MACCHINA DEL TEMPO APRILE 2005, 10 novembre 2005
Dall’Italia della mondina Silvana Mangano in Riso amaro, alla Roma della Dolce vita, con Anita Ekberg, diva svedese, immersa nella fontana di Trevi
Dall’Italia della mondina Silvana Mangano in Riso amaro, alla Roma della Dolce vita, con Anita Ekberg, diva svedese, immersa nella fontana di Trevi. Questa immagine cinematografica ben si adatta a descrivere come cambiò la nostra vita nel periodo compreso tra le elezioni del 18 aprile 1948 e le Olimpiadi di Roma del 1960. Da Nazione soprattutto contadina e per la gran parte analfabeta (nel 1951 non sapevano leggere e scrivere quattro milioni e mezzo d’italiani), il Belpaese si trasformò in potenza economica e industriale tra le più grandi d’Europa. La mostra Annicinquanta, la nascita della creatività italiana, fino al 3 luglio al Palazzo Reale di Milano, racconta quello straordinario decennio con oltre settecento opere tra dipinti, sculture, documenti, fotografie, filmati, abiti e oggetti di design. Il tutto diviso in sezioni: dalla moda al cinema, dall’arte all’architettura, dal costume alla televione. L’abito di linda christian La prima sezione, Costume e società, nella Sala delle Cariatidi, mostra cimeli come le biciclette di Coppi e Bartali, il prototipo in mogano della prima Cinquecento, la Lettera 22 di Indro Montanelli, i primi scooter. E poi l’abito da sposa di Linda Christian, che ha una lunga storia. Per realizzare un primo modello, vennero impiegati 150 metri di tulle. Il matrimonio doveva essere celebrato nell’agosto del 1949, ma il tempo richiesto per il divorzio di Tyrone Power dalla prima moglie, l’attrice francese Annabella, costrinse la coppia a rimandare le nozze al gennaio successivo: Linda, convinta che le avesse portato sfortuna mostrarsi al futuro marito con l’abito nuziale, lo strappò. Venne quindi disegnato il nuovo abito, quello che ancor oggi possiamo ammirare: di raso pesante, tutto ricamato con piccole perle coltivate e applicazioni di merletto di Bruxelles, come acconciatura una sorta di cuffietta da cui si allargava il velo e, al posto del bouquet, un manicotto di raso al quale erano applicate piccolissime orchidee bianche che il padre della sposa aveva spedito dall’Olanda. Ascolto di palazzo Le trasmissioni televisive regolari su territorio nazionale cominciano alle ore 11 di domenica 3 gennaio 1954. Ed è di Mike Bongiorno il primo programma trasmesso nel pomeriggio dalle 14.30 alle 14.45, dal titolo Arrivi e partenze. La formula è semplice: una serie di incontri – in studio o filmati all’aeroporto di Ciampino – con personaggi famosi di passaggio a Roma. Il palinsesto Rai degli anni Cinquanta accosta programmi di varietà e quiz - basti pensare a Lascia o raddoppia? - a trasmissioni di informazione, cultura, musica e sport (il primo numero della Domenica sportiva è del 1954). All’epoca un televisore 17 pollici costava 160-240 mila lire, l’abbonamento Rai 18 mila lire (lo stipendio medio di un impiegato era di 50 mila lire). All’inizio dell’anno gli abbonati sono 24 mila, alla fine dell’anno 88.118. La gente si organizza come può, sfruttando le vetrine dei negozi di elettrodomestici o riversandosi nell’appartamento del vicino di casa più ricco. Il fenomeno dell’’ascolto di palazzo” durerà per quattro o cinque anni. Il manifesto di amarcord All’epoca di Amarcord, Federico Fellini scrisse una lettera a Giuliano Geleng per spiegare come voleva il manifesto per il lancio del film. Nella missiva (scritta con l’inseparabile Lettera 22) si legge: «Caro Giuliano, mi dicono che ieri sera c’eri anche tu alla proiezione e che il film ti è piaciuto molto. ovvio che la cosa mi lascia indifferente. Pensa piuttosto che l’uscita di Amarcord è prevista tra un mese e si tratta quindi di farci venire qualche ideina per il manifesto... Il manifesto dovrebbe a colpo d’occhio sprigionare la lietezza squillante di una cartolina natalizia, o meglio pasquale; il colore dovrebbe essere netto, lucido, sonoro, insisto sulla sonorità; dal manifesto dovrebbe uscir fuori una specie di scampanio, di voci, di grida e aria e luce e vento. Non spaventarti... Tutti i personaggi del film dovrebbero come affacciarsi dal manifesto... Ultima cosa, questa davvero seria: non sarai pagato, ma in compenso tra un mese tutto deve essere pronto. Conto su di te, chissà perché...». Nella sezione dedicata al cinema ci sono per l’appunto manifesti originali, oggetti di scena, costumi, ma anche le caricature di Maccari dell’onorevole Andreotti, allora sottosegretario allo Spettacolo. Aspirapolvere da spalla L’architettura, naturalmente, deve confrontarsi con l’impegnativo e stimolante tema della ricostruzione del Paese. Segno della svolta politica del 1948 sarà il Piano Fanfani (1949), che darà origine alla Gestione INA-Casa con il titolo «Provvedimenti per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per lavoratori». Manifesto del neorealismo architettonico e insieme dell’ideologia dell’INA-casa è il quartiere Tiburtino a Roma, che vede riuniti tra il 1949 e il 1954 gli architetti Quaroni e Ridolfi. Ma è il design uno dei settori nei quali meglio si vede il formarsi di una nuova creatività, ben documentata da questa mostra. Sono esposti oggetti d’uso quotidiano (come la macchina per cucire, il ventilatore portatile, gli occhiali da motociclista firmati Baruffaldi, la penna a sfera Auretta firmata da Albe Steiner per l’Aurora) ma anche i brevetti più bizzarri come il piatto inclinato per minestre o il dado per giocare al Totocalcio. Nella nuova disciplina si cimentano i grandi maestri dell’architettura, di cui si ammirano diverse opere. Tra queste, l’aspirapolvere Rem in nylon rosso dei fratelli Castiglioni, con un’elegante cinghietta in pelle per portarlo a spalla. I tagli di fontana Nel secondo dopoguerra Firenze diventa la vetrina della produzione di moda più prestigiosa del nostro Paese, Roma si dedica all’industria cinematografica di Cinecittà, a Milano si impone uno stile semplice e sobrio. La sezione dedicata alla moda riflette questo variopinto scenario. In mostra i raffinati abiti da sera delle collezioni Schubert, Fontana, Veneziani e Biki; i «modelli da cocktail», termine coniato da Dior per descrivere gli abiti corti ed eleganti. E poi modelli realizzati con materiali innovativi come l’ «abito della Tessitrice dell’isola», realizzato in tela di cellophane. Il percorso fotografico, invece, propone oltre 150 opere di grandi fotografi italiani e stranieri che documentano i mille volti di un paese in trasformazione. Tra questi Mulas, con le periferie di Milano. La sezione dedicata all’arte propone anche opere di Guttuso e di Lucio Fontana. Quest’ultimo una volta, per fare una dimostrazione di spazialismo durante un’intervista, tagliò obliquamente una tela con un fendente netto e chiese al giornalista cosa vedesse. Poiché questi non vedeva che un taglio, si spazientì: «Oltre, oltre il taglio. Oltre c’è lo spazio, la vita. La sua fantasia, se ne ha un poco, non le dice nulla?».