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 2005  novembre 10 Giovedì calendario

Ipnosi, parola evocativa che non lascia indifferenti: soltanto a sentirla c’è chi prova immediata repulsione o paura, e chi invece ne è affascinato

Ipnosi, parola evocativa che non lascia indifferenti: soltanto a sentirla c’è chi prova immediata repulsione o paura, e chi invece ne è affascinato. Considerata per anni una tecnica per tipi suggestionabili, da 40 anni l’ipnosi è invece studiata scientificamente e trova spazio su riviste mediche specializzate. Aumentano le conoscenze sull’ipnosi e diminuisce lo scetticismo a essa associato. Scoperte recenti dimostrano che l’ipnosi può facilitare processi cognitivi (memoria, apprendimento), può aiutare a liberarsi da sintomi di tipo psicosomatico (cefalee, disturbi digestivi) o di tipo psichico (fobie, paure, insicurezze, ansia) e da dipendenze (fumo, alcol, cibo). Le ricerche hanno dimostrato che l’ipnotizzabilità non è legata a ingenuità, isteria, problemi psicologici, tendenza alla sottomissione, immaginazione. Anzi, senza l’attiva volontà del paziente l’ipnosi non funziona. Ipnosi: qualcuno mette in trance un altro. Che cosa è la trance? « una fase di distacco, di apparente dormiveglia», risponde Mauro Scardovelli, esperto d’ipnosi, «in cui i soggetti ipnotizzati rimangono comunque vigili». Qual è la differenza tra fasi del sonno e ipnosi? «Durante il sonno la persona perde qualunque contatto col mondo esterno producendo, durante la fase Rem, i sogni», risponde Fabio Tamanza, medico chirurgo, dentista, counsellor, esperto di ipnosi ericksoniana, che insegna l’utilizzo dell’ipnosi nella relazione medico-paziente all’Università di Brescia. «Durante la trance ipnotica, invece, il contatto col mondo rimane, restando però come sullo sfondo di un’attenzione centrata sui propri processi sensoriali interni: immagini, suoni, sensazioni. L’ipnosi è essenzialmente uno stato di coscienza, in cui la persona sperimenta un’attenzione amplificata nei confronti del proprio mondo interno, a scapito dell’attenzione al mondo esterno». Freud smise di praticare l’ipnosi dicendo che curava i sintomi, non le cause del disagio. così? «Va fatta una precisazione», afferma Scardovelli. «Quella di cui parlava Freud è l’ipnosi direttiva. Essa è ancora utile, ad esempio, per ridurre il dolore fisico senza ricorrere all’anestesia, ma non si considera una forma di terapia. L’era moderna dell’ipnosi umanistica comincia con Milton Erickson. La forma direttiva è abbandonata a favore di tecniche d’induzione che aiutano la persona a entrare in contatto con la sua mente inconscia, il suo centro vitale e creativo. La frattura e il conflitto conscio-inconscio, all’origine del disagio fisico e psichico, sono appianati e risolti parlando un nuovo tipo di linguaggio, idoneo a creare un ponte tra i due emisferi. Proprio consentire il collegamento fra i due emisferi è il presupposto scientifico su cui si basa l’ipnosi, provato da molte ricerche scientifiche che vanno a studiare l’attività delle diverse porzioni del cervello». Come mai c’è ancora chi resta scettico nei confronti dell’ipnosi? «Ormai il mondo scientifico approva, studia e conosce questa pratica», interviene Tamanza. «L’ipnosi ha spesso sollevato dubbi e superstizioni per l’uso da baraccone che se ne è fatto in passato e anche per la naturale paura dell’essere umano per ciò che è difficile da comprendere e per ciò che non si conosce. Oggi basta documentarsi un po’ per rendersi conto della serietà degli studi scientifici che riguardano questa pratica». Sotto ipnosi potrei rischiare di levitare, di andare a camminare sui tetti e di fare qualcosa contro la mia volontà? «Durante la trance ipnotica si possono verificare fenomeni che hanno a che fare con movimenti di varie parti del corpo - come la levitazione di una mano - o movimenti delle dita; questi sono dovuti alla possibile perdita del controllo conscio sulla muscolatura, dato dal profondo rilassamento della trance, e sono comunque il più delle volte percepiti dal soggetto», sottolinea Tamanza. «Bisogna chiarire comunque che non può essere mai indotto un comportamento che sia rischioso o lesivo per il soggetto o che vada contro la sua volontà, il suo sistema di valori e i suoi principi». «Infatti l’ipnosi umanistica è un modo per risvegliarsi a una nuova e più profonda comprensione di sé e del mondo», sottolinea Scardovelli. «A partire da Erickson, l’ipnosi clinica non mira a ipnotizzare le persone, ma, al contrario, a de-ipnotizzarle, cioè a svegliarle dalla trance ordinaria o idiosincratica in cui comunemente si trovano, quello stato di coscienza condiviso per il fatto di appartenere a una certa cultura». Sta dicendo che, per esempio, essere esposti alla tivù, a un linguaggio, a un modo di pensare, ci fa vivere costantemente in uno stato di trance? «Esattamente», conferma Scardovelli. «Attraverso