MACCHINA DEL TEMPO MARZO 2005, 11 novembre 2005
Quali sono gli strumenti per monitorare a distanza mammiferi, pesci e uccelli? Lo abbiamo chiesto a tre esperti
Quali sono gli strumenti per monitorare a distanza mammiferi, pesci e uccelli? Lo abbiamo chiesto a tre esperti. Mammiferi Paolo Ciucci, ricercatore del Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo dell’Università La Sapienza, spiega: «Per i mammiferi si usa ancora la telemetria da terra. Funziona così: sui grossi animali si monta un radiocollare, sui piccoli (dalle talpe ai pipistrelli) si incolla sulla schiena una minuscola trasmittente. Il segnale può essere recepito via radio da un operatore con un’antenna direzionale. Ma basta una montagna per perdere le tracce dell’animale». E allora che si fa? «Si monta un’antenna a bordo di un elicottero e si cerca di recuperare il segnale dall’alto. Magari lo ritrovi dopo un mese, e nel frattempo hai perso il percorso dell’animale. Però la telemetria da terra non morirà mai, perché è l’unico sistema che consente di avvicinarsi all’animale». Altra cosa è la telemetria satellitare, dove la posizione dell’animale viene registrata da un ricevitore Gps nel collare. Prima del modello usato per Ligabue, si usava il Gps memory on-board: «Il collare trattiene le informazioni sugli spostamenti in un chip di memoria al suo interno. Perciò, a un certo punto, bisogna recuperarlo. Siccome è sempre attivo anche un sistema di telemetria da terra, l’operatore si avvicina all’animale e, con un telecomando, sgancia il radiocollare». Poi è nato un modello più evoluto, il Gps download: «Un operatore, via radio, invia un codice al collare che, così, scarica i dati». Adesso esiste un collare ancora più tecnologico di quello di Ligabue, utile nella savana o nell’Antartide, insomma in quelle regioni del globo dove non esiste la rete Gsm: «Le informazioni vengono inviate a un satellite che a sua volta le invia al ricercatore tramite e-mail. Ma i costi sono alti: 8.000 euro il collare, quasi 2.000 euro il servizio satellitare. Mentre il collare di Ligabue costa 5.000 euro». PESCI e mammiferi marini Antonio Di Natale, responsabile scientifico dell’Acquario di Genova, spiega che la forma dei pesci e dei mammiferi marini rende difficile la sistemazione degli strumenti di monitoraggio: «Anni fa gli americani avevano inventato una trasmittente satellitare da mettere attorno alla pinna dorsale dei delfini, una specie di sella da cui fuoriusciva la pinna. Funzionava, ma il delfino non era molto contento di quella zavorra. Da poco, per i cetacei medio-grandi come balene o capodogli, delfini o squali, si adopera anche un piccolo arpione che funziona via satellite, dura più di un anno ma può causare infezioni agli animali; meno invasivo, invece, è un siluretto lungo 25 centimetri col diametro di dieci, detto ”marca a ventose”, che viene solitamente attaccato sul dorso del capodoglio. Dentro questo siluretto ci sono microcomputer che raccolgono informazioni dettagliate sul modo in cui il cetaceo nuota o trasmette suoni. Però la marca non dura più di 15 ore: raccoglie i dati, si stacca, torna in superficie, trasmette via radio la sua posizione e si deve recuperarla per leggerne il contenuto. Abbiamo anche fissato un trasmettitore satellitare sul dorso delle tartarughe: si è così scoperto che fanno strani giri nel Mediterraneo, giri di cui non sempre si è capita la logica. Con lo stesso sistema abbiamo seguito un cucciolo di foca monaca che in Grecia era stato abbandonato dalla madre. Abbiamo visto che la foca monaca non s’immerge fino a 70 metri, come si credeva, ma anche fino a 170». Uccelli Alessandro Montemaggiori, ornitologo dell’Istituto di Ecologia applicata a Roma, spiega che per monitorare gli uccelli il sistema più antico e funzionale è l’anello metallico: «Si cattura l’uccello con sistemi innocui, gli si applica un anellino metallico con un numero e un indirizzo alla zampa, poi si libera e si spera che qualcun altro lo ricatturi, in modo da comunicare i dati (luogo e data di ricattura, peso dell’uccello eccetera) all’indirizzo scritto sull’anello (per l’Italia è l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica). In cento anni, grazie alla collaborazione tra ornitologi di tutto il mondo, con questo sistema abbiamo scoperto tante cose: le rotte di migrazione, le aree di sosta durante le migrazioni, il legame con l’habitat a seconda delle stagioni. Ad esempio in primavera la capinera vive e nidifica nei cespugli, in inverno preferisce i campi. Solo in Europa ogni anno vengono inanellati 4 milioni di uccelli e ci sono 100 mila ricatture l’anno. La banca dati centrale dell’Euring contiene due milioni di dati di ricattura appartenenti a ben 450 specie. Sui fenicotteri, grazie alla loro stazza, possiamo applicare anche anelli di plastica che si possono leggere a distanza, così da evitare la ricattura dell’animale. Più di recente, in zone circoscritte, abbiamo introdotto la telemetria da terra: ad esempio a Roma, nella Tenuta presidenziale di Castelporziano, da ottobre arrivano le beccacce, che si fermano fino a febbraio. Mettendogli sul dorso una specie di zainetto con radio del peso di 8 grammi (la beccaccia pesa 4 etti) abbiamo scoperto che questi uccelli sono abitudinari: dormono nello stesso cespuglio, mangiano nello stesso posto. Adesso si sta sperimentando il satellite, che registra le rotte della migrazione con precisione millimetrica. Poi c’è il radar: si seguono gli uccelli senza doverli marcare: ma fuori dai Paesi organizzati non funziona. Se gli uccelli arrivano in Uganda, per esempio, te li perdi.