Varie, 8 novembre 2005
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Fowles John
• Leigh-on-Sea (Gran Bretagna) 31 marzo 1926, Lyme Regis (Gran Bretagna) 5 novembre 2005. Scrittore. Il suo nome è legato al bestseller La donna del tenente francese che è stato tradotto in tredici lingue. Nel 1981 fu portato sul grande schermo da Karel Reisz, con la sceneggiatura di Harold Pinter. Interpreti ne erano Merryl Streep e Jeremy Irons. «John Fowles è stato uno di quei rari casi in cui un autore di best sellers ha in sé tutte le qualità di un autore di prima grandezza, in possesso di singolari capacità di scrittura e di affabulazione accanto a una estrema raffinatezza intellettuale. Insomma, un maestro del postmoderno, già a partire dalla sua opera di esordio, il romanzo Il collezionista del 1963. Egli mette in gioco, infatti, i canoni del realismo ripresentando situazioni peculiari del “gotico”, del “nero”. Il romanzo procede secondo una tensibile tensione: una studentessa viene rapita da un entomologo dilettante, il quale la usa come strumento di ricerca, quasi si trattasse di un insetto. Ma questo moderno Frankenstein fallisce nella sua ansia di onnipotenza, e la donna muore, cadavere immobile sul quale non è possibile tentare alcun esperimento. Il romanzo si trasforma, dunque, anche in un giallo psicologico, a dimostrare una tesi di fondo, vale a dire che la scienza crolla se manca di un imperativo morale. La fama a livello mondiale giunse a Fowles, comunque, con il suo romanzo più noto e più celebrato, La donna del tenente francese, del 1969. Qui Fowles non soltanto ambienta il libro in pieno Ottocento, nell’Inghilterra Vittoriana, ma si avvale di un sottile gioco narrativo, dove lo scrittore contemporaneo astutamente manipola tecniche sperimentali i cui modelli risalgono addirittura al Settecento, in particolare a Laurence Sterne, il classico di Tristram Shandy. Non solo, Fowles introduce la figura interna del narratore, formidabile burattinaio. Sarah Woodruff, la donna provocatoriamente libera che da il titolo al romanzo, non è affatto la donna di un supposto tenente francese, ma piuttosto, per le sue scelte abnormi rischia continuamente di venir posta al bando o addirittura sospettata di pazzia. Accanto a lei, compaiono l’aristocratico Charles Smithson, paleontologo e la fidanzata Ernestina, figlia di un ricco imprenditore. Il discorso iniziato in Il collezionista viene portato avanti, giacché Charles, che per la professione e l’estrazione sociale potrebbe concedersi una vita anche intellettualmente affidata alla norma, è posseduto da un’ansia insopprimibile verso il luogo, verso strumenti mai utilizzati prima. Non potrà mai appagare le sue ambizioni, a sembianza di Sarah, senonché il suo universo finirà scompaginato esattamente come il romanzo. Difatti, la storia, che comporta l’intrusione del narratore burattinaio, s’interrompe nel capitolo XIII, da qui un’altra voce, simmetrica o piuttosto interna a quella dello scrittore, s’impadronisce del racconto e non manca di esternare il suo scetticismo, sia nei confronti della scienza sperimentale sia in quelli della tradizione narrativa. Saltano gli schemi del romanzo ottocentesco, già per altro sovvertiti a cavallo tra Ottocento e Novecento da Thomas Hardy, che Fowles non a caso cita. Come ben si comprende Fowles non esita ad attingere ai moduli narrativi più disparati, compresa la parodia. Peraltro il suo retroterra concettuale risulta ben lontano dalla pura inclinazione al gioco. Si affaccia così Fowles socialista democratico, non senza un tocco di utopia, al tempo stesso scettico su basi scientifiche, soprattutto biologiche, e risolutamente nemico di tutti i progetti massificanti della società moderna, a fronte dei quali ci si domanda se ce la faremo a sopravvivere. Con Maggot, la ninfa dal romanzo del 1985, Fowles ritorna fino al Settecento e nuovamente il narratore diviene il protagonista che tra mescolando storia, fantasia, realtà e documenti, mentre persiste l’invito al lettore a collaborare. Del resto, con Daniel Martin romanzo