MACCHINA DEL TEMPO maggio 2005, 9 novembre 2005
Tornare a volare. Lanciare ancora lo Shuttle verso la Stazione Spaziale Internazionale e vederlo rientrare sulla Terra sano e salvo
Tornare a volare. Lanciare ancora lo Shuttle verso la Stazione Spaziale Internazionale e vederlo rientrare sulla Terra sano e salvo. Dimostrare che le tre navette rimaste in servizio possono farcela ad andare ancora avanti per almeno altri cinque anni, fino a che non entrerà in gioco un’astronave nuova di zecca, ancora tutta da progettare. Il 15 maggio prossimo, data prevista dalla Nasa per il lancio, sarà la navetta Discovery a portare sulle spalle tutto questo, e molto di più. In quel primo pomeriggio della Florida (sarà sera in Italia) la scommessa sarà anche sul futuro americano nello spazio. Sono trascorsi poco più di due anni da quel primo febbraio 2003, quando lo Shuttle Columbia si disintegrò durante il rientro uccidendo i sette membri dell’equipaggio. Ancora oggi emergono nuove testimonianze della tragedia, come il diario di volo dell’israeliano Ilan Ramon, uno degli astronauti morti. Partendo da alcuni frammenti di carta ritrovati tra i resti precipitati a terra, gli esperti sono riusciti a ricostruire 18 pagine scritte in ebraico, che a marzo sono state consegnate alla famiglia. Le immagini di quella palla di fuoco che avanza nel cielo sereno perseguiteranno astronauti, ingegneri e pubblico per tutto il corso della nuova missione, nata per dimostrare che lo Shuttle è ancora un’astronave efficiente grazie alle numerose modifiche che sono state apportate ai suoi sistemi. Come avvenne dopo l’incidente del Challenger, disintegrato da un’esplosione il 28 gennaio 1986 durante il decollo, anche nel 2003 l’intera flotta Shuttle fu immediatamente messa a terra e una commissione cominciò a lavorare sulle cause e sui possibili rimedi. Il suo rapporto conclusivo puntò il dito contro un frammento di materiale isolante staccatosi dal grande serbatoio di carburante durante il lancio. Il frammento colpì una zona vulnerabile dell’ala sinistra, aprendo un foro nel rivestimento termico. Il Columbia era insomma condannato già dai primi minuti del suo volo, ma nessuno se ne accorse fino a due settimane dopo, quando lo squarcio portò alla tragedia. Dopo le modifiche, ecco una navetta diversa in alcune componenti, ma soprattutto carica di attrezzi per riparazioni d’emergenza. Eileen Collins, comandante del volo, ha dichiarato alla CNN che questa sarà «la missione più sicura che la Nasa abbia mai fatto volare», ma alcuni degli stratagemmi escogitati non sono mai stati provati in volo, anzi, in qualche caso erano considerati fantascienza. Il serbatoio dello Shuttle è la struttura più grande di tutto il complesso. Contiene il propellente per i tre motori principali, circa 37.800 litri di ossigeno e 101.200 di idrogeno sotto forma liquida, a oltre 100° sottozero. Con queste temperature in gioco, il pericolo che all’esterno si formi ghiaccio è costante, soprattutto sui montanti che collegano lo Shuttle al serbatoio. Ma il pericoloso materiale isolante non c’è più. Ora la formazione di ghiaccio sarà invece evitata con resistenze elettriche che sprigionano calore. Quello del Discovery sarà forse il volo spaziale più ”scrutato” della storia. Anche nelle altre missioni c’erano telecamere a seguire il lancio, ma stavolta ce ne saranno molte di più, ad altissima risoluzione. Sul fondo dello Shuttle, poi, c’era una cinepresa che riprendeva il momento del distacco dell’astronave dal serbatoio. Ma aveva una normale pellicola, sviluppabile solo al rientro. Ora ce ne sarà una digitale, che trasmetterà le immagini immediatamente al controllo missione. Una volta in orbita sarà inoltre sfruttata una telecamera montata sul braccio meccanico che si estende dalla stiva dell’astronave: il Canadarm. Il braccio è stato dotato di una prolunga che gli permetterà di portare l’apparecchiatura di ripresa anche sulla ”pancia”. Tutti questi nuovi dispositivi servono a un unico scopo: sapere in che condizioni è il rivestimento che copre le parti più esposte al calore del rientro (i bordi anteriori delle ali) e come stanno le oltre trentamila piastrelle che rivestono il resto della parte inferiore, anch’esse cruciali per sopportare le alte temperature. Scoprire una crepa o un foro potrebbe essere la differenza tra la vita e la morte. Esiste anche un’ultima chance di osservare la pancia dello Shuttle: il braccio meccanico si attaccherebbe alla Stazione Spaziale e, facendo leva su di essa, capovolgerebbe l’astronave. Gli astronauti potrebbero così guardare la parte inferiore dagli oblò della stazione. E se si scopre che qualcosa è andato davvero storto? Allora si dovrà tentare una riparazione, operazione considerata impossibile nei voli precedenti. Due astronauti sono addestrati per uscire nello spazio con le tute e usare uno dei sistemi di ”rattoppo” dei rivestimenti termici. Se c’è una crepa in una piastrella, si userà una schiuma sigillante e anticalore. Se invece risultasse danneggiato il bordo delle ali, si userà una pasta sigillante. Altri accessori d’emergenza sono i fogli di un particolare materiale che potranno essere attaccati con viti alle mattonelle danneggiate. Oppure un altro tipo di schiuma, che gli astronauti potrebbero spruzzare e che, con il calore del rientro, si espanderebbe fino a sporgere dalla zona danneggiata. Questa schiuma non è resistente al calore, ma viene piano piano erosa. Funziona in pratica come gli scudi termici che proteggevano le vecchie astronavi Apollo: consumandosi elimina il calore. Basta che regga fino alla fine. Se venisse scoperto un danno al rivestimento termico, e non si potesse fare nulla per ripararlo, esisterà ancora un’ultima possibilità: lo Shuttle rimarrà agganciato alla Stazione Spaziale. Attualmente lì dentro vivono solo due astronauti, e comunque lo spazio attuale è previsto al massimo per tre. Con i sette della navetta si comincerà a stare decisamente stretti, ma sarà solo per un mese. Questo è il tempo previsto dalla Nasa per lanciare un secondo Shuttle di soccorso, l’Atlantis. Partirà con quattro astronauti, caricherà i naufraghi e li riporterà giù. Ma l’Atlantis non potrà agganciarsi alla Stazione perché ci sarà già attraccato il Discovery. Quest’ultimo dovrà essere prima sganciato e poi guidato via radio verso la Terra fino a distruggersi. Insomma, il 15 maggio (ma la data potrebbe slittare fino al 3 giugno) aspettiamoci la folla delle grandi occasioni a Cape Canaveral, dove dalla rampa 39b si staccherà il Discovery. Lo spazio è un posto pericoloso. Forse qualcuno l’aveva dimenticato, ma gli astronauti lo hanno sempre saputo.