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 2005  novembre 08 Martedì calendario

Tra gli ingorghi e il tran tran quotidiano, le città sono sempre meno vivibili. Eppure anche se caotiche, rumorose o inquinate, riscuotono un certo successo

Tra gli ingorghi e il tran tran quotidiano, le città sono sempre meno vivibili. Eppure anche se caotiche, rumorose o inquinate, riscuotono un certo successo. Ogni anno, infatti, dalle campagne, dalle colline e o dalle montagne circostanti, numerosi animali selvatici si trasferiscono in città e conquistano spazi urbani, adattandosi a vivere in mezzo agli umani tra palazzi di cemento e strade asfaltate e finendo per apprezzare la città, come e forse di più del loro habitat naturale d’origine. MEGLIO UN ALBERO O UN CORNICIONE? I nuovi ”concittadini” sono soprattutto uccelli, ai cui occhi i cornicioni delle case, i pertugi nelle mura cittadine o le pareti degli edifici appaiono ottimi surrogati di rocce e alberi per costruirvi un nido, mentre i cavi della rete elettrica offrono un comodo (ma un po’ rischioso) appoggio per una sosta riposante tra un volo e l’altro. Ma non sono solo i volatili ad accasarsi. Fanno la loro comparsa anche volpi, castorini, tassi, ricci, istrici, anatre, lepri e conigli selvatici, per non parlare poi di rane e topi. «Roma è una delle città preferite, è piena di ruderi e anfratti storici che offrono riparo, c’è un fiume che scorre in mezzo alla città e non mancano zone verdi», afferma Fulco Pratesi, presidente del Wwf Italia. «Ma quasi tutte le città sono interessate da questo fenomeno: aumenta il numero delle specie selvatiche, talvolta anche rare e protette». Ed ecco l’airone cinerino, il più grande d’Europa, così chiamato perché è bianco e grigio come la cenere che fa il bagno nel Tevere, ma non disdegna i canali di Venezia né i parchi urbani di Torino. Il falco pellegrino, qualche tempo fa sull’orlo dell’estinzione, oggi svolazza pacifico sopra il Colosseo o la Mole Antonelliana e nidifica sui tetti di Napoli e sulla Stazione Centrale di Milano. Tra le fronde degli alberi, nei viali del capoluogo lombardo, si nasconde il colombaccio; a Ferrara è arrivata la ghiandaia, mentre nel parco di Miramare, a Trieste, si fa vedere il picchio muratore e a Siracusa è di casa il barbagianni. A Firenze c’è un esemplare di trampoliere, una specie unica nelle nostre zone, considerata una sorta di gioiello ornitologico, che vive vicino all’aeroporto. «Ma ci sono specie selvatiche diventate comuni un po’ ovunque: in prima fila piccioni e passeri, che colonizzano le città da sempre, e di recente anche merli, tortore, pettirossi, cinciallegre», precisa Marco Dinetti, responsabile del settore ecologia urbana presso la sede nazionale della Lipu, la Lega italiana per la protezione degli uccelli. ROSPI CHE SALTELLANO IN STRADA Sempre più frequenti sono anche i mammiferi selvatici. Può capitare facilmente, specie se si guida di notte in una strada un po’ in periferia, di vedere un riccio sul ciglio o un rospo che attraversa a saltelli. Anche le volpi e i cinghiali si arrischiano spesso nelle vicinanze dei centri abitati, magari per rimediare qualcosa da mangiare tra i rifiuti. Eccezionalmente fanno capolino lupi e orsi. Un esemplare di lupo, per esempio, una specie strettamente protetta sia a livello nazionale che regionale, è stato trovato lo scorso inverno alle porte di Roma. Purtroppo era già morto, investito da un’auto che non è riuscita a evitarlo. Erano settant’anni che il lupo disertava la capitale e la sua ricomparsa è stata considerata dagli zoologi un evento eccezionale, il segnale di una fase di ripresa dopo un periodo di quasi