Stephen D.Levitt-Stephen J. Dubner "Freakonomics". Il calcolo dell’incalcolabile. Un economista eretico gioca coi numeri per spiegare il lato nascosto del mondo in cui viviamo, 13 novembre 2005
Passiamo ora a un’altra spiegazione spesso invocata a motivare il ridimensionarsi della criminalità: lo scoppio della bolla del crack
Passiamo ora a un’altra spiegazione spesso invocata a motivare il ridimensionarsi della criminalità: lo scoppio della bolla del crack.11 La dipendenza provocata da questa droga è così forte che, in men che non si dica, si era già creato un fiorente mercato. E pur vero che a ricavarci soldi erano soltanto i capi delle gang, ma ciò rendeva i peones ancor più determinati ad avanzare, anche a costo di far fuori i rivali persino all’intemo di una stessa banda. Nelle strade, i punti di spaccio più redditizi venivano contesi a suon di sparatorie. La tipologia di omicidio più frequente (in alcuni casi plurimo) nel mondo del crack era quello tra spacciatori e non, come si tende a credere, quello commesso da un drogato in crisi d’astinenza contro un inerme negoziante per un pugno di dollari. Ne scaturì così un brusco incremento dei reati violenti. Secondo una ricerca, il 25 per cento di tutti gli omicidi commessi a New York nel 1988 risultavano legati al crack.11 La violenza riconducibile a questo stupefacente prese a diminuire verso il 1991 e ciò ha spinto molti a ritenere che il crack sia uscito di scena. Ma non è stato così. Fumare crack resta ben più popolare di quanto non si creda. Circa il 5 per cento di tutti gli arresti compiuti negli USA riguarda tuttora la cocaina, a fronte del 6 per cento toccato al crack quando il fenomeno giunse all’apice. Né risultano in calo le visite al pronto soccorso da parte di chi fa uso di questa sostanza. Ciò che invece è sparito sono i succulenti profitti della vendita di crack. 1 prezzi della cocaina, già in calo da anni, con la crescente popolarità del crack non fecero altro che scendere, gli spacciatori iniziarono a farsi concorrenza a suon di sconti e i margini si abbassarono. Lo scoppio della bolla del crack fu non meno spettacolare di quella dei titoli tecnologici: in altre parole, la prima generazione di spacciatori è paragonabile a chi ha guadagnato milioni con i titoli Microsoft; la seconda, invece, a chi si è bruciato con i fuochi di paglia delle varie dotcom (aziende che operano in Internet). Mentre i veterani dello spaccio finivano ammazzati o in galera, gli ultimi arrivati iniziarono a dirsi che, dati i magri proventi in gioco, non valeva la pena di fare la stessa fine. Il campionato aveva perso smalto. Non aveva senso uccidere per contendersi il territorio, e men che meno farsi uccidere. E la violenza prese a calare. Tra il 1991 e il 2001, il tasso di omicidi tra i giovani di colore -certo sovrastimati come numero tra gli spacciatori di crack - crollò del 48 per cento, a fronte di un 30 per cento nel caso degli spacciatori di colore ma più anziani, oppure bianchi. Un ulteriore fattore che spiega quel calo, anche se secondario, consiste nel fatto che, tra spacciatori, anziché uccidersi si iniziò a spararsi nei glutei (era ritenuto uno sfregio, un insulto più umiliante dell’assassinio, e comunque punito meno severamente). Nel complesso, al crollo del mercato del crack è riconducibile il 15 per cento del calo della criminalità registrato negli anni Novanta. Non è poco, ma si tenga presente che, negli anni Ottanta, aveva invece concorso all’aumento del crimine in Proporzioni ben maggiori. In altre parole, l’effetto finale del crack in termini di reati violenti si fa sentire ancora oggi, per non parlare delle tragedie di cui è tuttora la causa.