MACCHINA DEL TEMPO MARZO 2005, 11 novembre 2005
Migliaia di vite avrebbero potuto essere salvate se i Paesi colpiti dal maremoto avessero potuto permettersi un sistema di rilevamento anti-tsunami come quelli in uso in Giappone o negli Stati Uniti: sistemi sofisticati e costosi che solo ora, a tragedia avvenuta, la comunità internazionale ha deciso di finanziare affinché nell’Oceano indiano non si ripeta un disastro come quello del 26 dicembre
Migliaia di vite avrebbero potuto essere salvate se i Paesi colpiti dal maremoto avessero potuto permettersi un sistema di rilevamento anti-tsunami come quelli in uso in Giappone o negli Stati Uniti: sistemi sofisticati e costosi che solo ora, a tragedia avvenuta, la comunità internazionale ha deciso di finanziare affinché nell’Oceano indiano non si ripeta un disastro come quello del 26 dicembre. Il sistema di allarme è formato da due parti principali: sul fondo dell’Oceano giace un sensore di pressione estremamente sensibile, dotato di un impianto automatico di riconoscimento che gli permette di avvertire anche il più lieve tremore. I dati, elaborati per via acustica, vengono spediti in tempo reale alla seconda struttura: una boa toroidale di superficie alta tre metri (nella foto, un esemplare della rete americana) che a sua volta li ritrasmette via satellite a un centro di segnalazione a terra. Il tutto, in due minuti. Il sistema continua a registrare dati, fornendo aggiornamenti sull’onda più alta e la direzione. Da quel momento scatta la diffusione dell’allarme e i bollettini vengono inviati a tutte le radio e tv del Paese.