MACCHINA DEL TEMPO giugno 2005, 8 novembre 2005
«Signori e signore benvenuti a bordo. il capitano che vi parla...». Quante volte abbiamo sentito questa frase? Ma se a pronunciarla fosse un computer, saremmo ancora così tranquilli? Secondo Craig Mundie, direttore tecnico della Microsoft, entro il 2030 voleremo abitualmente su velivoli senza pilota
«Signori e signore benvenuti a bordo. il capitano che vi parla...». Quante volte abbiamo sentito questa frase? Ma se a pronunciarla fosse un computer, saremmo ancora così tranquilli? Secondo Craig Mundie, direttore tecnico della Microsoft, entro il 2030 voleremo abitualmente su velivoli senza pilota. Anche se le sue previsioni sembrano molto azzardate, il futuro punta in questa direzione. Gli UAV (Unmanned Aerial Vehicle, ovvero velivolo senza pilota), sono la tecnologia del futuro. Il loro impiego principale avviene sicuramente in campo militare. Le forze armate hanno a loro disposizione dei piccoli aerei in grado di volare silenziosamente per ore, pattugliando il territorio e rilevando presenze ostili. Ed è ciò che sta succedendo in Iraq. L’Italia è stata uno dei primi paesi europei a dotarsene. Sulla provincia irakena di Dhi Qar durante i giorni delle elezioni, i Predator italiani hanno effettuato attività di ricognizione e sorveglianza. In forza al 32° stormo, questo gioiello viene guidato come un normale velivolo, solo che la cabina, gli strumenti e le leve di comando sono a terra. Una telecamera nella parte anteriore del velivolo sostituisce gli occhi del pilota. La Aerovironment Company, in California, ha messo a punto un piccolo velivolo dal nome suggestivo: Black Widow (vedova nera). Nei suoi 15 cm di apertura alare ospita un motorino elettrico, delle batterie, un sistema di navigazione e controllo completo di GPS e una microcamera da 1,4 grammi. Un giocattolo? Forse, ma i 30 minuti di autonomia assicurano al Black Widow un tempo sufficiente per missioni di ricognizione a breve raggio, intrufolandosi in tutti quei luoghi preclusi a un velivolo più grande o troppo pericolosi per un uomo. La tendenza a ridurre le dimensioni si scontra però con un limite fisico: le ali fisse o rotanti così come le conosciamo noi sono aerodinamicamente inefficienti. A queste scale così piccole, le distanze tra le molecole d’aria diventano fondamentali rispetto alle dimensioni delle ali. Così per ottenere lo stesso rapporto tra portanza e dimensione dell’ala si dovrebbero avere velocità di volo molto elevate. Per risolvere questi problemi si è guardato alla natura. Di velivoli ad ala battente in passato ne sono stati costruiti, ma con scarsi risultati. Questo finché non si è svelato il segreto del volo degli insetti. Una mosca con ali fisse come un normale aereo alla sua normale velocità non potrebbe sostenersi. Le servirebbero ali ben più grandi o velocità di volo molto maggiori. Sbattendole però 20-50 volte al secondo l’aerodinamica crea dei vortici tali da sostenere l’insetto anche in volo fermo. Dalla falena gigante costruita da Charles Ellington della Cambridge University siamo ora passati a Robofly, un piccolo prototipo dei ricercatori di Berkeley, California. Presto i suoi pronipoti si muoveranno in sciami, esplorando le macerie di un terremoto in cerca di superstiti o aggirandosi tra le nostre metropolitane per scovare eventuali ordigni. Dotati di alimentazione solare, sensori inerziali, GPS e micro-computer, questi microaerei saranno del tutto autonomi e invisibili.