MACCHINA DEL TEMPO maggio 2005, 9 novembre 2005
La missione della sonda Cassini poteva risolversi in un flop. Considerato una delle più grandi imprese spaziali recenti, l’invio della Cassini su Titano sta aprendo agli scienziati punti di vista sorprendenti sulla nascita del sistema solare
La missione della sonda Cassini poteva risolversi in un flop. Considerato una delle più grandi imprese spaziali recenti, l’invio della Cassini su Titano sta aprendo agli scienziati punti di vista sorprendenti sulla nascita del sistema solare. Pochi sanno che il viaggio, appena un anno dopo il lancio, ha rischiato di concludersi prima del tempo e in maniera disastrosa. Una pagina segreta della missione che ”Macchina del Tempo” è in grado di ricostruire. Era il 1998 e Cassini stava terminando la seconda orbita attorno al Sole per acquistare una velocità sufficiente al lungo viaggio. Claudio Sollazzo, manager dell’Agenzia spaziale europea per le operazioni a terra della sonda Huygens, ebbe allora un dubbio: la comunicazione tra le due sonde sarebbe avvenuta correttamente? Sollazzo sapeva che problemi di budget avevano limitato i test effettuati e per questo convinse Boris Smeds, lo scienziato responsabile delle comunicazioni, della necessità di fare un test tra le due sonde. Non potendo separarle realmente, Smeds pensò di inviare da terra un segnale che simulasse un normale messaggio, che Huygens avrebbe inviato a Cassini durante la sua discesa su Titano. Il test ideato da Smeds era semplice: un confronto tra il segnale trasmesso da terra (che simulava Huygens) e quello ”rimbalzato” dalla sonda Cassini avrebbe verificato la bontà del sistema di comunicazione. Data la grande distanza, occorsero circa 48 minuti prima di ricevere una risposta dalla sonda. Il segnale di ritorno fu subito inviato al centro di controllo per la decodifica e la verifica. Presto fu chiaro a tutti che qualcosa non stava funzionando: Cassini non aveva capito nessuno dei dati inviati da Terra! Perché mai il sistema di comunicazione studiato dall’italiana Alenia Spazio non stava funzionando? La potenza del segnale era sufficiente e tutti i possibili accorgimenti erano stati presi durante un’intensa simulazione al computer. Che fare? Mentre lo sconforto si stava impadronendo di tutti i responsabili dell’Esa, Smeds ebbe un’intuizione... vecchia di 150 anni: l’effetto Doppler! Tale effetto, scoperto dal matematico e fisico austriaco Christian Doppler (1803-53), comporta che un segnale, sia esso elettromagnetico o sonoro, emesso da una sorgente in movimento relativo rispetto al ricevitore, subisca uno slittamento di frequenza (a tutti noi è capitato di notare come un’ambulanza emetta un suono più acuto mentre si sta avvicinando a noi e più basso mentre si sta allontanando). Ma perché un effetto ormai noto alla scienza e anzi molto usato, poteva rendere impossibile la comunicazione tra le due sonde? La Huygens, atterrata su Titano, è equipaggiata con un debole trasmettitore, sufficiente a inviare i dati a Cassini, in orbita attorno a Saturno. I dati sono poi interpretati da quest’ultima, confrontando con un oscillatore interno la frequenza delle onde radio ricevute. In pratica, quando le due onde (quella costante dell’oscillatore e quella del segnale) sono in fase, ovvero i picchi e le valli si sovrappongono, il decoder interpreta questo come un linguaggio binario dell’informatica. Durante la comunicazione, secondo la missione pianificata, Cassini si sarebbe ritrovata ad allontanarsi dalla luna Titano a una velocità di circa 18-20 metri al secondo. Si provi adesso a pensare cosa sarebbe potuto succedere se, per effetto Doppler, le due onde non si fossero trovate più ad essere in sincronia: i picchi sarebbero divenuti valli e viceversa e del segnale trasmesso si sarebbe persa completamente l’informazione. ”Senza Smeds non ci saremmo mai accorti del problema”, commenta oggi l’ingegnere Robert Mitchel del Jet Propulsion Laboratory.