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 2005  novembre 04 Venerdì calendario

E l’oro uccise gli Indios. La Repubblica 04/11/2005. Il 12 dicembre 1492, sei giorni dopo il primo approdo all´isola di Hispaniola, e tre giorni dopo averla battezzata e averne preso formale possesso, avvenne il primo incontro con l´oro

E l’oro uccise gli Indios. La Repubblica 04/11/2005. Il 12 dicembre 1492, sei giorni dopo il primo approdo all´isola di Hispaniola, e tre giorni dopo averla battezzata e averne preso formale possesso, avvenne il primo incontro con l´oro. L´Ammiraglio mandò tre marinai a terra, i quali si imbatterono in alcuni indigeni nudi «che però si dettero alla fuga, ma riuscirono a prendere una donna», guarda caso «molto giovane e bella», che condussero sulla Santa Maria al cospetto di Colombo. «Portava un adorno d´oro al naso, per cui [l´Ammiraglio] ritenne che sull´isola ci fosse l´oro, e non si ingannò». Così Las Casas nella sua trascrizione del diario di Colombo. Nei giorni seguenti, e fino al 16 gennaio, giorno in cui fecero vela per la Spagna, Colombo e i suoi uomini ebbero occasione di vedere molti indigeni con ornamenti d´oro e di riceverne in dono o in scambio. Abbastanza per convincersi che di oro ce ne fosse e che bastasse cercarlo. Abbastanza per convincere la Corte che una seconda, grande spedizione, dovesse essere approntata. Tre anni dopo Colombo tentò – e fallì – una vera e propria depredazione organizzata dell´oro, imponendo a ciascun nucleo familiare la consegna ogni tre mesi di un cascabel pieno d´oro (il guscio di una campanella usata come dono ai nativi). La «mortifera fame dell´oro», espressione di Pietro Martire, fu l´archetipo della Conquista, una fame che tormentava capi e subalterni, la Corte e il re. Pietro Martire era nel vero quando affermava che fu «mortifera», almeno nella fase iniziale della Conquista: fu tale perché l´alto rischio delle prime spedizioni impose un rapido e alto ritorno economico, perché giustificò violenze e soprusi, perché coinvolse una numerosa manodopera. Con la maturazione e l´assestamento del dominio iberico sull´America e con il rapido ridursi della produzione dell´oro – verso la metà del Cinquecento – presero slancio la ricerca e la produzione dell´argento, e quest´ultima rapidamente sovrastò (in valore) quella del pregiato metallo. La produzione d´argento non ebbe il volto della rapina come quella dell´oro, bisognosa com´era di forti investimenti e di una solida imprenditoria. Non fu perciò distruttrice come la ricerca dell´oro, ma ne ereditò la nera fama, scolpita nell´invettiva: «Non è l´argento che mandiamo in Spagna, ma il sudore e il sangue degli indios». Ma qual è il quadro d´insieme della produzione di metallo prezioso in America? Le fonti sono tre: il pagamento del quinto alla Corona sul minerale estratto e raffinato; l´attività della zecca; le spedizioni di metallo prezioso in Spagna registrate nella Casa de Contratación di Siviglia. Per le importazioni, dall´inizio della registrazione, nel 1503, al 1650 furono importate in Spagna 181 tonnellate d´oro e 16.886 tonnellate d´argento: poiché in termini di valore unitario il rapporto fra i due metalli fu compreso tra 1:10 e 1:15, si può dire che, approssimativamente, il valore dell´argento importato fu pari a circa otto volte quello dell´oro. Fino alla metà del Cinquecento, però, in Spagna arrivò quasi esclusivamente oro, perché la scoperta e la messa in produzione delle miniere d´argento in Messico e in Perú, che furono quasi contemporanee, avvennero tra il 1545 e il 1555. Fin verso il 1525 le importazioni d´oro provengono dalle Grandi Antille; in primo luogo da Hispaniola, fin dal 1494; da Portorico a partire dal 1505; da Cuba a partire dal 1511, dalla Giamaica (già quasi spopolata) in misura minima dal 1518. Nelle tre isole maggiori l´esportazione diminuì rapidamente dopo il 1515, con la razzia degli stock detenuti dagli indios, l´esaurimento dei giacimenti alluvionali, l´assottigliarsi rapidissimo della manodopera indigena. Esaurite e spopolate le isole, la ricerca si estese nella terraferma caraibica (soprannominata all´inizio Castilla de Oro) – Darién, Veragua, Panamá – anch´essa ben presto spopolata. Successivamente le importazioni di oro provennero dal Perú, soprattutto per rapina dello stock accumulato nei secoli per fini cerimoniali e religiosi: l´infame riscatto di Atahuallpa – un vasto locale riempito fino ad altezza d´uomo di oggetti preziosi – valse quasi dieci tonnellate d´oro. In seguito, dopo la metà del secolo, l´oro di miniera proveniente dalla Nueva Granada e dalla Nueva España si sostituisce a quello alluvionale (estratto dal letto dei fiumi) e la produzione raggiunge il suo punto massimo (43 tonnellate importate in Spagna nel 1551-60). La produzione d´argento sorpassava nettamente, oramai, quella aurifera. Come mai la