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 2005  novembre 05 Sabato calendario

Come Mughini ha dato il benservito al povero Bonolis. Corriere della Sera 05/11/2005. Una sconfitta così nessuno se l’immaginava

Come Mughini ha dato il benservito al povero Bonolis. Corriere della Sera 05/11/2005. Una sconfitta così nessuno se l’immaginava. Paolo Bonolis rinuncia a ”Serie A”. E’ come se il Milan perdesse a San Siro con il Treviso cinque a zero. Il 4 novembre, i resti di quello che fu uno dei più potenti presentatori televisivi risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza. Adesso a Mediaset s’affrettano a gettare acqua sul fuoco, tentano di metterci una pezza, sperano che il programma continui. Ma ormai la frittata è fatta, anche se Bonolis resta. Che le cose stessero precipitando lo si poteva intuire da molti segnali: la strana assenza di domenica scorsa (un po’ di febbre non ha mai sconfitto la vanità dell’apparire), subito interpretata come paura del bagno di ascolti per l’assenza della partita clou, Juve-Milan; il malcelato nervosismo del manager Lucio Presta (uno che strapazza per strada Giletti, se la prende coi cronisti e minaccia ritorsioni, gira con il porto d’armi); l’insofferenza della redazione sportiva. Ma il segnale più tremendo è arrivato ieri: nella sua rubrica che tiene sul Foglio, Giampiero Mughini ha dato gli otto giorni a Bonolis come fosse una colf. Anzi, per sostituirlo, ha proposto brutalmente la sua, di badante. Mughini interpreta i malumori di Ettore Rognoni, il potente dominus dello sport di Mediaset, un tipino non facile, è l’esegeta di Sandro Piccinini, qualche volta si comporta da braccio armato di ”Controcampo”. Perciò, quella nota è stata peggio di un licenziamento in tronco. Bonolis ci ha messo del suo per firmare questo fallimento. Aveva contro l’intera redazione sportiva, che si è sentita espropriata del bene più prezioso, ma l’errore imperdonabile è stato quello di parlare di calcio da spiritoso. Il calcio, a quell’ora, a caldo, ha bisogno di una sua sacralità, di una sua liturgia, di una sua essenzialità. Inutile condire tutto con un italiano finto colto, inutile servirsi della Gialappa, inutile cercare di creare dei personaggi comici alla Franco Ligas. Il vecchio ”90?minuto” faceva anche ridere, ma non cercava mai la risata di proposito. Paolo Valenti celebrava messa con la saggezza di un vecchio parroco che sa che nel suo gregge esistono pecore nere. Non metteva mai in imbarazzo i suoi inviati per il gusto di strappare una risata, teneva ben distinto lo sport dallo spettacolo. Sapeva che Carino, Necco, Bubba, Sposini erano delle macchiette ma lasciava fare, non s’impancava a capocomico e a maestro di vita. L’altro guaio è che, volere o volare, Bonolis ha tirato un grosso pacco a Piersilvio Berlusconi. Che non esce bene da questo pasticcio, comunque vada a finire. Ha fatto la figura di chi ha strapagato i diritti del calcio, pur di sottrarli al Servizio pubblico e fare business con Bonolis. Ha fatto la figura (non certo felice) di chi litiga con il Servizio pubblico e con Adriano Galliani (uno di famiglia) perché a ”Quelli che il calcio” danno l’annuncio dei gol in diretta. Ha fatto la figura di chi non riesce a gestire le grane interne, lo scontro fra il clan Bonolis e il clan Rognoni. Intanto Antonio Ricci gode come un riccio. Come Franti, l’infame sorrise. Aldo Grasso