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 2005  novembre 10 Giovedì calendario

Una scommessa. Più specificamente, una scommessa sul futuro. Questa modalità originale di confronto tra idee scientifiche fu proposta nel 1980 dall’economista ”ottimista” sul legame popolazione-risorse Julian Simon al biologo e demografo ”pessimista” Paul Ehrlich

Una scommessa. Più specificamente, una scommessa sul futuro. Questa modalità originale di confronto tra idee scientifiche fu proposta nel 1980 dall’economista ”ottimista” sul legame popolazione-risorse Julian Simon al biologo e demografo ”pessimista” Paul Ehrlich. Una dozzina di anni prima, Ehrlich, autore di moltissimi saggi sulle riviste scientifiche più prestigiose, aveva pubblicato il volume La bomba della popolazione. La corrente pessimista cui apparteneva Ehrlich, che verrebbe oggi definita ”neo-malthusiana”, vede l’eccessiva crescita demografica come la causa principale dei problemi relativi allo sviluppo economico e all’ambiente. Secondo questa corrente di pensiero, già illustrata da Robert Malthus nel Saggio sul principio della popolazione (1798), l’aumento degli abitanti delle terre porta ad un aumento della domanda di beni scarsi; il conseguente aumento dei prezzi rende tutti più poveri. Apparteneva invece alla corrente ottimista, storicamente contrapposta alla precedente, Julian Simon, economista di orientamento liberista, che proprio in quell’anno pubblicava il volume La risorsa finale. Secondo Simon la crescita della popolazione è un fattore positivo, tra l’altro per le spinte innovative generate sotto la pressione demografica o per i risparmi indotti ad esempio nei trasporti da popolazioni più dense (si pensi ad esempio alla diffusione dei trasporti ferroviari, che collegano zone densamente popolate). La visione ottimista sulla crescita della popolazione come fattore di spinta dell’economia ha diversi padri, a partire da Aristotele e passando per Mao. Mao Tse-Tung, nel 1949, dichiarò: « positivo il fatto che la Cina abbia una vasta popolazione. Anche se la popolazione della Cina dovesse moltiplicarsi molte volte, essa sarebbe in grado di trovare una soluzione ai problemi posti dal suo incremento; la soluzione sta nella produzione. Rivoluzione più produzione possono risolvere il problema di alimentare la popolazione». Ma torniamo alla scommessa. Nello schema pessimista maltusiano o neo-malthusiano, uno dei campanelli di allarme da considerare per quanto concerne il benessere economico di una popolazione è una maggiore scarsità dei beni o risorse fissi (ad esempio perché ottenuti attraverso l’estrazione in giacimenti o miniere). Questa maggiore scarsità si traduce in maggiori prezzi reali a parità di quantità. Simon propose ad Ehrlich di scommettere sull’andamento dei prezzi di un insieme di beni che nel 1980 valevano complessivamente 1000 dollari; si trattava di 200 dollari per ciascuno di cinque metalli (Rame, Cromo, Nickel, Stagno, Tungsteno). Se dieci anni dopo il prezzo dei metalli (corretto per l’inflazione) fosse aumentato, Simon avrebbe pagato l’equivalente della differenza tra il nuovo prezzo e i 1000 dollari, riconoscendo in ciò un segno della crescente scarsità di risorse considerate fisse. Se il prezzo dei metalli fosse diminuito, Ehrlich avrebbe pagato l’equivalente della differenza tra i 1000 dollari e il nuovo prezzo, riconoscendo in ciò un segno della capacità dell’uomo e dei mercati di ovviare alla presunta scarsità delle risorse considerate fisse. Ehrlich accettò la scommessa. Nel 1990, il prezzo di tutti e cinque i metalli era calato rispetto a dieci anni prima. Ehrlich dovette dunque spedire a Simon un assegno di 576 dollari e 7 centesimi. Simon celebrò la vittoria come un esempio dell’incapacità predittiva dei pessimisti. Per fortuna, però, il dibattito sul legame popolazione-risorse non si concluse nel 1990. Le più prestigiose riviste scientifiche continuano ancor oggi ad ospitare articoli che promuovono il punto di vista ottimista e quello pessimista (questi ultimi in maggioranza). Lo stesso Simon, ad esempio, perdette una seconda scommessa: nel 1996 scommise contro David South, esperto di agraria, che il prezzo del legname dell’Alabama sarebbe calato nei prossimi cinque anni. Questa volta l’esito non fu favorevole per l’ottimista Simon, che dovette riconoscere la sconfitta. Recenti sono le analisi sul legame tra popolazione e sviluppo economico nel lunghissimo periodo, che si basano su pazienti ricostruzioni storiche delle informazioni sull’andamento della popolazione e dell’economia. Michael Kremer, ad esempio, ha pubblicato nel 1993 un articolo sul legame tra crescita demografica e cambiamento tecnologico, partendo da un milione di anni or sono per arrivare fino al 1990. Kremer ha mostrato come le popolazioni più numerose si sono sviluppate di più nel corso della storia, e sono state caratterizzate da tassi di innovazione tecnologica più elevati. Le evidenze scientifiche recenti non sono tuttavia tutte di stampo ”ottimista”. Coloro che hanno studiato l’impatto ambientale (ad esempio le emissioni di anidride carbonica), anche partendo da un modello matematico sviluppato da Ehrlich, hanno mostrato in modo scientificamente solido il ruolo negativo della crescita demografica sull’impatto ambientale. Il modello di base, detto ”I=PAT” vede l’impatto ambientale (I) come prodotto di tre fattori: la popolazione (P), il benessere economico (A), la tecnologia (T). Se il modello I=PAT vede inequivocabilmente la crescita di popolazione come una causa primaria dell’aumento dell’impatto ambientale, esso mostra anche il potenziale ruolo delle tecnologie nel bilanciare tale aumento. Possiamo dunque dire che non vi sia ad oggi una risposta valida in generale alla questione della relazione tra crescita della popolazione e sviluppo economico. In alcune situazioni la crescita della popolazione sembra essere condizione necessaria per lo sviluppo economico. In altri casi produce impatto ambientale. Ricerche in questo campo d’indagine, a cavallo tra demografia, economia, sociologia, ecologia ed altre scienze naturali, aiuteranno presumibilmente a fornire risposte mirate, che dovranno essere prese in grande considerazione nella formulazione di politiche.