del 1977, Fowles aveva fissato i termini di un rapporto dialettico, quasi in chiave di saggio, tra presente e passato vittoriano. Non stupisce che il cinema si sia rivolto presto a Fowles. Nel 1981 apparve il film inglese La donna del sergente francese di Karel Reisz, con Merryl Streep e Jeremy Irons, Ma è l’accoppiata di Fowles e Harold Pinter a dirla lunga in merito. Lo sceneggiatore Pinter spostò la vicenda sul set di un film ambientato nell’Inghilterra vittoriana: ecco allora il film nel film, la doppia fazione, e un rapporto diretto tra la storia d’amore dei protagonisti e quella degli attori che l’interpretano. Un montaggio parallelo sanziona l’invenzione di Pinter, che per altro in nessun modo tradisce le intenzioni e la visione di Fowles. A Pinter spettano le intenzioni del film, ma non dimentichiamo che proprio Fowles verso la fine degli anni Sessanta quando stava lavorando alla Donna del tenente francese scrisse un ampio saggio nel quale, come ha giustamente osservato Witton Fink, dalla genesi del libro emerge una prospettiva di visione, che si può decisamente definire cinematografica. “Non aveva volto”, scrive della protagonista, “né una specifica carica di sensualità... la vedevo sempre in campo lungo, statica, immobile”. È la creatura “emarginata, ribelle: non sapevo che colpa avesse commesso, ma sentivo il bisogno di proteggerla”. Una confessione decisiva» (Claudio Gorlier, “La Stampa” 8/11/2005). «Chi non ricorda due bei film inglesi, uno ambientato nella Londra degli anni Sessanta, l’altro nell’Inghilterra dei preraffaelliti, e cioè l’angoscioso Il collezionista, dove Terence Stamp sequestrava e lasciava morire nella cantina di un oscuro castello la bella Samantha Eggar, e La donna del tenente francese, dove si amavano e si tormentavano Jeremy Irons e Meryl Streep sullo sfondo del mare del Dorset? Dietro il film di Willian Wyler e quello di Karel Reisz c’era John Fowles [...] autore di pochi libri - The collector (Il collezionista), appunto, Daniel Martin, The magus (Il mago), The French Lieutenant’s woman (La donna del tenente francese), A Maggot (Maggot, la ninfa) - e autore di culto per i molti che hanno amato il suo gioco narrativo, quello che si sarebbe chiamato postmoderno, e il suo gusto per i romanzi dove si stratificavano elementi di culture diverse, citazioni, allusioni letterarie - un gioco e un gusto visibili soprattutto in Magus, La donna del tenente francese, A Maggot, che sollecitavano non solo la pura curiosità romanzesca, ma, tra storia e storie, aprivano la curiosità del lettore ai mondi che dei suoi romanzi costituiscono il contesto, dai preraffaelliti alle sette religiose settecentesche. John Fowles è nato nel 1926, e dalla sua nativa Leigh-on-Sea (a proposito della quale avrebbe scritto che “Le file delle rispettabili casette abitate dalla rispettabile piccola gente ha avuto su di me un precoce effetto depressivo”) è passato Oxford come studente di francese e tedesco, poi, come insegnante, a Poitiers e nell’isola greca di Spetsi, dove conobbe la donna che è stata la sua compagna per tutta la vita, Elizabeth. Il suo debutto con Il collezionista (Rizzoli), nel 1963, fu un immediato successo e lo convinse ad abbandonare l´insegnamento e a dedicarsi totalmente alla scrittura, che qualche volta gli risultava difficile, se è vero che per scrivere The Magus ci ha messo tredici anni. La donna del tenente francese (Mondadori), che ha avuto l’onore di essere scritto per lo schermo da Harold Pinter, l’ha reso celebre e ricco, ha colpito con le armi della cultura e della sapienza letteraria l’immaginazione romantica dei lettori, ma lo ha lasciato, capita spesso, senza la forza di superare se stesso e il successo raggiunto. Si è cimentato anche con il pensiero filosofico, in una raccolta di aforismi e noterelle The Ariosto, nel 1964. Un testo di cui, britannicamente ironico, aveva detto: “Odio pensare alle orribili pagine di cattiva filosofia che si troverebbero nei miei romanzi se non avessi scritto questo libro”» (Irene Bignardi, “la Repubblica” 8/11/2005).