MACCHINA DEL TEMPO giugno 2005, 8 novembre 2005
Che cosa ha detto veramente Maometto sulle donne? Lo svelano due intellettuali egiziani, Adel Rifaat e Bahgat Elnadi, che, sotto lo pseudonimo comune di Mahmoud Hussein, hanno pubblicato in Francia un libro (Al-Sira, edizioni Grasset - Parigi, non ancora tradotto in italiano), che offre una nuova visione, più fresca e più vicina all’originale, dell’Islam e del suo rapporto con la donna
Che cosa ha detto veramente Maometto sulle donne? Lo svelano due intellettuali egiziani, Adel Rifaat e Bahgat Elnadi, che, sotto lo pseudonimo comune di Mahmoud Hussein, hanno pubblicato in Francia un libro (Al-Sira, edizioni Grasset - Parigi, non ancora tradotto in italiano), che offre una nuova visione, più fresca e più vicina all’originale, dell’Islam e del suo rapporto con la donna. Quando si pensa allo status della donna nell’attuale mondo islamico, l’idea prevalente è di una figura femminile umiliata, relegata a una posizione subalterna all’interno della società. Diventa, perciò, difficile credere che il Corano abbia svolto nei confronti della donna un’azione addirittura progressista. E invece è proprio così. Maometto fu un riformista per la sua epoca (il VII secolo dopo Cristo): accordò alle donne il diritto di voto e diede loro il diritto all’eredità (diritto che le donne ebraiche e cattoliche non avevano) e al divorzio. Non solo, famose sono le discussioni, sia su temi politici che economici, che il Profeta intratteneva con le donne o i suoi dettami sull’universo femminile («Se mi fosse stato concesso scegliere, avrei preferito le donne»; «Il migliore tra di voi è colui che usa le parole più gentili verso la propria moglie»). Non dobbiamo nemmeno dimenticare che la stessa nascita della religione musulmana vede le donne come protagoniste dato che fu proprio Khadija, la moglie di Maometto, di quindici anni più vecchia di lui, sua amica e confidente, che lo incoraggiò e lo sostenne nei primi anni della sua missione. Il libro di Mahmoud Hussein riporta, citando testualmente il Corano, immagini di incredibile modernità che mostrano la forza di questa donna di 40 anni, quindi anziana per l’epoca. Khadija era, infatti, una donna ricca che dirigeva un’impresa di carovane; era stata due volte sposata e due volte divorziata, ed era stata lei a scegliere Maometto come marito, non il contrario. Ed è ancora lei a rassicurarlo quando il Profeta, spaventato e intimorito dopo le prime rivelazioni dell’angelo Gabriele, si rifugia tra le sue braccia per confidarle le sue paure. E sempre secondo la citazione dei testi che fanno i due intellettuali egiziani, fu lei che diede al suo sposo la prova ultima che Gabriele non era un demonio, come Maometto temeva. Rivediamo assieme questa scena così come riportata: «Khadija prese Maometto sulle ginocchia e gli chiese se vedeva Gabriele. Lui rispose di sì. Per tre volte stessa domanda, stessa risposta. Alla fine Khadija aprì la sua camicia e strinse forte a sé il marito, chiedendogli se vedeva ancora Gabriele. No, rispose Maometto. ”Rallegrati, è un angelo e non un demonio”». Perché, contrariamente ai demoni, gli angeli non si immischiano mai tra un uomo e una donna mentre sono in intimità. Ripercorriamo assieme le vere parole del Corano sulle questioni più scottanti della condizione femminile nell’Islam. Partiamo dalla lapidazione per adulterio, pratica barbara ancora di recente applicata in Arabia Saudita e in Nigeria. In realtà, prima ancora dell’Islam, gli Arabi non praticavano la lapidazione per punire l’adulterio per la semplice ragione che l’adulterio era frequente, faceva parte degli usi e costumi del tempo. Un giorno a Medina, alcuni ebrei rabbini sottoposero a Maometto il problema di una coppia ebrea accusata di adulterio. Il Profeta chiese quale fosse il castigo previsto dalla Bibbia in tale caso ed i rabbini risposero «la lapidazione dei due», che venne quindi eseguita. Ma fu dopo la morte di Maometto, sotto il regno del secondo califfo Omar, che si pose per i musulmani il problema dell’adulterio e della sua punizione. Omar ordinò che fosse eseguita la lapidazione e quando alcuni compagni del Profeta gli ricordarono che il Corano non menzionava questa punizione, egli rispose che si ricordava di un versetto, forse andato perduto, che ordinava questo castigo, che quindi andava eseguito. Questo esempio dimostra chiaramente da dove sono nati i problemi attuali di interpretazione del Corano. Quando Maometto riceve la Rivelazione di un Dio unico e di una nuova religione (622 d.C.) egli, come la maggior parte dei suoi contemporanei, non sa né leggere né scrivere. Niente di più normale per quel tempo e in una società nomade in cui tutto veniva trasmesso oralmente. Dopo la morte del Profeta (nel 632 d.C.) i suoi compagni si dispersero in vari Paesi del Medio Oriente portando con sé quello che ognuno sapeva e si ricordava del Corano. evidente che questo portò molto in fretta a dissensi, contraddizioni e interpretazioni soggettive. Fu soltanto tra il 650 e il 655 che una commissione pubblica la prima Vulgata coranica, poi completata dalle testimonianze dei suoi ultimi compagni. E tale commissione non fa alcun riferimento alla lapidazione per causa di adulterio, che non ha quindi nulla a che vedere con il Corano. Lo stesso si può dire per l’infibulazione che non figura da nessuna parte nel Corano e negli hadith (i detti e le tradizioni attribuiti al Profeta). Il matrimonio forzato, un’altra pratica ancora esistente tuttora in alcuni paesi, è addirittura esplicitamente vietato dal Corano e in un hadith è affermato: «Non sposare una donna in precedenza sposata senza il suo accordo. Non sposare una vergine senza il suo consenso». L’unica questione per la quale i testi islamici alimentano interpretazioni molto diverse, dalla più conservatrice alla più moderna, è quella del velo (vedi riquadro Hijab: un velo di pudore o di stoffa?). In conclusione, per quanto possa sembrare incredibile oggi, la pari dignità fu davvero pratica corrente nell’antico mondo islamico. A comprimere il ruolo femminile furono - e sono - ragioni di tipo economico, sociale, politico, che ben poco hanno a che vedere con il Corano. Ma forse qualcosa sta cambiando... e si vedono nel mondo musulmano di oggi esempi che alimentano le speranze di una rivoluzione femminile all’interno dell’Islam. In tale direzione sembra andare la vicenda di Amina Wadud, la prima donna imam. E gli esempi non mancano nemmeno in Italia. Il 26 febbraio scorso una donna, di origine marocchina e nazionalità italiana, Suad Sbai, è stata eletta all’unanimità presidente della Confederazione delle associazioni della comunità marocchina. E come dimenticare Laleh Seddigh, 28 anni, la campionessa iraniana di Formula Uno di Teheran che sfida i mullah, in uno dei Paesi in cui la legge islamica è ancora più rigorosa, per gareggiare contro i concorrenti uomini e salire sul palco per la premiazione?