estinzione. Nel parco nazionale d’Abruzzo è in aumento la densità dell’orso bruno marsicano, che, ci racconta Pratesi, «con il tempo è diventato abbastanza disinvolto da spingersi, a volte, fin nei paesi intorno al parco, per saccheggiare i pollai o cercare cibo tra i sacchi della spazzatura». CALDO E CIBO A VOLONTA’ La ricerca di cibo è una delle ragioni che attira animali selvatici, ma ci sono altri vantaggi nel vivere gomito a gomito con quelli che, potenzialmente, potrebbero essere i propri peggior nemici. «D’inverno le città hanno una temperatura di 2-3 °C in più rispetto alla campagna: un microclima più caldo consente di trascorrere la notte in condizioni meno disagiate e meno pericolose. Nei centri urbani è vietata la caccia, non si usano diserbanti, pesticidi e altri prodotti agricoli, ci sono meno predatori, il cibo si trova facilmente e in abbondanza, offerto comodamente sul davanzale di un balcone, in piazza, oppure tra i rifiuti e vicino alle discariche. Molti uccelli, inoltre, come i pipistrelli, si nutrono di insetti e la città è ideale da questo punto di vista. Tutto sommato, quindi, la città è un ambiente sicuro e protetto, apprezzato anche per la varietà di habitat diversi, come palazzi e ville, parchi, giardini, fiumi, aeroporti o vecchie cave», dice Dinetti. PER SCELTA O PER NECESSITA’? Ma non sempre per gli animali si tratta di una scelta. In alcuni casi, infatti, senza volerlo le specie selvatiche sono risucchiate dall’espansione metropolitana. I centri urbani si allargano, nuove strade, nuovi quartieri e grandi centri commerciali tolgono spazio alla campagna, distruggendo l’habitat naturale di specie che si trovano così fagocitate nella città. «Alcune non tollerano il disturbo antropico e se ne vanno, altre scompaiono, mentre altre ancora resistono e si adattano al cambio di residenza», continua Dinetti. il caso, per esempio, dei gabbiani reali, della merla piccola, una specie che una volta viveva solo in campagna, o della rondine montana, tipica dell’ambiente alpino, avvistata a Torino e a Verona. TRAFFICO, RUMORI E ARIA INQUINATA Il fenomeno dei ”clandestini in città”, come li ha definiti Pratesi nel titolo di un suo libro, non riguarda solo l’Italia: anche i parchi delle metropoli europee sono affollati di scoiattoli, istrici, faine, donnole e tassi e numerose specie di uccelli. «Negli Stati Uniti e in Canada», aggiunge il presidente del Wwf, «i cervi sono ovunque, è possibile persino vederli mangiare pacificamente nel giardino delle biblioteche cittadine, mentre i procioni e le moffette, le piccole puzzole bianche e nere tipiche dell’America settentrionale, entrano abitualmente nelle case». Gli animali portano il sapore della natura nelle nostre città. La loro presenza è talvolta anche il segnale di un miglioramento dei parametri ambientali. Ma ogni convivenza che si rispetti ha i suoi lati negativi e se con una puzzola in casa si rischia qualche inconveniente, non meno spiacevole può essere ritrovare l’automobile, posteggiata sotto un albero, rivestita delle feci di un branco di storni o di piccioni. Dal canto loro anche gli animali se la devono vedere con alcune minacce umane. Il pericolo numero uno è, ovviamente, il traffico: auto che sfrecciano da tutte le parti e aerei che in fase di decollo o atterraggio tagliano la traiettoria degli uccelli richiedono riflessi sempre pronti. E poi c’è il fastidio delle luci artificiali, l’aria inquinata, i rumori cittadini che coprono i richiami tra animali. Anche per gli animali, come per noi, la vita metropolitana non è sempre facile, ma in fondo le convivenze sono così: ci sono i pro e contro. L’importante è rispettarsi a vicenda.