l’aborto volontario. Nel 1900 era orinai fuori legge in tutto il paese. Nel cor so del Novecento, l’aborto era spesso pericoloso e solitamente costoso, quindi erano poche le donne povere che lo praticavano e che avevano comunque accesso alla contraccezione. In altre parole, nascevano più bambini. Alla fine degli anni Sessanta, diversi Stati degli USA iniziarono a consentire l’interruzione di gravidanza in circostanze particolari: violenza sessuale, incesto o rischio per la vita della gestante. Nel 1970, erano orinai cinque gli Stati in cui l’aborto era stato completamente legalizzato e reso accessibile a e lunque: New Yor , a i ornia, Washington, Alaska e Hawaii. Il 22 gennaio del 1973 esso divenne improvvisamente legale in tutto il paese con la sentenza emessa dalla Corte Suprema nella causa Roe contro Wade. La motivazione della sentenza, redatta dal giudice Harry Blackmun, si soffermava proprio sulla difficile situazione della potenziale madre: La penalizzazione che lo Stato imporrebbe a una gestante negandole il diritto di scelta è evidente... La maternità o un ulteriore figlio possono costringere la donna a una vita insostenibile e a un futuro incerto, con probabile danno anche sul piano psichico. La cura di un bambino può pregiudicare la salute fisica e mentale della madre. Va inoltre tenuto presente il grave disagio, per tutti i diretti interessati, di una gravidanza non voluta, oltre al problema di far venire al mondo un bambino in una famiglia già in partenza incapace, sul piano psicologico e materiale, di prendersene cura." La Corte Suprema dava così voce a ciò che, in Scandinavia come in Romania, le madri sapevano già da lungo tempo: se una donna non vuole un figlio, spesso ha le sue buone ragioni. Magari non è sposata, o il suo matrimonio non funziona. Forse si ritiene troppo povera per allevare un figlio. Forse trova che la sua esistenza sia troppo precaria o troppo infelice, o che l’a buso di alcolici o stupefacenti danneggerà il nascituro. Magari si reputa troppo giovane, o non ancora sufficientemente istruita per essere una buona madre. Per mille svariate ragioni, una donna può ritenere di non essere in grado di garantire al figlio che porta in grembo un ambiente che gli permetta di crescere sano e felice. Nell’anno che fece seguito alla sentenza Roe contro Wade, negli USA fecero ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) circa 750.000 donne (pari a un aborto ogni quattro nascite). Nel 1980, il numero delle IVG aveva toccato gli 1,6 milioni all’anno (pari a un aborto ogni 2,25 nascite), e a quel punto si stabilizzò. In un paese di 225 milioni di abitanti, 1 milione e seicentomila aborti possono non sembrare molti, come dire uno ogni 140 abitanti; a titolo di raffronto, quando dopo la morte di Ceausescu venne nuovamente legalizzata l’IVG, in Romania si registrava un aborto ogni 22 abitanti. Eppure, quel dato significava pur sempre 1 milione e seicentomila non nati ogni anno. Prima di quella sentenza, a potersi permettere un aborto clandestino in condizioni sicure erano prevalentemente le donne della classe medio-alta. Ora, però, anziché dover ricorrere a un illecito sborsando circa 500 dollari, chiunque poteva abortire con meno di 100 dollari. Che tipologia di donna avrebbe più probabilmente fatto uso di questo nuovo diritto sancito dalla Corte Suprema? Molto spesso si trattava di donne nubili, o adolescenti, o povere, quando non le tre cose insieme. Quale futuro si prospettava per i loro 14 figli? Stando a uno studio~ i bambini mai nati nei primi anni che seguirono alla legalizzazione dell’aborto avrebbero avuto il 50 per cento di probabilità in più di crescere al di sotto della soglia di povertà; e il 60 per cento di probabilità in più di crescere con un solo genitore. Sono proprio questi i due fattori - povertà nell’infanzia e famiglia monoparentale - che, sul piano statisti co, più contribuiscono a spingere un giovane nelle maglie del crimine.11 Crescere con un solo genitore raddoppia la propensione a delinquere, così come essere figli di una ragazza inadre?’ Secondo un’altra ricerca, il fattore deterininante al riguardo è invece rappresentato dalla bassa scolarità della madre.` In altre parole, proprio i fattori che spingevano milioni di donne americane ad abortire parevano pronosticare che, comunque, se i loro figli fossero nati avrebbero avuto un’esistenza infelice e probabilmente criminosa. La legalizzazione dell’IVG ebbe, negli USA, un’infinità di conseguenze tra le più disparate. L’infanticidio, per esempio, registrò un calo drastico,11 così come le nozze riparatrici o il numero di bimbi dati in adozione, il che spiega a sua volta il boom delle adozioni di bambini stranieri. Il numero dei concepiti salì del 30 per cento, ma le nascite registrarono ciò nonostante un calo del 6 per cento, a indicare che molte donne, in modo cinico e drastico, ricorrevano all’aborto come metodo anticoncezionale a posteriori. Ma l’effetto più spettacolare della legalizzazione dell’aborto, anche se si manifestò con evidenza solo dopo qualche anno, fu l’impatto che essa ebbe sulla criminalità. Nei primi anni Novanta, proprio mentre la generazione immediatamente successiva alla sentenza Roe contro Wade si avvicinava al vent’anni - sono solitamente quelli gli anni in cui un giovane fa il proprio debutto nel mondo della delinquenza - il tasso di criminalità iniziò a calare. A questa generazione era infatti venuto meno l’apporto dei soggetti che, con maggiori probabilità, sarebbero andati a ingrossare i ranghi del crimine. A mano a mano che divenne adulta la generazione privata di quei bambini mai nati, il tasso di criminalità continuò a diminuire. La legalizzazione dell’aborto portò a meno esclusione sociale; l’esclusione comporta un aumento del crimine; la legalizzazione dell’IVG ha pertanto significato meno delinquenti. Questa teoria avrebbe scatenato un pandemonio di reazioni, dall’incredulità all’indignazione, e una serie infinita di obiezioni, da quelle di ordine pratico a quelle di natura etica. La più immediata è anche la più semplice: ma sarà proprio così? E se il legame tra aborto e crimine fosse di mera correlazione, anziché un nesso causale? E più rassicurante dare credito alla versione difesa dagli organi di stampa: che la delinquenza sia calata grazie alle rinnovate strategie di polizia, alle intelligenti normative sul controllo delle armi e al fiorire dell’economia. Siamo sempre più avvezzi a stabilire nessi causali tra elementi evidenti e tangibili, non tra fenomeni distanti o scomodi. E siamo sempre pronti a dar credito a legami di causa ed effetto tra fatti immediatamente riconducibili l’uno all’altro; Tizio è stato investito da un’auto, è stato trasportato velocemente in ospedale ed è deceduto. A uccidere Tizio è stato quell’incidente. Spesso questo genere di ricostruzioni risulta corretto, ma nell’analizzare un legame tra causa ed effetto un simile metodo nasconde alcune insidie. Oggi siamo pronti a ridacchiare di antiche culture che sposavano tesi assurde, come i guerrieri convinti che a garantire la vittoria sul campo di battaglia fosse lo stupro di una vergine. Ma anche noi siamo pronti a sposare tesi ridicole, specie quando a propinarcele è un esperto forse neppure del tutto spassionato. Come stabilire, quindi, se tra aborto e crimine vi sia un nesso causale o non piuttosto una correlazione? Per verificare gli effetti dell’aborto sul tasso di criminalità, una strada possibile consisterebbe nell’esaminare i dati relativi alla delinquenza nei cinque Stati degli USA che avevano già legalizzato l’IVG prima che la Corte Suprema estendesse la legalizzazione all’intero territorio nazionale. Negli Stati di New York, California, Washington, Alaska e Hawaii era possibile praticare legalmente l’aborto già da due anni e, in questi stessi Stati, il tasso di criminalità iniziò a calare prima che nel resto degli USA. Tra il 1988 e il 1994, in quei cinque Stati i reati violenti calarono a un ritmo più rapido del 13 per cento rispetto agli altri della federazione; tra il 1994 e il 1997, il tasso di omicidi segnò una calo più veloce del 23 per cento che nel resto del paese. E se fosse stata una variazione casuale? Quali