MACCHINA DEL TEMPO giugno 2005, 8 novembre 2005
Ciò che la nave Urania, del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha osservato nella sua ultima missione è uno dei tanti capitoli di quella delicata danza dei continenti che dura da centinaia di milioni di anni, e che ha disegnato il mondo attuale
Ciò che la nave Urania, del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha osservato nella sua ultima missione è uno dei tanti capitoli di quella delicata danza dei continenti che dura da centinaia di milioni di anni, e che ha disegnato il mondo attuale. Per quanto lento, praticamente fermo agli occhi della giovane civiltà umana, questo fenomeno va avanti, crea nuove terre e nuovi mari, tra l’altro disdegnando i confini delle nazioni (nell’improbabile ipotesi che queste continueranno a esistere anche tra qualche decina di milioni di anni). Uno dei passi di questa danza si sta svolgendo nel Mar Rosso, dove recentemente l’Urania ha fatto da base ai ricercatori della sezione di Geologia Marina dell’Istituto di Scienze Marine del CNR in collaborazione con scienziati stranieri nell’ambito del Progetto internazionale ”Euromargin”. Qui, tra Arabia e Africa, si sta disegnando l’abbozzo di un nuovo oceano, che probabilmente si allargherà fino a raggiungere dimensioni notevoli. Lungo l’asse del Mar Rosso c’è infatti una fossa, in termini scientifici rift. Simile a molte altre formazioni del genere del nostro pianeta, è una zona nella quale si inietta magma caldissimo generato dalla fusione del mantello terrestre che risale sotto il rift da profondità di parecchie decine di chilometri. Alla lunga, questo flusso convettivo riesce a esercitare una spinta sulla crosta terrestre fino ad assottigliarla e addirittura creare una fessura. A questo punto il magma si raffredda formando nuova crosta terrestre, ma sotto ce n’è altro che spinge, e il fenomeno si ripete continuamente con la formazione di nuove masse rocciose. Così la nuova crosta, che deve andare da qualche parte, costringe quella vecchia ad allontanarsi dalla fessura per farle spazio. Nel frattempo la zona del rift può essere invasa dalle acque marine, che danno origine a un nuovo mare, o, nel corso di decine di milioni di anni, a un oceano. Questo fenomeno è presente sul fondo di tutti gli oceani della Terra, e ha portato anche alla formazione di imponenti catene montuose subacquee di origine vulcanica, le cosiddette dorsali. Prese tutte assieme, formano la più estesa formazione montuosa del pianeta, lunga circa 60.000 chilometri. A vedere una mappa che le rappresenta tutte, sembra che la Terra sia un pallone di cuoio cucito un po’ male. Le masse continentali sono le ballerine di questa danza, ipotizzata già da sir Francis Bacon nel 1620, ma intuita e descritta scientificamente solo da Alfred Wegener nel 1915 (vedi box), anno che segna la nascita della cosiddetta Tettonica a zolle. Spinte dalle forze in gioco, le placche continentali si muovono lentamente facendo cambiare il volto al pianeta. Nel Mar Rosso un fenomeno del genere è agli inizi, e ciò ne fa il luogo ideale da studiare. «Arabia e Africa – dice Enrico Bonatti, direttore dell’Istituto di Scienze Marine del CNR di Bologna e titolare della Cattedra di Geodinamica dell’Università La Sapienza di Roma – si stanno allontanando, un fenomeno ovviamente già noto. Noi abbiamo cercato di studiare le modalità con cui il processo si sta svolgendo, effettuando ricerche proprio in corrispondenza della zona centrale». Allo scopo, l’Urania ha usato diversi equipaggiamenti, a cominciare dai sonar che, a diverse frequenze acustiche, hanno esaminato il fondale generandone al computer una serie di immagini tridimensionali. Parallelamente sono stati effettuati rilievi sulla magnetizzazione delle rocce, molto importanti per calcolare tempi e modalità dei fenomeni. Quando la lava è fusa, infatti, i metalli magnetici al suo interno si orientano secondo il campo magnetico terrestre. Poi, quando si raffredda, l’orientamento viene bloccato in quella posizione. Ma il campo magnetico è soggetto a periodici capovolgimenti, e quindi la lava uscita in certi periodi avrà un orientamento opposto rispetto a quella emersa in altre epoche. «Abbiamo trovato – continua Bonatti - che il rift del Mar Rosso può essere diviso in due zone con caratteristiche abbastanza diverse. Nella parte sud la spaccatura è ben sviluppata, e la litosfera (lo strato esterno, rigido, della Terra, suddiviso appunto in un mosaico di ”zolle”) ha le caratteristiche tipiche dei fondali oceanici. A nord, invece, in alcuni punti la litosfera è già oceanica, mentre in altri mantiene caratteristiche continentali, cioè quelle di una semplice terra sommersa dalle acque». Il Mar Rosso, insomma, si sta candidando al ruolo di oceano. Una sua parte è già andata per quella strada, e l’altra ci sta provando. « difficile – dice ancora Bonatti – prevedere con esattezza quale sarà ora l’evoluzione della situazione. Sono cinque milioni di anni che il Mar Rosso sta assumendo le caratteristiche di un possibile oceano, e abbiamo verificato che l’allargamento è di circa un centimetro all’anno. A questo ritmo, l’oceano si formerà effettivamente. L’Atlantico è nato più o meno così». Ma ci saranno conseguenze anche in altri punti del pianeta: le zolle che vengono spinte lontano dalle varie dorsali, infatti, finiscono per urtarsi a vicenda. Nei punti in cui avviene lo scontro titanico tra due masse, una delle due scivola al di sopra dell’altra, che viene spinta in profondità. Il risultato è la nascita di catene montuose. «Sono le cosiddette zone di compressione – spiega Bonatti – e qualcosa di analogo portò in passato alla nascita dell’Himalaya, con l’India che urtò contro l’Asia. Nel caso del Mar Rosso, la zona di compressione interessata è dalle parti dell’Iran». Lo spostamento di zolle continentali fa subito pensare ai terremoti, che in effetti sono generati dall’energia accumulata durante questi movimenti. «Sui rift come quello del Mar Rosso abbiamo una forte attività vulcanica con un gran numero di terremoti, però di piccola intensità. nelle zone di compressione che si verificano invece quelli più forti». Dando uno sguardo più generale, oltre alla possibile nascita del nuovo ”Oceano Rosso”, i movimenti delle varie placche tettoniche in tutto il mondo causeranno curiosi effetti alla geografia. Il Pacifico, ad esempio, tende gradualmente a restringersi, mentre l’Atlantico si estenderà ancora di più. Entro una cinquantina di milioni di anni, il mare Mediterraneo se la passerà decisamente male, visto che il movimento dell’Africa verso l’Europa lo farà sparire. Prima che ciò accada, però, l’Italia si ritroverà ad essere una specie di stivale messo di traverso, parallelo all’Equatore. E dopo un po’ non ci sarà più bisogno di navi per arrivare qui dalla Libia. Ma forse le navi, e magari la stessa razza umana, non saranno più neanche un ricordo.