educazione, esempi, messaggi e uso del pensiero-linguaggio, cui tutti siamo esposti, impariamo sin da bambini a operare certe distinzioni e non altre, a selezionare solo certe figure sullo sfondo e non altre. In altri termini, apprendiamo a percepire solo ciò che riusciamo a nominare, e a non percepire più ciò che sfugge al dominio di queste distinzioni linguistiche, relegandolo in tal modo nell’inconscio. Impariamo, cioè, a non vedere più intere porzioni della realtà (cancellazioni), e a deformare sistematicamente altre porzioni (distorsioni, proiezioni ecc.)». Quindi l’ipnosi apre delle finestre anche linguistiche su un nuovo modo di vedere la vita quotidiana? «Precisamente», prosegue. «In alcuni casi è come se ci ostinassimo a guidare l’automobile con gli occhi bendati. Ciò che occorre non è diventare più bravi come piloti, o avere più fortuna per evitare incidenti, ma è togliersi la benda e cominciare a vedere la strada lì dove si trova, e non dove alluciniamo che sia. L’ipnosi è uno dei modi che può essere utilizzato per togliersi la benda dagli occhi». Nella sua esperienza, qual è l’ambito che più comunemente trascuriamo e deformiamo nel nostro stato ordinario di trance? «Possiamo studiare tutta la vita, essere filosofi, scienziati, politici, insegnanti, ed essere però profondamente ignoranti nel campo delle relazioni interpersonali e della conoscenza di sé, gli ambiti in cui oggi alluciniamo di più. Esistono persone brillanti nel loro lavoro che non riescono ad avere una relazione di coppia soddisfacente; padri e madri che non sanno come cavarsela con i figli; insegnanti che non comunicano con gli allievi; dirigenti e dipendenti che vivono relazioni frustranti. Vi sono persone che non capiscono che cosa vogliono dalla vita; altre che soffrono di disturbi psicosomatici; altre che sono affette da depressione, rassegnazione, cinismo. Altre persone si sentono cronicamente sole, insicure o ansiose, soffrono di fobie o attacchi di panico. Altre sono limitate da compulsioni e avversioni. In realtà, è soprattutto un modo di vedere le cose». Quindi viviamo tutta la vita indossando un paio di occhiali deformanti rispetto alla realtà. Ma se questa è la diagnosi, qual è la terapia? «Il recupero delle informazioni mancanti e delle informazioni corrette al posto di quelle distorte, per poter disporre di una mappa attendibile della realtà attraverso, per esempio, l’ipnosi», risponde Scardovelli. Chi può ricorrere all’ipnosi? «Sono tentato di dire tutti: non soltanto chi vuole risolvere specifici sintomi o problemi, ma anche chi mira a produttività, benessere e realizzazione, e desidera far emergere e sviluppare qualità dell’essere come pace, felicità, amore, fratellanza, creatività e gioioso entusiasmo. Nella nostra cultura, improntata all’individualismo e alla competizione, tali qualità restano sullo sfondo: non si fa nulla per riconoscerle e coltivarle, le si considera virtù innate neppure troppo auspicabili per farsi strada nella vita. Mentre ci applichiamo anni e anni sui banchi di scuola per apprendere discipline come la storia, la matematica o le lingue, considerate giustamente importanti, non dedichiamo alcuna attenzione e impegno ad apprendere quell’insieme di qualità umane e spirituali, che sono decisive per la nostra realizzazione come persone, in mancanza o in carenza delle quali insoddisfazione, sofferenza, rassegnazione diventano nostri usuali compagni di viaggio». Molti esperti del settore, sulla scia di Freud, sostengono che l’obiettivo di una psicoterapia è raggiungere una ”sostenibile infelicità”. Lei invece usa parole grosse come felicità, pace... «Sì, obiettivo della mia scuola, e di quanti in Italia usano queste tecniche, è recuperare la piena capacità di amare e vivere relazioni intense e felici, scoprendo che esse sono a portata di mano e fanno parte della nostra più intima e profonda natura. Non dobbiamo accontentarci di raggiungere una sostenibile infelicità: sarebbe un tradimento del nostro sé profondo». E sottolinea: «Per accedere alle qualità dell’essere è indispensabile una sorta di risveglio. Soltanto in tale maniera riusciamo a vedere con chiarezza che le fonti della nostra infelicità risiedono nel nostro intimo, nel fatto di aver condiviso e assecondato le usuali motivazioni dell’Ego: paura, avidità, dominio, orgoglio, desiderio di apparire. Esse agiscono come inquinanti che avvelenano la nostra mente, ci relegano nell’inconsapevolezza, rendendoci incapaci di amare e gioire». Direbbe quindi che, se fosse più conosciuta e praticata, l’ipnosi umanistica contribuirebbe allo sviluppo di un’autentica cultura di pace? «Senza dubbio, sono convinto che i semi della guerra vadano cercati al nostro interno, nello stato di coscienza ordinario, saturo di virus competitivi, e nelle nostre abitudini e scelte di vita scarsamente ecologiche e rispettose della nostra vera natura e delle nostre qualità spirituali».