altri elementi verificare, a riprova di un nesso causale tra aborto e tasso di criminalità? Per esempio, il tasso di aborti e l’incidenza dei reati in ogni singolo Stato. Si constaterà che gli Stati con i più alti indici di aborto negli anni Settanta registreranno negli anni Novanta i cali più accentuati nel numero di reati, e viceversa. Si noti che la correlazione sussiste anche depurandola di una serie di fattori suscettibili di incidere sul tasso di criminalità: numero di soggetti già detenuti, numero di agenti di polizia, situazione economica dello Stato in questione. Dal 1985, gli Stati con il tasso di aborto più elevato hanno registrato un calo della criminalità del 30 per cento rispetto a quelli con tassi di aborto più bassi. La città di New York evidenziava tassi di aborto elevati e si trova in uno degli Stati che già consentivano l’IVG prima della sentenza della Corte Suprema: due fattori, questi, che contrastano con la tesi di chi imputerebbe alle nuove strategie lo spettacolare crollo della delinquenza registrato nella Grande Mela. Inoltre, non si evidenzia alcun nesso tra tasso di aborti e indici di delinquenza in nessuno Stato prima della fine degli anni Ottanta, il periodo in cui iniziava ad affacciarsi al mondo della delinquenza la prima generazione nata dopo la legalizzazione dell’IVG; un’ulteriore indicazione che si tratti di una dinamica innescata proprio dalla sentenza Roe contro Wade. Ma vi sono altre correlazioni, in positivo e in negativo, che ribadiscono l’esistenza di un nesso tra aborto e crimine. Per esempio, negli Stati con la maggiore incidenza delle IVG il calo della criminalità si è concentrato proprio nella fascia d’età corrispondente ai nati dopo la legalizzazione, e non ha riguardato altrettanto i criminali più adulti. Si aggiunga poi che anche in Australia e Canada sono stati condotti studi analoghi. giungendo alle stesse conclusioni." Nella generazione postRoe non soltanto mancano all’appello migliaia di giovani criminali maschi, ma anche migliaia di ragazze madri: molte delle bambine non nate, infatti, con ogni probabilità avrebbero seguito a loro volta le orme della madre.’ Scoprire che uno dei fattori che più hanno concorso a far calare la delinquenza negli USA sia l’aborto disturba profondamente. Si tratta di tesi, più che darwiniste, degne di Jonathan Swift, che fanno andare la mente al paradosso di G.K. Chesterton: se non ci sono abbastanza cappelli, il problema non si risolve con qualche decapitazione. Per utilizzare la terminologia degli economisti, il crollo della delinquenza è stato un "beneficio collaterale" della legalizzazione dell’aborto. Non occorre chiamare in causa valori morali o religiosi per trovare agghiacciante che una tragedia privata divenga un beneficio per la collettività. Sono numerosissimi coloro che, a prescindere da ogni altra considerazione, ritengono anche l’aborto un crimine. Un giurista ha paragonato la legalizzazione dell’IVG alla schiavitù (perché causa anch’essa la morte nell’indifferenza generale)` e all’Olocausto (dal momento che il numero di aborti praticati negli USA dopo la sentenza Roe contro Wade, circa 37 milioni, il dato è del 2004, sovrasta persino i 6 milioni di ebrei massacrati in Europa). Indipendentemente dalle convinzioni personali di ognuno, l’aborto resta un tema molto difficile da trattare. Se ne rese ben conto Anthony V Bouza, ex dirigente di polizia prima nel Bronx e quindi a Minneapolis, quando corse alla carica di governatore del Minnesota, nel 1994. Qualche anno prima, aveva scritto un libro nel quale definiva l’aborto come: "Verosimilmente l’unico metodo efficace di prevenzione del crimine adottato in questo paese dalla fine degli anni Sessanta".` Quando questa sua tesi venne divulgata in campagna elettorale, Bouza accusò un improvviso calo nei sondaggi. E infatti perse. Comunque, lasciando da parte per un istante ogni opinione personale in materia di aborto, resta l’interrogativo: che cosa ce ne facciamo dell’equazione "più aborto uguale meno crimine"? t possibile quantificare un fenomeno così complesso, tanto per cominciare?