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 2005  ottobre 26 Mercoledì calendario

Il mostro in diretta. La Stampa TuttoScienze 26/10/2005. Non avviene spesso di incontrare un mito, una di quelle creature fantastiche descritte nelle leggende o nei libri di fantascienza

Il mostro in diretta. La Stampa TuttoScienze 26/10/2005. Non avviene spesso di incontrare un mito, una di quelle creature fantastiche descritte nelle leggende o nei libri di fantascienza. Nessuno mai ha visto il mostro di Loch Ness o lo Yeti, o per lo meno nessuno è mai riuscito a portare le prove dell’incontro con il mostro di turno. Diversa invece la sorte del calamaro gigante, uscito dalla mitologia, o se preferite dai libri di Jules Verne e da non poche raffigurazioni pittoriche, per arrivare fino a noi, diffidenti creature dotate di mentalità scientifica, che in genere preferiscono attenersi ai fatti e non alle favole. La conoscenza di questo spettacolare e inquietante abitante delle profondità marine è di vecchia data e risale almeno al 1874, quando il reverendo Moses Harvey di Newfoundland, Canada, acquistò un calamaro gigante da un pescatore e lo esibì come curiosità locale. Lo zoologo dell’Università di Yale, Addison E. Verrill, approfittò dell’eccezionale opportunità per descrivere in modo scientifico l’esemplare. Catturato, osservato, analizzato. Eppure mancava ancora qualcosa per soddisfare la nostra curiosità, scientifica e non: l’opportunità di guardare questo mostro marino muoversi nel suo ambiente naturale. Dopo quel primo incontro, altri ne seguirono. Animali interi, tentacoli, ma mai un esemplare vivo e vegeto da ammirare, magari da lontano. Mai finora, fino a quando i «Proceedings of the Royal Society» hanno dato l’annuncio tanto atteso e soprattutto le immagini: un Architeuthis, un calamaro gigante, intento a mordere un’esca. Tsunemi Kubodera e Kyoichi Mori, i due autori dell’articolo scientifico, hanno usato le balene come guide verso i luoghi dove si nascondono i più grandi invertebrati esistenti al mondo. L’enorme cetaceo Physeter macrocephalus è il principale predatore naturale dei calamari giganti. Forse l’unico in grado di intraprendere quelle straordinarie battaglie che devono svolgersi nelle abissali profondità oceaniche tra questi «mostri» (chissà se prima o poi assisteremo anche noi a simili scontri). Per ora i ricercatori si limitano a seguire le balene nelle acque del Giappone, al largo delle isole Ogasawara, nel Pacifico settentrionale. E giù, tra i 400 e i 1000 metri di profondità, dove le balene si immergono per cacciare, gli studiosi hanno sistemato 23 apparati per filmare eventuali incontri. Il successo è arrivato una mattina di autunno di un anno fa. E’ il 30 settembre, quando la videocamera registra l’attacco di un calamaro gigante a 900 metri di profondità. Quattro ore e 13 minuti, tanto dura lo scontro, anche a causa di un tentacolo rimasto incastrato e infine spezzatosi. Sarà proprio l’analisi morfologica e genetica della lunga porzione di «braccio» (5,5 metri) a dare la prova definitiva che ci troviamo di fronte a un Architeuthis. Forse non il più grande mai osservato (l’esemplare in questione misurava 18 metri), ma di certo il più animato: anzi il filmato indica un comportamento assai più aggressivo di quanto si attribuisse ai calamari giganti. Altro che inermi pescatori: sono invece predatori attivi, che avvolgono la preda con i loro tentacoli, come dei pitoni, suggeriscono gli autori dello studio. La criptozoologia è disciplina antica, che studia (e a volte inventa) animali fantastici o solo descritti da favole, miti, antichi racconti di viaggi ed esplorazioni. Ma insetti di piccole e medie dimensioni vengono regolarmente scoperti, anche in Italia. E vertebrati delle dimensioni di un camaleonte o di un piccione continuano a essere scoperti di continuo in zone inesplorate del Pianeta Terra: soprattutto, su quelle chiome di alberi delle foreste pluviali che ancora ospitano tanta sconosciuta biodiversità. Un cruccio finale, da darwiniani custodi delle specie animali e vegetali che con noi, rapace umanità, popolano questo piccolo pianeta: ogni 20 minuti una specie si estingue (ricorda nei suoi libri il paleontologo newyorkese Niles Eldredge) e non poche delle specie che scompaiono sono ancora sconosciute. Il caro estinto, insomma, non merita neppure l’onore di un necrologio linneiano. Sara Capogrossi Colognesi Enrico Alleva