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 2005  ottobre 23 Domenica calendario

L’amara cena del Governatore. Il Sole 24 Ore 23/10/2005. L’ho conosciuto più di trent’anni or sono in quanto era amico e compagno di studi, studi di economia, del mio vecchio amico Amerigo Ponzellini

L’amara cena del Governatore. Il Sole 24 Ore 23/10/2005. L’ho conosciuto più di trent’anni or sono in quanto era amico e compagno di studi, studi di economia, del mio vecchio amico Amerigo Ponzellini. A quei tempi era un funzionario della Banca d’Italia, a Roma, addetto all’Ufficio studi. Alla Banca d’Italia di Roma c’era a quei tempi come direttore generale, un tal Bernasconi, che era stato mio compagno d’internamento in Svizzera. Il Bernasconi era fuggito dall’Italia dopo l’8 settembre 1943 perché temeva di essere arrestato dai neofascisti. Il 25 luglio aveva fatto abbattere dalle pareti, alla Banca d’Italia di Genova dove era direttore, i ritratti del Duce. ... ... da internato, il Bernasconi, uomo anziano, sui cinquant’anni, ben provvisto di denaro, nel campo di Loverciano si faceva servire come da un negro pagando un giovane internato, uno strabico che a Como faceva il giornalaio. Nel 1946, tornato in Italia, ... venne a trovarmi a Varese e mi fece gran festa. Credendolo amico gli raccomandai, d’accordo con Baffi e Ponzellini, un nostro caro e vecchio amico, Giovanni Bernardi, che era in cerca d’una sistemazione solida e aspirava all’Ufficio stampa della Banca d’Italia, ragionevolmente, perché era uomo di viva intelligenza e di alta cultura. Il Bernasconi mi fece giurare che non avrei mai detto a nessuno d’avergli raccomandato il Bernardi, ma mi promise di assumerlo. Seppi, dopo, che aveva invece bocciato la proposta d’assunzione, temendo che si sapesse della mia raccomandazione. ... Il Bernasconi qualche anno dopo andò in pensione a Como o a Cantù e passò presto a miglior vita. Il Baffi invece saliva velocemente: da capo dell’Ufficio studi a direttore generale e poi, dopo l’uscita di Carli, a governatore e firmatario dei biglietti da centomila lire. ... Ogni tanto lo vedevo a Roma con Ponzellini, a pranzo o a cena. Un giorno, come la storia o la cronaca hanno registrato, venne fatta una accusa di finanziamenti indebiti alla Banca d’Italia. Un castello di ipotesi e un gioco di responsabilità del quale non si capiva il fine. Il suo direttore generale o suo secondo, Sarcinelli, venne arrestato. Tutta Italia era in aria per il gran caso. Si parlava addirittura di un mandato di cattura pronto anche per Paolo Baffi. Sembrava che lo Stato italiano fosse diventato un grande Origene, deciso a tagliarsi tutto l’apparato delle sue istituzioni. Ero a Roma in quei giorni e una sera, Ponzellini, che era anche lui a Roma, mi telefonò all’"Excelsior", albergo dove scendevo solitamente, per chiedermi se fossi andato volentieri a cena con Baffi, che ci invitava. Si cenò al "Gladiatore", dietro il Colosseo. A tavola con noi c’era mia moglie, la moglie di Ponzellini, la Sandra, il figlio di Baffi, un fratello della Sandra e forse due altre persone che non ricordo. Ogni tanto arrivava un fedele a riferire gli umori della Procura. Pareva che stessero emettendo il mandato di cattura. Poi pareva di no. Fu una continua alternativa che durò tutta la cena e oltre. Pareva di vivere sotto Nerone, quando il sovrano poteva decidere da un momento all’altro di far sapere a Seneca e a Burro che dovevano morire. La nube che gravava sulla Banca d’Italia lentamente svanì. Sarcinelli fu scarcerato e divenne direttore del Tesoro, Baffi fu elogiato da tutti e continuò nel suo governatorato fino al termine naturale. Fu sostituito un paio di anni dopo da Ciampi e potè dedicarsi ad altre attività nel suo campo. ... Nonostante la sua formazione pressoché scientifica Baffi è stato sempre mio lettore e anche, in qualche modo, un mio ammiratore. Due anni fa lo incontrai a Trieste, all’"Hotel Duchi d’Aosta". Era già scaduto ed era impegnato in consulenze o conferenze. Stavo facendo la prima colazione quando mi comparve davanti, inavvertitamente gli diedi del tu, come non avevo mai fatto. Ne fu felice. M’invitò, qualche mese dopo, in un ristorante di Roma, con Sarcinelli, Valerio Zanone, il Nobel prof. Bovet e un’altra quindicina di amici scelti non a caso. Al caffè si alzò e fece un misurato discorso nel quale rievocò e deprecò, da grande politico, la persecuzione esercitata contro la Banca di Stato, facendo capire già allora che i veri briganti erano ai vertici dello Stato. Si appagò di quel discorso, al quale rispose con garbo Zanone, e ritenne chiusa la partita. A pensarci bene, ... l’elezione a governatore e le settimane di ansia al tempo dei mandati di cattura facili sono state le vere fortune della sua vita, altrimenti ravvivata solo dal lavoro, che è un’ottima medicina per sopravvivere, ma non per vivere. Piero Chiara