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 2005  novembre 09 Mercoledì calendario

Gruppi di tifosi e comitive di ragazzi col piercing, famiglie, gente che abita nella stessa città, nello stesso Paese, nello stesso Continente

Gruppi di tifosi e comitive di ragazzi col piercing, famiglie, gente che abita nella stessa città, nello stesso Paese, nello stesso Continente. Anche gli uomini moderni, come gli animali, vivono in branchi. E vivevano in branchi, migliaia di anni fa, anche i nostri antenati. Giorgio Manzi, professore di paleoantropologia al dipartimento di Biologia animale e dell’uomo dell’università la Sapienza di Roma, spiega: «L’essere umano è strettamente imparentato a gorilla e scimpanzé, animali organizzati in gruppi altamente sociali: la relazione tra individui è fondante per l’adattamento della specie. Con ogni probabilità i primi ominidi, e certamente i primi uomini, erano sociali anche loro, per quanto non sappiamo con esattezza come fossero organizzati. Forse come gli scimpanzé - tra i quali vige una socialità piuttosto egualitaria - o forse come i gorilla, più gerarchici, con un maschio alfa che domina gli altri membri della piramide sociale. Una cosa è altrettanto probabile: il ”branco umano”, evolvendosi, nel corso dei millenni ha assunto caratteristiche diverse. Gli ominidi, comparsi sulla terra sei milioni di anni fa, si aggregarono a scopo eminentemente difensivo. Questo dipendeva dalla loro dieta: erano granivori, cioè si nutrivano di noci, tuberi e altri vegetali coriacei. E, quando il cibo si raccoglie, lo raccolgono i singoli. Il gruppo serve dopo, per condividere la raccolta. Due milioni di anni fa, con la comparsa del genere Homo, ecco il salto di qualità: l’unità del branco diviene importante anche per procacciare il cibo. All’inizio questi ominidi non cacciano, ma si nutrono di prede morte. Quando un branco di leonesse uccide un’antilope o una gazzella, arriva un branco umano che schiamazza, lancia sassi, brandisce bastoni. Le leonesse fuggono e i nostri primi Homo, più veloci di iene e sciacalli, si impossessano della preda. Poi venne il tempo di organizzarsi per la caccia attiva e il branco non fu più utile solo per gli schiamazzi, ma come gruppo che si organizza in base alle sue prerogative. Gli esseri umani non hanno canini affilati e nemmeno artigli, ma sono capaci, proprio sfruttando la forza del gruppo e il suo coordinamento, di cacciare persino i giganteschi elefanti del Pleistocene». Oggi, però, non abbiamo sempre bisogno di aggregarci per difenderci o procacciarci il cibo. Eppure viviamo costantemente in branco. « il retaggio di questa lunga storia. Si tratta in parte di inerzia evoluzionistica, un comportamento mantenuto anche se non più necessario. Oltretutto con l’Homo sapiens, a partire da duecentomila anni fa, emerge una capacità di scambio unica tra gli animali: il linguaggio, che articola e incrementa la vita sociale». Chi si identifica con un branco ricerca la somiglianza con i membri del suo gruppo. Le differenze con gli estranei sono accentuate e dal senso di appartenenza al proprio gruppo l’individuo ricava il senso del valore personale. Ricercatori americani fecero il seguente esperimento: misero in una stanza persone che non si erano mai viste prima e le divisero in due gruppi ai lati opposti della stanza. Dopo pochi minuti, gli individui di ciascun gruppo si erano identificati col loro branco e davano giudizi negativi o ironici sull’altro. «Questo comportamento è più legato a una fase tarda dell’evoluzione, quando nasce il concetto di etnicità - spiega il professor Manzi - Fino al Neanderthal la densità di popolazione era stata bassissima. Con l’Homo sapiens prende l’avvio un incremento esponenziale della popolazione e della diversificazione culturale. Accade allora che quelli che portano al collo un dente di cervo forato - per fare un esempio - si sentono diversi da quelli che hanno in testa una cuffietta di conchiglie. L’identità etnica, dunque, nasce perché l’Homo sapiens è l’ unico animale dotato di un grande cervello autocosciente e simbolico, ma anche perché popolazioni più numerose sono in competizione per le stesse risorse naturali. Questo concetto del diverso, nel suo risvolto negativo, è il razzismo. Ma la storia insegna che gruppi rivali, di tanto in tanto, si aggregano per un fine superiore. Gli indiani d’America, divisi in villaggi spesso in guerra tra loro, pensarono bene di unirsi quando ci fu da affrontare un destino comune: combattere i ”lunghi coltelli”. La speranza è che l’umanità intera comprenda di essere solo l’insieme di tanti piccoli villaggi che condividono il medesimo destino».