MACCHINA DEL TEMPO maggio 2005, 9 novembre 2005
L’etologa inglese Jane Goodall agli scimpanzé ha dedicato tutta la vita. Nel 1957, da studentessa, andò in Africa e si innamorò dei piccoli animali dal pelo nero
L’etologa inglese Jane Goodall agli scimpanzé ha dedicato tutta la vita. Nel 1957, da studentessa, andò in Africa e si innamorò dei piccoli animali dal pelo nero. Negli anni Sessanta, con i suoi studi pionieristici, dimostrò come l’uso di strumenti non fosse esclusivo dell’uomo: le scimmie usavano sassi come martelli e incudini per rompere le noci, e bastoncini per pescare formiche e termiti dai loro nidi. Nel 1977, per proteggere i primati, fondò il ”Jane Goodall Institute for Wildlfe Research, Education e Conservation” che ora ha sedi in mezzo mondo. «Lo scimpanzé - spiega Goodall - differisce dall’uomo solo per poco più dell’un per cento nella composizione del Dna e ci sono somiglianze anche nella composizione del sangue e nelle risposte immunitarie. Dal punto di vista biologico, gli scimpanzé sono molto più simili agli uomini che ai gorilla. Tanto che è stata avanzata la proposta di includerli nello stesso genere degli uomini, chiamandoli Homo Troglodytes». Tra uomini e scimpanzé ci sono anche tante differenze. «La più importante? Il loro apparato vocale non gli permette di comunicare col linguaggio parlato. Gli uomini possono insegnare ai figli avvenimenti o cose non presenti, fare progetti per il futuro, discutere un’idea. Gli scimpanzé no. E il fatto che possano imparare dagli uomini il linguaggio dei segni non minimizza questa differenza». L’etologa ha anche ipotizzato che gli scimpanzé mostrano segni di comportamento religioso. «In Africa, in una delle valli del Gombe, c’è una cascata nascosta. Quando ci si avvicina muovendosi nella foresta, il rombo si fa gradualmente più forte. All’improvviso, attraverso la vegetazione, si vede l’acqua che precipita dal letto del fiume una trentina di metri più in alto. Per me è un luogo magico, spirituale. E a volte sembra che si commuovano anche gli scimpanzé. Quando si avvicinano può succedere che il pelo gli diventi dritto, che è un segno di eccitazione. Poi danno sfoggio di sé, lanciandosi in un movimento lento e ritmico, spesso in posizione eretta, nell’acqua poco profonda ai piedi della cascata. Raccolgono e lanciano grandi sassi, fanno balzi per afferrare i rampicanti. Per dieci minuti o più eseguono questa magnifica ”danza”». A suscitare esibizioni del genere non è solo una cascata: gli scimpanzé fanno così anche quando sono sorpresi da un temporale. «Che cosa scatena questi comportamenti? - si chiede l’etologa - E’ possibile che gli scimpanzé abbiano paura degli elementi? E che sia stata la paura, tra gli umani, a far nascere le prime religioni animistiche, l’adorazione degli elementi e dei misteri della natura?». Poiché la maggior parte degli scienziati non ammette la possibilità di un’anima negli esseri umani, dice Goodall, uno studio sull’anima animale difficilmente può essere un argomento di ricerca scientifica! «Ma il comportamento rituale negli uomini è un dato di fatto. Uno studio comparativo sui vari rituali nelle diverse culture, alla ricerca di elementi comuni a questi rituali, sarebbe scientificamente degno. E in questo contesto ci si potrebbe chiedere se anche tra gli scimpanzé esistano comportamenti rituali uguali a quelli degli uomini».