ricerca dell´oro fu distruttrice degli indios? Quanti furono gli indios coinvolti? E perché un´attività non particolarmente pericolosa ebbe effetti perversi? Nei primi cinquant´anni del Cinquecento, la Spagna importò, in media, circa una tonnellata d´oro all´anno. L´entità dell´oro prodotto fu senza dubbio molto più elevata, come confermano quasi tutte le testimonianze dell´epoca, perché la convenienza a eludere il pagamento del quinto era grandissima. Supponendo che la produzione fosse stata doppia, ci si può domandare quanta dovesse essere la manodopera impegnata nell´attività di ricerca. Una risposta diretta non è possibile, ma una indiretta, largamente congetturale, sì. Nelle condizioni di estrazione allora prevalenti la produttività media di un cercatore, in un anno, aveva dei limiti. Solo in casi del tutto eccezionali essa poteva giungere a mille grammi; nella maggioranza dei casi documentati era di poche centinaia, con un limite inferiore di cento. Assumendoli come limiti minimo e massimo, ciò avrebbe corrisposto a una forza lavoro direttamente impegnata nella ricerca compresa tra un minimo di duemila e un massimo di ventimila unità/anno. Ma l´entità della popolazione indirettamente coinvolta – a cominciare dai familiari dei cercatori, dagli indios impiegati nella produzione degli alimenti e nel rifornimento delle aree minerarie – dovette essere un multiplo pari a dieci (e più) volte quella dei cercatori. Cosicché le migliaia, o decine di migliaia, di cercatori direttamente impegnati nell´estrazione dell´oro coinvolgevano un insieme demografico assai più grande, concentrato nelle regioni ricche di giacimenti e spesso povere di uomini. Hispaniola, Cuba, Portorico e Giamaica erano isole con popolazione relativamente ridotta, dove le ordinanze del re permettevano di mobilitare nella ricerca un adulto su tre. In queste isole, e forse nella Castilla de Oro, la mobilitazione umana fu rilevante rispetto alla popolazione. Nel governatorato di Popayán (Regno di Nueva Granada, attuale Colombia) si producevano (ufficialmente) tra il 1546 e il 1599 circa 400 chilogrammi d´oro in media all´anno. Era la regione di maggior produzione aurifera dell´America a sud di Panamá, che si spopolò rapidamente (71 mila tributari nel 1559, 33.600 nel 1582). stato calcolato che un terzo dei tributari fosse coinvolto, direttamente o indirettamente, nella ricerca dell´oro, con gran detrimento della produzione agricola. Così lavoro duro e forzato, abbandono dell´agricoltura, climi malsani e alimentazione insufficiente spiegano «che la speranza di vita degli indios delle miniere fosse molto corta, che morissero in gran quantità, che la natalità non riuscisse nemmeno a pareggiare la mortalità. Altrove gli effetti furono localizzati o nulli. La tecnica della ricerca dell´oro nei depositi alluvionali e nelle sabbie dei corsi d´acqua nelle Antille è descritta con precisione da Las Casas e da Oviedo. Dapprima veniva scavata, in un posto promettente, una trincea quadrata di otto o dieci piedi di lato, e profonda uno o due palmi; quindi la terra veniva trasportata a un fiume o torrente prossimo, dove veniva lavata e passata in bateas, una sorta di grandi scodelle di legno, nel fondo delle quali si depositavano le sabbie d´oro o le piccole pepite. Il lavoro di scavo, quello di trasporto e quello di lavaggio erano compiuti da gruppi diversi di indios; per il lavaggio venivano impiegate anche le donne. «Quando si domanda quante bateas di lavaggio ha un cercatore in attività e questi risponde che ne ha dieci, s´intende di norma che con simile scala di attività impiega cinquanta lavoratori, poiché ce ne sono cinque per ogni batea». Se l´esito del primo scavo era stato positivo, la trincea veniva approfondita e ampliata, altrimenti un altro saggio veniva ripetuto altrove. Gli indios venivano mandati alle miniere in cuadrillas (squadre), spesso a decine e decine di miglia di distanza dal loro villaggio per demoras (periodi di lavoro) fino a un totale di dieci mesi, lavorando sotto il comando di un soprastante spagnolo. Dovevano essere riforniti del cibo prodotto nei lontani villaggi o in campi prossimi alle miniere. Questo implicava un forte aggravio di lavoro per coloro che non erano convogliati nelle miniere, per la produzione, la preparazione, il trasporto degli alimenti. Quando, nella prima decade del Cinquecento, fu generalizzato il sistema dell´encomienda, i titolari delle stesse erano invitati a mandare un terzo degli uomini validi alle miniere e alla spinta del lucro privato si aggiungeva l´insa-ziabile appetito della madrepatria. Come descritto da Oviedo, il lavoro non appare in sé particolarmente duro, ma Las Casas, in un´opera più meditata e meno intrisa di passione, indica i meccanismi distruttivi della ricerca dell´oro ai tempi di Ovando (1502-09) dei quali fu testimone diretto. Massimo Livi Bacci